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Ode al superfluo: tutorial per come castrarsi e mantenere voci bianche nel coro.

Aniello Ertico*

Non necessariamente quel che accade nel dopo è progresso! Questo lo insegna la parabola saltellante della storia con picchi di “idiotizzazione” e rimbalzi di genialità.
Come la fotografia tende a cristallizzare momenti e consegnarli ai posteri, al più, in quella artistica, a sconfessare la realtà momentanea per occuparsi di revisioni di senso, così le rilevazioni statistiche offrono istantanee ma anche tracciati di parabole sociologiche in atto. Ebbene, fotografata da “il sole 24 Ore” l’istantanea post estiva (rilevazioni giugno-agosto), è possibile fruire di una immagine limpida relativa alla pratica italianissima della revisione gerarchica dei bisogni.
Il turismo estivo è in calo per il caro prezzi che taglia le vacanze degli italiani ma c’è chi non rinuncia e ricorre a finanziamenti per poter comunque fare un viaggio. Aumentano così le richieste di prestito per andare in vacanza: dall’inizio di quest’anno sono stati erogati oltre 250 milioni di euro in prestiti personali destinati a coprire spese legate a viaggi e vacanze, con un incremento del 12% su base annua. L’importo medio richiesto è pari a 5.425 euro da restituire in circa 50 rate, poco più di quattro anni. È quanto emerge da un’analisi di Facile.it e Prestiti.it, in base alle stime dei due portali di comparazione. 
Questa tipologia di finanziamento è «particolarmente diffusa tra i giovani», spiega lo studio, realizzato su un campione di oltre 150mila domande di finanziamento personale.
Una domanda su 3 arriva da un under 30, mentre l’età media è di 38 anni (inferiore rispetto ai 44 anni delle altre tipologie di prestiti personali).
Altri dati facilmente recuperabili restituiscono la cornice su misura per esporre l’istantanea e farci un bel quadretto da mettere nella stanza dei trofei al merito della idiozia.
Le presenze turistiche italiane sono in calo del 6% su base annua. Tuttavia, la flessione riguarda proprio i turisti italiani e non gli avventori internazionali (“straniero” è un termine che aborro). Il calcolo di sbriga facile: gli italiani -tendenzialmente i più giovani- tendono a indebitarsi per i prossimi 4 anni per passare 15 giorni di vacanze. Solo che in vacanza, sempre tendenzialmente, vanno all’estero.
Ora, per chi possiede i minimi rudimenti di economia, è noto che l’indebitamento sistemico può essere anche positivo se produce redditi per il contraente o per terzi. Si chiama debito per investimento e presuppone che si auto paghi o che produca margini a terze persone.
Al pari, specularmente, esistono debiti del tutto disfunzionali perché non finalizzati alla generazione di alcun valore. Nel caso di specie, invece, noi italiani siamo riusciti a coniare un debito addirittura perverso uscendo dallo schema di letteratura economica. Ci si indebita per 4 anni allo scopo di poter trascorrere 15 giorni di vacanza fornendo vantaggio competitivo doppio ai competitor internazionali. E sì, perché il vantaggio è doppio: non usiamo ricchezza (che quando c’è si è liberi di destinarla come ci pare) ma usiamo
indebitamento. Lo stesso indebitamento che per i prossimi quattro anni ridurrà la nostra capacità di far fronte ai bisogni primari o di sostenere i consumi nazionali. Geniale! Che poi, così, tanto per dire, ma se ci si deve indebitare per andare in vacanza, verrebbe da chiedersi: “in vacanza da cosa si sta andando?”. Forse dalla frustrazione di non potersi permettere di andare in vacanza?
Solo un anno fa, però, il Mim (acronimo del Ministero dell’Università e del merito), con tono allarmato, offriva rilevazioni preoccupanti circa il calo delle immatricolazioni universitarie e, ancor più, sul tasso di abbandono degli studi universitari entro il primo anno. Il dato peggiore degli ultimi dieci anni (ossia anche peggio del tempo pandemico) con un secco 7,3% di abbandono motivato da impossibilità di far fronte ai costi connessi allo studio (specialmente per i fuori sede). Peccato che nelle statistiche per l’indebitamento familiare la richiesta di prestiti al consumo per finanziare gi studi propongano dati del tutto irrilevanti. Per le vacanze si, ci si indebita, per la formazione propria o dei figli, meglio evitare: questa è l’idea di investimento sul futuro.
L’immagine appare nitida. Si può fare lo zoom sulla Basilicata e scoprire che l’indebitamento delle famiglie lucane, quando esiste, è particolarmente condizionato proprio da prestiti al consumo (per acquisto di servizi o beni non durevoli) e non certo da mutui per investimento. Anzi, le difficoltà ad accedere a mutui per l’acquisto della prima casa sono spesso legate proprio all’eccessivo indebitamento che erode il reddito
disponibile.
Poi diciamo che le Banche se ne vanno!!! Le Banche se ne vanno proprio quando non ci sono più le condizioni per fare intermediazione finanziaria. Sicuramente è anche vero che, come nel caso di chi scrive, c’è pure chi se ne va dalle banche perché le banche sanno essere delle vere e proprie sanguisughe.
Fatto sta che, complice l’eccessivo indebitamento, il mercato immobiliare lucano è inesistente. Nella gran parte dei paesi, quando una casa viene venduta (a prezzi di outlet durante i saldi) il prete suona le campane a festa e si grida al miracolo. Il resto è noto: lo scriveva la Gazzetta del Mezzogiorno lo scorso anno: “I dati sono inquietanti e ci dicono che una casa su tre, nel territorio lucano, è senza inquilino. Sono esattamente 94.809 le abitazioni «fantasma» (29,4 per cento del totale degli appartamenti). Quanto valgono le case in Basilicata? Non si può dire, visto che il valore immobiliare è determinato dal mercato che qui non c’è.
Contestualmente investiamo risorse pubbliche con feste e sagrette per alimentare l’attrattività dei borghi. Sembra una specie di doping. Gli stessi paeselli, spesso privi di servizi di base, in cui investire è praticamente un suicidio economico e dove l’acquisto di un immobile equivale a condannare la generazione successiva a dover gestire solo una rottura di scatole. Ecco perché le case son vuote: perché gli eredi proprietari non mettono piede in Basilicata da decenni.
E mentre la politica (capitano della nave) tenta di sperimentare soluzioni vecchie per problemi nuovi o di improvvisare cure last minute, la ciurma se ne va al mare in Croazia con i soldi di una qualche finanziaria. Che equivale a remar contro indipendentemente dal fatto che la rotta sia corretta o meno, ossia a prescindere. Poi però torna e affidandosi a qualunque misura di welfare regionale (certamente utile per lenire il disastro), ricomincia la litania cantando con purissime voci bianche il lamento dell’auto castrazione.
Sembra profilarsi una emergenza sempre più pressante: occuparsi delle vere risorse del territorio, ossia le persone, quelle che per specifica prerogativa umana sanno orientare il futuro secondo il principio di causa/effetto e che non soccombono, se orientate e rafforzate, all’ idea del destino inevitabile a cui appellarsi.
Gli eunuchi, generalmente bambini molto poveri e ricattabili, è vero che accettavano la evirazione pur di avere una chance nella vita per cantare spartiti femminili. È anche vero però che spesso non superavano la notte. Varrà la pena?

*Neuropsicologo
Vicepresidente nazionale Associazione sociologi italiani


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