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Nove persone sono state arrestate e 30 risultano indagate nell’ambito dell’inchiesta ribattezzata “Zero titoli”, svolta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Bari e dalla Compagnia di Trani, che ha scoperto l’esistenza di una organizzazione che rilasciava titoli di studio e professionali falsi per accedere a concorsi pubblici nella scuola e diventare, tra l’altro, insegnanti di sostegno. Sequestri dal valore di 10 milioni di euro.

Nove persone sono state arrestate nelle scorse ore dalla Guardia di Finanza con l’accusa di far parte di un’organizzazione che rilasciava titoli di studio e professionali falsi, o comunque senza valore legale in Italia, emessi da sedicenti enti universitari, da istituti scolastici di istruzione superiore paritari, e scuole professionali dislocate in varie regioni (in particolare Lazio, Lombardia, Calabria e Sicilia).

Titoli falsi per accedere ai concorsi scuola: 30 indagati e 9 arresti

Le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta, ribattezzata “Zero titoli” e svolta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Bari e dalla Compagnia di Trani, sono complessivamente 30. Le accuse a loro carico, a vario titolo e in concorso tra di loro, sono associazione per delinquere, truffa aggravata, falso materiale, corruzione e autoriciclaggio. I numerosi clienti erano aspiranti insegnanti, laureati e diplomati, che pagavano circa ottomila euro ciascuno per conseguire un titolo e accedere a concorsi pubblici nella scuola e diventare, tra l’altro, insegnanti di sostegno. Il giro d’affari prodotto sarebbe ingente, dal momento che la Guardia di finanza ha sequestrato beni per un valore complessivo di quasi 10 milioni di euro.

Secondo quanto accertato, i principali indagati avrebbero creato un polo universitario con base operativa a Trani che si sarebbe avvalso di una rete composta da oltre 55 punti dislocati su tutto il territorio nazionale, utilizzata per reclutare i clienti. Inoltre sarebbero state costituite società di capitali all’estero (Cipro, Regno Unito e America Latina) solo in apparenza abilitate al rilascio di titoli di studio riconosciuti anche in Italia.

Per pubblicizzare i corsi venivano usati siti internet, pagine Facebook e profili Whatsapp. La società, inoltre, consegnava pergamene, certificazioni e traduzioni giurate contraffatte, certificati di equipollenza falsamente emessi da atenei italiani (in particolare dall’Università Sapienza di Roma). Le lezioni si sarebbero svolte tramite una piattaforma web appositamente creata, su cui era caricato anche il relativo materiale didattico. Alla fine dei vari corsi sarebbero stati distribuiti i plichi contenenti le pergamene create dall’organizzazione, attestanti il conseguimento del titolo. In alcuni casi la consegna è avvenuta nel corso di eventi appositamente organizzati presso un hotel di Roma.

Il gruppo criminale si era diviso in tre compagini tra Trani, Foggia e Reggio Calabria

La Guardia di Finanza ha infine precisato che, a seguito di contrasti sorti a causa della spartizione dei profitti illeciti, il gruppo criminale si sarebbe successivamente diviso in tre distinte compagini: la prima avrebbe offerto, nel territorio tranese, percorsi formativi professionali attraverso la costituzione di altre imprese ed aggregandosi a nuovi soggetti; la seconda avrebbe perpetrato il sistema fraudolento costituendo un nuovo “polo” a Foggia – avvalendosi di ulteriori società e associazioni culturali – e acquisendo le quote di un’università privata albanese per mezzo della quale garantire il conseguimento di titoli di studio sempre non aventi valore legale in Italia. In questo contesto due degli indagati avrebbero corrotto un funzionario governativo albanese al fine di garantirsi l’attivazione e la favorevole conclusione del procedimento di accreditamento dell’istituto; la terza, grazie anche all’apporto operativo di un avvocato del foro di Reggio Calabria, avrebbe proposto ai “clienti” dal gruppo foggiano la consegna di una pergamena, creata ad hoc, in sostituzione di quella già ricevuta, dietro il pagamento di una somma oscillante tra i 500 e i 2.500 euro.

Nel corso delle indagini è stato inoltre riscontrato l’inoltro via pec al ministero dell’Università e della ricerca (Mur) di centinaia di richieste di riconoscimento dei titoli universitari, prive di qualsiasi documentazione a supporto, strumentali all’ottenimento di una ricevuta di protocollo generata in automatico dal sistema informatico del dicastero, da utilizzare illecitamente per ottenere un temporaneo incarico di insegnamento. Mur che – sottolineano gli inquirenti – ha collaborato alle indagini.



 

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