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Una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bari conferma il diritto degli agricoltori (che dichiarano reddito agrario) alla fruizione del bonus Sud in quanto nessuna norma ne prevede l’esclusione.
Per quanto se ne sa, si tratta della prima sentenza che interviene su una materia che ha dato origine a non poco contenzioso originato dagli atti di recupero del credito d’imposta notificati agli agricoltori (persone fisiche o società semplici agricole) senza reddito d’impresa.

sentenza 1536.2024 bonus sud agricoltotibonus agricoltoriIl Commercialista Telematico si è occupato in passato della ammissibilità degli agricoltori con reddito agrario alla fruizione del bonus Sud, cioè del credito d’imposta di cui all’art. 1, comma 98 e seguenti, della legge n. 208/2015.

Come è noto, l’art. 1, comma 98, della legge n. 208/2015 disponeva l’attribuzione del credito d’imposta alle “imprese” che effettuavano l’acquisizione di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite del Mezzogiorno.

Il bonus sud per gli agricoltori

La seconda parte dello stesso comma precisava che

“Alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, nel settore della pesca e dell’acquacoltura, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura, che effettuano l’acquisizione di beni strumentali nuovi, gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico.”

Per quanto riguarda il settore dell’agricoltura e, più specificatamente, quello della produzione primaria di prodotti agricoli, ci si è sempre posti il problema se tale bonus spettasse o meno anche agli agricoltori (individuali o società semplici) che dichiarano un reddito agrario e non un reddito d’impresa.

In un primo intervento, si concludeva sull’ammissibilità di tali soggetti al bonus Sud sulla base di alcune considerazioni qui riassunte:

  • la disciplina non fa affatto riferimento ai titolari di reddito di impresa,

  • il riferimento ai titolari di reddito d’impresa è imputabile alla modulistica dell’Agenzia delle entrate,

  • in ogni caso, la stessa modulistica ritiene applicabile il bonus Sud alle imprese attive nel settore dell’agricoltura,

  • i predetti soggetti (agricoltori individuali e società semplici agricole) sono comunque “imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli”,

  • non sussiste alcuna norma che li escluda espressamente dal bonus Sud.

Il parere contrario della DRE Puglia

Successivamente, con la risposta a interpello n. 917-753/2020, la DRE della Puglia riteneva che la fruibilità dell’agevolazione in questione spettasse solo agli agricoltori titolari di reddito d’impresa (cfr. vedi qui il nostro commento).

La risposta della DRE richiama sostanzialmente la circolare n. 34/E/2016 nella parte in cui si diceva che il bonus Sud spetta ai titolari di reddito d’impresa, senza aggiungere ulteriori motivazioni.

A sua volta, la citata circolare n. 34/E/2016 ricalca la precedente circolare n. 38/E/2008 emessa a chiarimento della disciplina del precedente bonus sud introdotto dall’art. 1, commi da 271 a 276, della legge n. 296/2006.

La differenza sostanziale fra le due discipline è che il comma 271, analogamente al comma 98 della legge n. 208/2015, fa generico riferimento alle “imprese”, nello stesso tempo – però – non contiene alcun riferimento al settore agricolo a differenza, invece, di quanto riportato nella seconda parte del citato comma 98, dove di parla espressamente di “imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli”.

Doveva essere evidente che il semplice riferimento alle imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli non poteva escludere dall’agevolazione quelle che dichiarano il reddito agrario, non sussistendo alcun elemento a conforto di una simile esclusione.

Invece, il citato interpello, pur richiamando la seconda parte del comma 98, che estende l’agevolazione alle “imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli”, affermava testualmente, e senza fornire la benché minima motivazione, che “nei settori agricoli, della pesca e dell’acquacoltura, i destinatari di tale beneficio sono tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, individuabili in base all’art. 55 del TUIR, indipendentemente dalla natura giuridica assunta”.

Nonostante l’interpretazione fornita dalla DRE della Puglia, molti beneficiari del bonus Sud, raggiunti anche da lettere di compliance che li invitata a rivedere il comportamento e, eventualmente, a sistemare la questione, hanno ritenuto di non aderire agli inviti e, una volta raggiunti dagli atti di recupero del credito d’imposta, hanno proposto ricorso.

La recente sentenza della CGT di Bari

Uno dei primi contenziosi giunti a sentenza sembra essere quello che ha formato oggetto della sentenza n. 1536/2024, depositata il 26 luglio 2024, della Corte di Giustizia di primo grado di Bari, sezione 1.

Al ricorrente, agricoltore individuale, era stato notificato atto di recupero del bonus Sud per il credito maturato e fruito su investimenti effettuati nel 2019; l’atto di recupero era motivato essenzialmente con riferimento alla citata circolare n. 34/E/2016 che riconosce il credito ai soli titolari di reddito d’impresa.

La Corte di Giustizia Tributaria ha accolto il ricorso del beneficiario sulla base delle seguenti motivazioni:

  • l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate è “contenuta in atto privo di per sé di valore normativo e che, conseguentemente, non riveste una rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che ne fanno applicazione”;

  • la circolare “contrasta sia con il dato testuale (che individua espressamente i soggetti beneficiari nelle “imprese”, così utilizzando accezione civilistica che ricomprende al suo interno anche l’imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 cc), sia con la ratio sottesa all’intervento legislativo (da individuare nel riconoscimento premiale del credito agli “imprenditori” che effettuino nuovi investimenti nelle aree assistite)”;

  • la interpretazione della norma tributaria contenuta in circolari o risoluzioni non vincola né i contribuenti né i giudici e non costituisce fonte del diritto (cfr. ex multis, Cass. n. 5937/2017, n. 5137/2014, etc.)”;

  • a conferma della riconduzione nell’alveo della disposizione delle imprese nella più ampia accezione significativa ed a prescindere dalla natura del reddito prodotto (elemento, ripetesi, non espressamente contemplato e/o richiamato dal legislatore) vale evidenziare che: “ Il comma 100 reca la elencazione, espressa e chiara, dei soggetti invece esclusi dal beneficio, stabilendo che “La agevolazione non si applica ai soggetti che operano nei settori della industria siderurgica, carbonifera , delle costruzioni navali, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, nonché ai settori creditizio, finanziario ed assicurativo”, così riconducendo inequivocamente la esclusione all’oggetto della attività svolta e non già alla natura del reddito prodotto”;

  • Secondo la prospettazione del MEF il richiamo alle sole realtà operanti nel settore della agricoltura ma produttive di redditi di impresa conferma la esclusione dal beneficio per tutte le imprese agricole invece produttive di soli redditi agrari: in verità, siccome evincibile dalla lettura attenta della disposizione, il legislatore ha soltanto inteso precisare i limiti e le condizioni di fruizione del bonus per quelle particolari imprese già disciplinate dalla normativa europea sotto il profilo degli aiuti di Stato nei settori specificamente richiamati, tra questi quello agricolo (circostanza, in ogni caso, estranea , al presente contenzioso , in difetto, ripetesi, di rilievi contestati in ordine ad esistenza ed entità del credito utilizzato)”.

 

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