Non chiamatelo tesoretto, ma comunque di un bel gruzzolo si tratta. Tra gennaio e luglio, dice l’ultimo bollettino del Dipartimento delle Finanze, le entrate tributarie hanno registrato un aumento di 19,2 miliardi (+6,2%) rispetto allo stesso periodo del 2023. Per le imposte dirette, nello specifico, l’aumento è di 14,02 miliardi, mentre per quelle indirette l’incremento si attesta sui 5,1 miliardi. Per il solo mese di luglio le entrate si attestano a 70,6 miliardi (+14,7%).
Sul fronte Irpef, l’incremento è di 8,8 miliardi (+6,9%): a spingere l’imposta sulle persone fisiche, tra l’altro, è stato l’aumento di 490 mila unità degli occupati di luglio. Per quanto riguarda l’Ires, si segnalano 2,7 miliardi in più (+10,7%): qui una spinta rilevante è arrivata dagli utili delle banche, che hanno continuato a beneficiare dei tassi ancora elevati. Di 1,29 miliardi è salita invece l’Irap, che ha registrato un +8,3% su gennaio-luglio 2023. L’Iva, infine, è cresciuta di 3,57 miliardi (+4%).
Guardando alle singole voci, tra i cali maggiori spiccano quelli delle accise su gas naturale (-36,2%), attività di gioco (-25,9%), canoni radio e tv (-19,7%), energia elettrica (-13,1%) e spiriti (-9,3%). Sul fronte opposto, i maggiori introiti si registrano sul fronte delle tasse sui conti correnti (+295,8%), imposte sostitutive su redditi da capitale e plusvalenze (+87,1%), assicurazioni (+63%), bollo (+44,6%) e Tobin Tax (+38,2%).
Un tesoretto per la manovra?
Dopo i 13,1 miliardi in più nel primo semestre certificati dalla Ragioneria dello Stato i numeri di luglio forniscono al governo altro ossigeno in vista dell’immersione nel mare magnum della manovra: pur essendo lievemente inferiori alle attese (20 miliardi), questi dati rappresentano comunque una base sufficientemente solida su cui iniziare a costruire l’impalcatura della legge di bilancio, il cui costo dovrebbe attestarsi sui 25 miliardi.
In attesa dei riscontri sulla quinta rata della rottamazione quater (prorogata al 15 settembre) e sul concordato preventivo biennale (aperto fino al 31 ottobre), il Mef inizia così a mettere da parte un tesoretto (parola bandita negli ambienti di governo, ma mai quanto «rimpasto») in vista della stesura della manovra. Finita la fase del «bilanciomercato estivo», come lo ha definito con la sua proverbiale ironia Giancarlo Giorgetti, si avvicina dunque il momento «in cui si fanno le cose che si devono fare».
Prima di scegliere la formazione schierare, rimanendo in metafora calcistica, bisognerà però conoscere il perimetro del campo di gioco. La risposta arriverà la prossima settimana, quando il Mef presenterà in cdm il piano strutturale di bilancio da inoltrare a Bruxelles entro il 20 settembre (ma la deadline non è tassativa) dopo un rapido passaggio alle Camere: è nel Psb che il governo traccerà la traiettoria di rientro dei conti pubblici nei prossimi 4-7 anni e il piano delle riforme che l’accompagneranno.
Tra le misure che la maggioranza ritiene irrinunciabili rientrano la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo (10,7 miliardi), l’Irpef a tre aliquote (4,3 miliardi), il bonus mamme lavoratrici (570 milioni) che si vorrebbe estendere alle autonome, la super-deduzione fino al 130% per chi assume a tempo indeterminato i soggetti più fragili (1,3 miliardi) e poco altro.
Misure (e ministri) in forse
Su tutto il resto – dall’ampliamento della flat tax al 15% auspicato dalla Lega all’aumento delle pensioni minime chiesto da FI passando per il raddoppio a 1.600 euro del tetto massimo detraibile per le spese scolastiche invocato da Nm – toccherà capire quanto sarà corta la coperta. Se su alcune proposte, come il taglio di uno o due punti dell’aliquota mediana Irpef, bisognerà attendere il concordato, su altre una mano potrebbe arrivare dallo sfoltimento delle 625 tax expenditures (1 miliardo) facendo attenzione a non toccare quelle legate a spese mediche, casa e lavoro, e dalla spending review dei ministeri (2,5 miliardi).
A proposito di ministeri, mentre ancora infuria il caso Boccia, il titolare della Cultura Gennaro Sangiuliano ha incontrato nelle scorse ore il sottosegretario al Mef Federico Freni per esaminare le proposte da inserire in manovra. Sempre che, da qui all’approvazione definitiva della Legge di Bilancio, l’inquilino del Collegio Romano sia ancora lui: i termini per l’eventuale liquidazione, in questo caso, non si conoscono con precisione. (riproduzione riservata)
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