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Il braccio di ferro sulle pale eoliche tra giunta regionale sarda e governo centrale sorprende, per più di un motivo. Il principale, forse, è che lo scontro contraddice il luogo comune secondo cui le fonti rinnovabili siano una bandiera della sinistra e avversate dalla destra. Nella vicenda che contrappone Cagliari a Roma, infatti, c’è da una parte la governatrice dem Alessandra Todde che appena insediatasi ha varato una moratoria di 18 mesi per gli impianti eolici sull’isola, dall’altra l’esecutivo nazionale, a trazione Fratelli di Italia, che ha impugnato tale provvedimento. In effetti, nel resto del mondo occidentale le cose vanno al contrario: in Europa sono i partiti conservatori (compresi quelli della maggioranza italiana) e frenare il Green Deal, e negli Usa Trump non fa mistero di essere il paladino dell’industria dei combustibili fossili.

Terreno di scontro

Naturalmente, secondo gli scienziati non dovrebbe esserci alcuna battaglia ideologica: le rinnovabili sono una delle poche armi, se non l’unica, che abbiamo a disposizione per rallentare la crisi climatica. E invece sono immancabilmente un terreno di scontro.

La vicenda sarda, nello specifico, ha origini lontane. Con una opinione pubblica locale che considera il suo territorio “predato” e abbandonato da decenni. E con una campagna mediatica che negli ultimi anni ha demonizzato l’eolico e il fotovoltaico, rendendoli impopolari tra gli elettori e dunque improponibili dai politici. Tra i principali oppositori all’energia del sole e del vento e registi della campagna per il no, l’imprenditore Sergio Zuncheddu (“Invasione di eolico e fotovoltaico, la Sardegna è in pericolo”). Zuncheddu è il proprietario dei due principali media privati dell’isola (l’Unione Sarda e Videolina) ma è anche un importante costruttore che non ha mai nascosto il suo interesse e il suo favore per il progetto di gasdotto che dovrebbe, con decenni di ritardo, “metanizzare per la prima volta la Sardegna.

Una posizione presa già in campagna elettorale

“Durante la campagna elettorale per le regionali, la candidata progressista Todde si guardò bene dal prendere impegni a favore delle rinnovabile”, ricorda il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. “D’altra parte, in un contesto ostile come quello sardo sarebbe stato un suicidio politico. E però, con nostra grande sorpresa, uno dei primi atti della giunta da lei guidata è stata proprio la moratoria di cui si discute in queste ore. Avremmo capito se ci si fosse dati tre mesi per esaminare la situazione e stilare l’elenco delle are idonee, ma dichiarare uno stop di un anno e mezzo significa fermare la transizione energetica, non solo in Sardegna”.

L’impatto ambientale delle pale e dei pannelli

Chi si oppone teme lo scempio della costa sarda e dell’entroterra ricco di storia. Fa notare inoltre che i progetti di rinnovabili presentati in Sardegna soddisferebbero da soli il fabbisogno di 50 milioni di italiani. In realtà c’è una bella differenza tra i piani presentati da aziende e società di ingegneria e quelli che effettivamente si trasformano in impianti veri e propri. In tutta Italia, il rapporto è di circa 8 a 1: non si capisce perché in Sardegna dovrebbe andare diversamente. Sacrosanta la preoccupazione per l’impatto paesaggistico, ma anche in questo caso è come se venisse dato per scontato l’uso di due pesi e due misure: uno per la Sardegna, un altro per il continente. Perché se c’è un problema che affligge le rinnovabili in Italia è proprio l’estrema cautela (lentezza) con cui vengono rilasciate le autorizzazioni, dopo un iter burocratico che coinvolge Commissione Via-Vas, ministero della Cultura, ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e Palazzo Chigi a dirimere le eventuali controversie tra ministeri di cui sopra. Infine proprio le Regioni. Perché tutti questi filtri non dovrebbero funzionare anche per la Sardegna?

La corsa all’eolico divide la Sardegna

C’è poi la questione estetica. Un intellettuale di sinistra come Vindice Lecis ha scritto: “Quando attraverso la Sardegna in ogni sua parte e osservo l’avanzata dei signori dell’eolico mi allarmo, mi preoccupo. Quelle gigantesche sentinelle che presidiano le colline e i rilievi che deturpano e devastano. Ci riempiamo la bocca della bellezza. Ma la stiamo sfregiando”. Si può discutere se fossero più belle le miniere di carbone in cui generazioni di sardi si sono calati per portare a casa un misero salario. O se saranno più belle le centrali nucleari e i depositi di scorie che hanno bisogno di territori a bassa sismicità per essere costruiti (e la Sardegna è un candidato ideale). O se in nome di una bellezza da preservare preferiamo rimanere fermi, dimenticando che il paesaggio che oggi vogliamo tutelare, che ci piaccia o no, è il risultato di millenni di manipolazioni umane. Chissà, forse un giorno le pale eoliche saranno ammirate e tutelate come oggi le torri medievali. “E comunque le rinnovabili ci aiuteranno a salvare un paesaggio che rischia di essere devastato in odo permanente dai cambiamenti climatici”, chiosa Ciafani.

Castellina: “Le rinnovabili non sono il nemico del Sud”

Come scriveva ieri, anche lei indiscutibilmente da sinistra, Luciana Castellina sul Manifesto “Si tratta infatti di conciliare obiettivi difficili da raggiungere ovunque, ma in Sardegna più che altrove: preservare il paesaggio, creare occupazioni alternative, preoccuparsi dell’avvenire del Pianeta già a partire dal prossimo decennio”… e “occorre un assai serio impegno politico a combattere le più insidiose campagne mistificatorie. Buon ultima, stiamo attenti, quella che sta dando spazio all’assurda idea che proprio le energie rinnovabili siano il nemico, una nuova, ridicola versione della questione meridionale: il capitale del Nord che ruberebbe sole vento e terra al Sud”.

Se c’è una industria innovativa, capace di creare nuovi posti di lavoro qualificati (anche al Sud e nelle Isole), è quella dell’eolico e del fotovoltaico. Non certo i gasdotti che in pochi anni si trasformeranno in stranded assets, beni incagliati: l’Italia si è ripetutamente impegnata (in ambito Onu e G7) a non investire più denaro pubblico in infrastrutture per il gas naturale, a meno che non ci siano stati di crisi, come quella ormai archiviata del gas russo conseguente all’invasione dell’Ucraina.

Come finirà il braccio di ferro sull’eolico in Sardegna? “Si procederà comunque, perché l’energia è un tema su cui Stato e Regioni non possono decidere autonomamente, e la Corte Costituzionale darà ragione a palazzo Chigi”, prevede Ciafani. “E’ già successo in passato con moratorie analoghe: 15 anni fa nella Puglia di Nichi Vendola e nel 2020 nell’Abruzzo di Marsilio. Forse non passeranno i 18 mesi dello stop voluto dalla Giunta Todde, ma si sarà comunque perso tempo prezioso”.

 

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