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Nella difficile fase della transizione dal modello basato sulle energie fossili alle rinnovabili, Legambiente ha costantemente richiamato le istituzioni ad adottare politiche basate:

  • sul governo pubblico del bene comune-energia a livello regionale,
  • sul cointeressamento e corresponsabilizzazione delle istituzioni e delle comunità locali nelle scelte fondamentali che riguardano in maniera immediata e diretta il loro territorio e in definitiva il loro futuro,
  • su un progetto di sviluppo sostenibile che contemperi in una pianificazione unitaria l’indifferibile e urgente necessità di transizione verso un modello virtuoso di produzione energetica con le qualità paesaggistiche, culturali e ambientali del territorio, da cui dipende in buona misura il suo futuro, il progresso e l’innovazione tecnologica dell’isola, la coesione del suo corpo sociale.

La sostanziale rinuncia, attuata sino ad ora, a pianificare il rapporto tra paesaggio, territorio ed energia da parte dell’istituzione regionale ha alimentato le conflittualità dentro il tessuto delle comunità locali e sta indebolendo la coesione sociale, il cui rafforzamento è invece uno dei cardini del Green Deal europeo, alimentando un diffuso negazionismo sulla crisi climatica e sui suoi effetti.

Negli ultimi 5 anni abbiamo assistito ad una sostanziale stasi nell’approvazione degli impianti utility scale: occorre un cambio di passo, e che le istituzioni, e specialmente la Regione, riprendano in mano il governo pubblico dell’energia rispetto al paesaggio, con il coinvolgimento degli Enti locali.  Se vogliamo la transizione energetica di qualità che i sardi meritano, e della quale hanno diritto, è necessario governare il processo e non subirlo. Chiediamo che si parta da un intenso e ben definito programma di lavoro basato su una grande mobilitazione delle migliori risorse per accelerare la pianificazione con i tre strumenti che la norma approvata ieri dal Consiglio individua:

  1. l’estensione del PPR alle zone interne, affinché si inserisca la transizione energetica in una visione globale che coniughi tutela e sviluppo del territorio e del paesaggio;
  2. un piano energetico, costruito con la partecipazione attiva dei territori, con criteri e buone pratiche per la realizzazione di impianti eolici, fotovoltaici e accumuli che si integrino coerentemente nel territorio, senza danneggiare il paesaggio, e salvaguardando i servizi ecosistemici;
  3. l’individuazione delle aree idonee nel quadro del decreto sulle aree idonee appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

«La centralità e importanza di queste risposte non devono però diventare un alibi per derubricare nei fatti la transizione necessaria e urgente ad obiettivo di sfondoafferma la presidente di Legambiente Sardegna, Marta Battaglia -. Legambiente Sardegna prende atto dell’intensa e plurale azione pianificatoria prospettata ieri dalla legge approvata dal Consiglio Regionale e auspica che questa sia svolta rapidamente e con il ruolo attivo delle comunità e dei territori. La nostra associazione sarà esigente nella vigilanza sui tempi e sui modi del processo di transizione energetica e, soprattutto, sui risultati finali, e si rende disponibile come interlocutore critico ma proattivo per il raggiungimento degli obiettivi condivisi della giusta transizione.»

«Per realizzare la transizione energetica e combattere il cambiamento climatico di cui la Sardegna già oggi subisce i drammatici effettiaggiunge Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegnaè necessario raggiungere rapidamente gli obiettivi posti dal governo dei 6.2 GW di energia rinnovabile e spegnere le centrali a carbone. Perché questa grande trasformazione diventi un’occasione di sviluppo per la Sardegna serve però una politica che promuova la filiera industriale delle rinnovabili sul nostro territorio.»

Gli obiettivi di lavoro sono chiari e condivisi:

  • configurare i “paesaggi energetici” innovativi e di qualità;
  • scongiurare i danni al paesaggio, al territorio e alle comunità, inevitabili se non si rallenta e arresta il cambiamento climatico;
  • migliorare i servizi ecosistemici e aumentare il capitale naturale rafforzando la biodiversità;
  • incrementare i benefici sociali ed economici della transizione energetica, che può e deve essere un’occasione di sviluppo per l’Isola.

La concentrazione della CO2 in atmosfera ha continuato globalmente ad aumentare fino a 424 ppm. In Sardegna si registra un livello di emissioni di CO2 molto elevato che, negli ultimi anni, si è attestato sui 15 milioni di ton/annue vale a dire 9 ton pro capite, mentre la media nazionale è 7.

Negli ultimi anni abbiamo goduto di una serie meteorologica relativamente piovosa ed abbiamo dimenticato la crisi dei primi anni 2000, ma la Sardegna, come evidenzia l’emergenza siccità di questi mesi, è una regione particolarmente vulnerabile, al centro del Mediterraneo, una delle zone più sensibili ai cambiamenti climatici del mondo, in cui già ora l’aumento della temperatura è doppio di quello mondiale. Infatti, mentre l’aumento di temperatura media globale tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo si attesta attorno ai 0,85°C, nel bacino del Mediterraneo l’aumento è pari a 1,3°C, e in Sardegna la temperatura media è aumentata dal 1979 al 2023 di ben 2,1°C. Dal punto di vista del regime climatico, la nostra Regione è al limite della desertificazione, un fenomeno che sarebbe irreversibile, ridurrebbe drasticamente la disponibilità della risorsa idrica e la produzione agricola nella nostra isola e stravolgerebbe il paesaggio.

Ci sono poi da considerare le conseguenze dell’aumento del livello del mare, anch’esso in forte accelerazione: se dal 1961 al 2003 l’aumento annuo è stato, a livello globale, di 1.8mm, ma se consideriamo solo il periodo più recente, dal 1993 al 2003, l’aumento è stato di ben 3.1mm annui. Al 2100 l’aumento che le previsioni più prudenti indicano è di quasi 1 metro (840mm). Le conseguenze per le coste della Sardegna sarebbero un arretramento generalizzato, con intere zone costiere, come quelle di Cagliari od Oristano, inserite da ENEA tra le aree a rischio inondazione, che vedrebbero cambiare completamente la geografia, sommergendo aree oggi completamente antropizzate.

La transizione energetica è dunque necessaria e urgente in primo luogo per dare un contributo a prevenire cambiamenti che stanno già mettendo in crisi la Sardegna, e fare di tutto per evitare che la nostra isola diventi arida e inospitale.

Occorre perciò reagire subito. Chiediamo che venga costituita una doppia task-force che affronti in stretto coordinamento e con velocità ed efficienza il processo nelle due componenti, energia e paesaggio, che la norma appena approvata prospetta:

  • se il PPR vigente fu adottato in un anno, si può ritenere questo un tempo congruo anche per il completamento sulle aree interne, accorciando dunque i tempi;  un adeguato censimento dei territori potrà individuare in tempi ragionevoli ambiti di paesaggio compatibili con gli impianti necessari;
  • occorre contestualmente affrontare il nodo critico del pregresso che si è accumulato negli ultimi anni, con i progetti dislocati nei paesaggi regionali in assenza di indirizzi orientati alla salvaguardia del bene comune ma sulla base delle sole esigenze produttive; è indispensabile rafforzare la capacità di analisi da parte delle strutture istruttorie, per scartare i progetti impropri e individuare immediatamente quelli coerenti.

 

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