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Il sottosegretario del ministero dell’Economia Federico Freni, in un’intervista a Open, lo aveva anticipato: «Non c’è mai stata e mai ci sarà la volontà di tassare gli extraprofitti della banche». Si cercano risorse per la legge di Bilancio 2025, ma la strada che il governo vuole percorrere non è quella di imporre agli istituti di credito una tassa sugli utili record, registrati negli anni in cui l’inflazione si è mossa sulle due cifre percentuali. Ieri mattina – 25 settembre -, una nota dell’Associazione bancaria italiana ha fatto intendere che, piuttosto, c’è la disponibilità a discutere di una sorta di contributo di solidarietà: «Valutiamo eventuali misure di natura temporanea e non retroattiva che possano mettere a disposizione una maggiore liquidità per il bilancio dello Stato». È uno dei perni dell’incontro che, a Palazzo Chigi, il ministro dell’Economia ha avuto con le parti sociali per discutere dell’imminente manovra.

La tassazione sugli extraprofitti

Al termine della riunione, il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha criticato la scelta del governo di non ricorrere alla tassazione sugli extraprofitti: «La disponibilità dell’Abi a un “prestito” temporaneo si chiama carità». E ancora, il ministro Giancarlo Giorgetti «vuole accordarsi con chi deve pagare. Noi chiediamo una vera tassa sugli extraprofitti di banche, big pharma e aziende dell’energia che hanno realizzato grandi utili, per non dire speculazioni. È giusto che paghino per redistribuire a chi in questo Paese sta soffrendo». Non la pensa così il titolare di via XX settembre che, durante la riunione a Chigi, non ha concesso aperture sul tema extraprofitti: «Voglio chiarire che noi chiediamo un contributo a tutti quelli che se lo possono permettere, che hanno maggiormente beneficiato di condizioni favorevoli. Intendiamo cercare insieme la strada migliore per raggiungere gli obiettivi».

Il contributo volontario

Un contributo, probabilmente volontario, che istituti di credito, compagnie assicurative, grandi aziende e colossi dell’energia potrebbero donare allo Stato. Anzi, il flusso di denaro verso le casse pubbliche potrebbe sostanziarsi anche come una specie di prestito, magari posticipando il pagamento dei crediti d’imposta accumulati. Ciò garantirebbe una maggiore liquidità all’erario, nell’immediato, che tuttavia potrebbe finanziarie solo le misure temporanee e non quelle che l’esecutivo punta a rendere strutturali. Al Festival di Open, lo stesso Giorgetti aveva confermato che il governo, in questa legge di Bilancio, vorrebbe sancire la stabilità del taglio al cuneo fiscale per i redditi sotto i 35 mila euro e la ripartizione dell’Irpef in tre aliquote. Ma per rendere definitivi questi provvedimenti, servono misure che siano altrettanto permanenti.

I sindacati

Durante il colloquio con i sindacati, il sottosegretario Alfredo Mantovano avrebbe confermato quanto anticipato da Freni, sempre a Open: la direzione è quella di «una revisione delle tax expenditures, allo studio dei tecnici del Mef». E la Stampa, in un retroscena, riporta che anche i tagli ali ministeri potrebbero garantire quelle «entrate permanenti». La spending review ministeriale, insieme al contributo di solidarietà che potrebbe arrivare da banche e aziende, aiuterebbe l’esecutivo a recuperare quelle risorse necessarie, ad esempio, a confermare le misure in materia pensionistica che sono in scadenza. Se non si interviene nella legge di Bilancio, Quota 103, Ape sociale e Opzione donna non saranno più accessibili dopo il 31 dicembre di quest’anno. Poi, scrive ancora la Stampa, si registra la volontà dell’esecutivo di aggiungere uno 0,2% all’aumento annuo – per i prossimi tre anni – dei contratti della pubblica amministrazione, per cui è stato già previsto un incremento complessivo del 5,8%. Infine, l’altra urgenza per via XX settembre e recuperare soldi con cui aumentare la spesa per la sanità.

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