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Seconda parte

Nella prima parte del nostro articolo, abbiamo esplorato le proposte avanzate da Assonime per una fiscalità dell’arte più competitiva in Italia.

L’Associazione fra le Società italiane per azioni, attraverso il Position Paper 5/2024, ha delineato un quadro dettagliato delle attuali sfide fiscali nel settore dell’arte e ha presentato una serie di misure volte a colmare il gap competitivo rispetto ad altri Paesi europei, come Francia e Germania.

In questa seconda parte dell’articolo, vedremo più nel dettaglio le proposte per la riforma fiscale nel mercato dell’arte di Assonime.

Inquadramento giuridico e la riforma fiscale nel mercato dell’arte

Premessa la ormai giurisprudenza e prassi ministeriale consolidatasi in merito ai tre distinti profili del soggetto che cede un’opera d’arte a titolo oneroso – vale a dire (i) il collezionista d’arte privato, chi acquista le opere per un interesse estetico-culturale, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, senza alcun intento speculativo; 

(ii) il mercante d’arte: colui che esercita professionalmente e abitualmente il commercio di opere d’arte, col fine ultimo di trarre un profitto dall’incremento del valore delle medesime; 

e (iii) lo speculatore occasionale: colui che acquista occasionalmente opere d’arte per rivenderle, cercando di conseguire un utile – e che tali figure sono comunque soggette a tassazione, quanto le operazioni sono speculative, finché la materia fiscale non verrà specificatamente regolamentata dal legislatore tributario sarà necessaria una valutazione caso per caso.

Per Assonime, restituire certezza ai contribuenti e all’Amministrazione finanziaria sulla rilevanza reddituale delle plusvalenze realizzate dai collezionisti privati tramite la cessione di opere d’arte, l’attuazione della legge delega, dovrebbe fare riferimento a criteri oggettivi, come avviene in altri Paesi europei.

In particolare, si potrebbe considerare il fattore tempo per determinare l’irrilevanza fiscale delle plusvalenze, prevedendo che le plusvalenze su opere d’arte detenute per un periodo di 5-7 anni siano fiscalmente irrilevanti, presupponendo l’assenza di intento speculativo. 

Inoltre, per semplificare ulteriormente, si potrebbe escludere la tassazione delle plusvalenze inferiori a un ammontare minimo annuo, e quelle derivanti da beni acquisiti per successione o donazione, come già previsto dalla legge delega.

Per quanto riguarda invece la rimodulazione dell’Iva prevista dall’articolo 7, comma 1, lett. e) della legge delega, che prevede di “ridurre l’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, recependo la direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio, del 5 aprile 2022, ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione” si tratta del recepimento della direttiva comunitaria da parte del nostro Stato; inoltre, estende agli scambi interni aventi ad oggetto opere d’arte l’aliquota ridotta alle importazioni, al fine di agevolare il settore.

La disciplina armonizzata dell’Iva nell’Unione Europea prevede aliquote ordinarie variabili dal 15% al 25%, con diverse aliquote agevolate. Ciò comporta che opere d’arte acquistate in Paesi con aliquote Iva più basse costano meno ai collezionisti rispetto a quelle acquistate in Paesi con aliquote più alte; questo può incentivare i collezionisti a comprare nei Paesi con tasse inferiori. 

Inoltre, gli importatori possono scegliere di far entrare le opere d’arte attraverso dogane in Stati con aliquote Iva più basse, per ridurre i costi

Per evitare che alte aliquote Iva disincentivino l’ingresso di opere d’arte nell’UE, la tariffa doganale (Taric) prevede esenzioni dai dazi per alcuni oggetti d’arte. 

La direttiva n. 112 consente agli Stati membri di applicare aliquote Iva ridotte alle importazioni di oggetti d’arte, ma non alle loro cessioni. 

Per evitare che alte aliquote Iva disincentivino il mercato dell’arte e l’ingresso di opere d’arte nell’Unione Europea, sarebbe opportuno armonizzare ulteriormente le aliquote Iva e prevedere esenzioni o aliquote ridotte per le importazioni e le cessioni di opere d’arte. Questo favorirebbe un mercato dell’arte più competitivo e attrattivo a livello europeo.

Assonime propone di adeguare l’Italia alle disposizioni europee riguardanti l’IVA sulle opere d’arte. Attualmente, l’Italia applica un’Iva ridotta del 10% alle importazioni di opere d’arte, ma non alle cessioni interne

Tuttavia, altri Paesi europei hanno esteso aliquote ridotte anche alle cessioni interne di opere d’arte (come la Francia e la Germania). La direttiva europea permette di applicare aliquote ridotte sia alle importazioni che alle cessioni di opere d’arte, al fine di evitare distorsioni nel mercato interno dell’UE. 

È quindi cruciale che l’Italia adotti una misura simile per non penalizzare le imprese italiane del settore artistico e garantire la competitività del mercato dell’arte italiano.

Ulteriori modifiche alla disciplina della cessione di opere d’arte sono contenute nella proposta di direttiva del Consiglio n. 0407 del 2022, che rappresenta un passo significativo verso l’adattamento delle regole dell’Iva all’era digitale, con particolare attenzione alle cessioni di oggetti d’arte e antiquariato.

Attualmente, queste transazioni sono regolate dalle norme di territorialità dell’Iva, che determinano il luogo della cessione in base alla localizzazione fisica del bene al momento della vendita o della spedizione. 

La proposta, tra le sue modifiche più rilevanti, include la soppressione dell’articolo 35, il quale attualmente applica le regole generali di territorialità anche alle cessioni con spedizione in un altro Stato membro, proponendo invece che tali cessioni siano considerate effettuate nello Stato di arrivo della spedizione o del trasporto.

Inoltre, la proposta introduce la possibilità di applicare il regime speciale per le vendite intracomunitarie anche per i beni d’arte, prevedendo che anche questi beni possano fruire del regime speciale stabilito per i soggetti che non sono identificati nello Stato nel quale la cessione si considera effettuata, e cioè del regime semplificato dello sportello unico che consente l’applicazione dell’Iva locale senza identificarsi in ciascun Paese. 

La proposta riflette un tentativo di modernizzare e armonizzare il quadro normativo dell’Iva europea, considerando le dinamiche del mercato digitale e globale. 

Assonime sostiene l’adozione di queste misure come un passo verso una maggiore integrazione fiscale europea.

L’obiettivo ultimo è quello di garantire una base più stabile e prevedibile per le operazioni commerciali internazionali nel settore delle opere d’arte, evitando distorsioni competitive e favorendo la crescita economica e culturale attraverso politiche fiscali più coerenti e adattabili ai tempi moderni.

L’impatto delle proposte di Assonime

L’adozione delle proposte di Assonime avrebbe un impatto significativo sul settore dell’arte, antiquariato e collezionismo in Italia

In primo luogo, renderebbe il sistema fiscale italiano più competitivo e attrattivo per gli investitori, sia italiani che esteri, favorendo la crescita del mercato dell’arte nel nostro Paese e permetterebbe di colmare il gap competitivo rispetto ad altri Paesi europei. 

Tuttavia, perché questo obiettivo sia raggiunto, è necessario che le istituzioni e gli operatori del settore lavorino in sinergia. 

Il presente contributo è stato pubblicato anche su Quotidiano più



 

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