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ROMA – Le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno approvato giovedì sera l’emendamento del governo al decreto omnibus che prevede la misura del Bonus Natale. La votazione finale in commissione è attesa per il fine settimana. Restano confermati tutti i paletti che riducono l’esborso per lo Stato a 100 milioni di euro e restringono la platea a circa un milione di famiglie di dipendenti a tempo indeterminato.

L’indennità di 100 euro per il 2024, in arrivo con le tredicesime, è destinata ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 28mila euro e con coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico, oppure in nuclei monogenitoriali con figlio a carico, e con sufficiente capienza fiscale.

Proprio sull’obbligo di un coniuge si erano aperte delle speranze dopo che il viceministro Maurizio Leo aveva annunciato una circolare dell’Agenzia delle entrate che avrebbe allargato ad alcune coppie di fatto con figli la possibilità di richiedere al proprio datore di lavoro lo sgravio. In realtà cambierà poco come ha spiegato lo stesso Leo facendo riferimento all’articolo 12 del Tuir (Testo unico sui redditi), relativo alle detrazioni per carichi di famiglia, che risale agli anni ’90 e su cui “occorrerà intervenire nella prospettiva di un aggiornamento alla realtà socio-economica odierna”.

Il viceministro ha anche chiarito che il Bonus Natale spetta alle famiglie, anche monogenitoriali con figli a carico, ma solo in caso di vedovanza o se il figlio è affidato (o adottato) a un solo genitore o se l’altro genitore non l’ha riconosciuto. In tal caso non deve essere coniugato o essere in unione registrata, pur potendo convivere con altra persona. Le stesse condizioni – ha quindi aggiunto – valgono quindi per la famiglia di fatto, non registrata. Il reddito di riferimento, ha precisato il viceministro, è quello complessivo, nel quale sono computate anche altre fonti di reddito, come ad esempio i redditi esenti dei rimpatriati, mentre non va computato il reddito della prima casa.

Le reazioni

“L’impianto del cosiddetto ‘bonus Natale’ è discriminatorio. Lo confermano l’annunciato passaggio finale in Commissione e le dichiarazioni inequivocabili del viceministro all’Economia. Il Parlamento modifichi questa misura”. Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi.

“Ribadiamo in primis la netta e più volte sottolineata contrarietà alla politica dei bonus, mance distribuite qua e là a meri fini clientelari ed elettoralistici che non consentono in alcun modo alle lavoratrici e ai lavoratori di programmare il proprio futuro”, sostiene la dirigente sindacale. “Si tratta di somme che ben potrebbero essere destinate a strumenti strutturali che consentirebbero di poter far conto su queste erogazioni anche per gli anni a venire”.

“La modalità di erogazione di dette somme – prosegue – esclude ancora una volta il lavoro non dipendente e soprattutto le persone incapienti, che più di qualunque altra categoria avrebbero necessità e diritto a erogazioni aggiuntive”.

“In ultimo – aggiunge la segretaria confederale della Cgil – arriva la conferma dell’esclusione delle famiglie di fatto e/o senza figli: un modo per ribadire l’estromissione di qualunque modello familiare non corrispondente a quello che ha in mente il governo come unico possibile e una sorta di tassa sul celibato all’incontrario, che evidentemente suscita notevole fascinazione sugli esponenti dell’attuale esecutivo stante la provenienza ideologica di questo genere di misure dal loro Pantheon di riferimento”.

Barbaresi conclude chiedendo “che prima dell’approvazione in Aula venga totalmente ripensata la misura e vengano meno le discriminazioni segnalate”.

“Altro che priorità sulla natalità. Il governo sta dimostrando nei fatti di non essere dalle parte delle donne e dei bambini e neanche dei molti tipi di diverse famiglie esistenti in Italia in cui concretamente vivono i minori, altro che investimenti sulla natalità. L’importante per questo governo è solo sottolineare sempre che la famiglia è solo una: quella tradizionale. Il cosiddetto bonus Natale è un pasticcio: una madre separata nelle stesse condizioni di Giorgia Meloni, ma ovviamente meno fortunata di lei in termini economici, non ne ha diritto. Conviventi e separati con figli vengono esclusi, inclusi invece, così pare, i vedovi. La questione ovviamente si aggrava per le donne sole con figli, visto che in media hanno redditi più bassi degli uomini.

Insomma, una vera discriminazione, un’ingiustizia di cui faranno le spese figlie e figli”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente.

 

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