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Il 4 settembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato il terzo decreto correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (DLgs. N. 14/2019), segnando un passo avanti nell’aggiornamento della normativa sulla gestione delle crisi aziendali.

Questo correttivo, atteso da tempo, è stato approvato nel rispetto dei termini della Legge delega, la cui scadenza era fissata al 15 settembre 2024. Si attende ora la pubblicazione ufficiale del decreto in Gazzetta Ufficiale, che introdurrà una serie di modifiche volte a migliorare la disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza, garantendo una maggiore efficienza e tutela degli interessi delle imprese.

Il provvedimento, frutto di un’attenta analisi delle criticità emerse durante la prima fase applicativa del Codice, introduce importanti novità, tra cui:

  • Stralcio dei debiti fiscali e previdenziali: per agevolare le imprese in difficoltà, il decreto prevede nuove modalità di riduzione dei debiti fiscali e previdenziali, favorendo una maggiore sostenibilità nei piani di risanamento.
  • Composizione negoziata della crisi: viene rafforzato il ruolo della composizione negoziata come strumento di risoluzione delle crisi, con procedure più snelle e flessibili, mirate a prevenire l’insolvenza.
  • Prededucibilità dei crediti professionali: viene esteso il principio della prededucibilità dei crediti dei professionisti coinvolti nelle procedure, garantendo loro una priorità nel soddisfacimento delle proprie pretese.
  • Procedure di sovraindebitamento: sono previsti interventi significativi per rendere le procedure di sovraindebitamento più accessibili e funzionali, in modo da facilitare la ristrutturazione del debito per le piccole e medie imprese e i privati.

Un’altra importante novità introdotta dal terzo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza riguarda la possibilità di ridurre e dilazionare il pagamento dell’IVA nelle procedure di composizione negoziata della crisi.

Composizione negoziata della crisi e falcidia dell’Iva

La relazione illustrativa del terzo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza chiarisce definitivamente che l’IVA, contrariamente a quanto ipotizzato inizialmente, può essere ridotta o dilazionata nell’ambito di accordi di composizione negoziata della crisi, al pari di tutti gli altri tributi, aumentando le opzioni di risanamento per le imprese in difficoltà.

Il nuovo articolo 23, comma 2-bis del Codice, introdotto proprio con il correttivo, prevede infatti che le imprese che accedono alla composizione negoziata della crisi possano stipulare accordi con le agenzie fiscali per la riduzione e dilazione di pagamento dei debiti fiscali, inclusi quelli relativi all’IVA.

La confusione iniziale derivava dall’interpretazione errata che l’IVA rientrasse tra le “risorse proprie dell’Unione Europea”, il cui stralcio non sarebbe stato possibile. Di qui, la prima interpretazione secondo cui l’IVA dovesse essere esclusa dall’accordo di composizione negoziata della crisi.

Tuttavia, secondo la decisione UE-Euratom 2020/2053 del Consiglio dell’Unione Europea, del 14 dicembre 2020, sono considerate risorse proprie dell’Unione le entrate derivanti da:

  • risorse tradizionali come prelievi, premi, importi supplementari compensativi e dazi;
  • un prelievo dello 0,30% sul gettito IVA;
  • un contributo basato sul peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati;
  • un’aliquota di prelievo applicata al reddito nazionale lordo degli Stati membri.

Pertanto, l’IVA, ad eccezione di questa piccola parte (0,30%), non è considerata una risorsa propria dell’Unione Europea, rendendo possibile la riduzione della maggior parte del debito IVA.

Se il legislatore avesse voluto escludere la possibilità di ridurre l’IVA nella composizione negoziata della crisi, lo avrebbe specificato chiaramente. In effetti, durante i lavori preparatori, la parola “IVA” era stata inizialmente inclusa nel comma 2-bis dell’articolo 23 per escluderne la riduzione, ma è stata successivamente rimossa.

Di conseguenza, attribuire alla norma un divieto di riduzione del debito IVA significherebbe contraddire quanto effettivamente deciso dal legislatore, che ha scelto di non includere l’IVA tra i tributi esclusi dalla riduzione.

La relazione illustrativa chiarisce, quindi, in modo definitivo che l’IVA non rientra tra le risorse proprie dell’Unione e che può essere oggetto di accordi di riduzione e dilazione nei piani di composizione negoziata della crisi, risolvendo così il dubbio interpretativo iniziale.

 

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