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«Non ci sono limiti ai poteri del commissario, e intendo esercitarli per risolvere i problemi della Camera di Commercio di Napoli nel più breve tempo possibile». Lo sottolinea in maniera chiara il prefetto Raffaele Cannizzaro, che ieri si è insediato sulla poltrona di numero uno dell’ente camerale di piazza Bovio, in seguito alla nomina a commissario ricevuta dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Un’investitura che ha l’obiettivo di sbloccare il lungo stallo che si è venuto a creare sulla procedura di rinnovo del Consiglio della Camera, che vede le cosiddette “associazioni storiche” (Acen, Claai, Cna, Compagnia delle Opere, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese e Unione industriali Napoli) contrapporsi alla compagine guidata dal presidente uscente Ciro Fiola (composta da Aicast, Assimprese Italia, Casartigiani, Coldiretti e Confartigianato). Una contesa che va avanti a colpi di accuse incrociate e carte bollate.

Prefetto, è una bella patata bollente. Da dove si comincia?

«Ho trascorso la mattinata di ieri con la dottoressa Maria Salerno, che ha retto le sorti della Camera da commissario da metà aprile ad oggi, e con la segretaria generale dell’ente, la dottoressa Ilaria Desiderio: mi stanno raccontando delle cose, e io sto facendo la spugna, nient’altro, come sempre deve accadere nelle prime giornate».

La segretaria generale, nella sua funzione di Responsabile unico del procedimento per il rinnovo del Consiglio, è al centro delle polemiche: la Regione avrebbe rilevato una disomogeneità nei controlli effettuati sulle varie associazioni concorrenti, chiedendo un supplemento di istruttoria, ma il Rup conferma la bontà del lavoro già svolto. Si è fatto già un’idea su questo punto?

«Sono stato sommariamente informato, ma ho già chiesto alla segretaria generale e alla collega commissario che mi ha preceduto di rendermi edotto in maniera più approfondita. Sono consapevole del fatto che ho molto da studiare sulle vicende pregresse. E ho chiesto ogni documento in proposito. Ciò detto, su questa questione ho aperto e chiuso. Nel merito, parlerò quando l’avrò studiata. Siccome sono atti non compiuti da me, e nemmeno letti da me, se parlassi ora sarei irresponsabile e scorretto. Prima leggo, e poi parlo».

Dall’alto della sua esperienza in campo amministrativo, maturata come prefetto al servizio delle istituzioni in numerosi incarichi di prestigio, ritiene che la Regione abbia il potere di chiedere un supplemento di istruttoria al Rup, oppure no?

«Non è mia intenzione essere scortese, ma anche in questo caso, prima di rispondere, devo studiare le carte».

Ha fatto una previsione sui tempi che le serviranno per sbloccare lo stallo?

«Mi auguro che le questioni che affannano l’ente possano essere risolte nel più breve tempo possibile. Consapevole che le gestioni commissariali non devono allungarsi più del necessario, ma anche del fatto che le gestioni commissariali non sono un danno. Per cui, con serenità, mi accingo al lavoro, con l’intenzione di tentare, nelle mie possibilità, di dare un contributo per la soluzione delle questioni. Se sarà possibile farlo in tempi brevi, ne sarò felice, altrimenti mi sobbarcherò il lavoro che c’è da fare».

Ci chiarisce la natura della figura del commissario: ha pieni poteri o, come sostiene qualcuno, deve limitarsi a svolgere l’ordinaria amministrazione?

«Questa è un’antica questione, che si affaccia ogni volta che vi sia una nomina commissariale in qualsiasi campo: negli enti locali, adesso nella Camera, e che mi è stata posta anche quando sono stato commissario di una Fondazione. Naturalmente, non ci sono limiti ai poteri del commissario: nel decreto di attribuzione delle funzioni sono ripetute pedissequamente quelle degli organi ordinari.

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Poi ciascun commissario, nell’esercizio della propria responsabilità, è tenuto necessariamente e saggiamente a valutare anche l’opportunità delle proprie azioni, in relazione al rispetto degli organi istituzionali. L’inghippo nel quale nessun commissario dovrebbe cadere, però, è quello di ritenersi una figura a responsabilità limitata: non è affatto così. Si correrebbe il rischio di mortificare la funzione e di produrre un danno all’ente, andando avanti con lentezza, il che non sarebbe giusto. Gli enti devono andare avanti, indipendentemente dagli uomini: cioè i problemi devono trovare soluzioni, a prescindere da chi li gestisce. È questa la questione fondamentale».



 

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