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Il primi mini-reattori nucleari si vedranno dopo il 2030. Ma se l’Italia utilizzasse tutta la sua capacità nucleare installabile al 2050 potrebbe coprire almeno il 22% dei consumi elettrici degli italiani, circa 16 Gigawatt di domanda. La stima è messa nero su bianco nel Pniec, il Piano nazionale integrato Energia e Clima, definitivo con tanto di «approccio realistico e tecnologicamente neutro» inviato ieri a Bruxelles. Secondo i dati forniti dalla Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS) il contributo arriverà dalla nuova strategia nazionale che punta sul nucleare avanzato da fissione, e in particolare dai piccoli impianti modulari: SMR, AMR e microreattori), ma anche «in anni prossimi al 2050, da una quota di energia da fusione». Nel frattempo però il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica di Gilberto Pichetto Fratin preferisce inserire nello scenario ad hoc, citato per la prima volta nel Pniec, una stima definita «prudente», che immagina di sfruttare solo la metà del potenziale stimato, e quindi l’11% dei consumi coperti.

Di tutto questo tesoro futuro di energia pulita non tengono conto gli obiettivi al 2030 dello stesso Pniec, evidentemente, secondo l’orizzonte stabilito dall’Ue. E dunque, su questo fronte l’Italia mantiene fermo l’obiettivo di rinnovabili già fissato nella bozza di documento elaborata un anno fa, ma riduce nettamente le emissioni pur non centrando in pieno l’obiettivo fissato a Bruxelles, e lo fa puntando molto di più sui biocarburanti, un aumento non significativo di utilizzo dell’auto elettrica e promesse più generose sul fronte della riqualificazione e dell’efficientamento energetico dell’edilizia pubblica e privata, anche con la spinta delle pompe di calore e teleriscaldamento, grazie a un nuovo sistema di detrazioni ancora da definire nei dettaglio. Così il nostro Paese intende raggiungere nel 2030 una quota di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia pari al 39,4%.

Più nel dettaglio, tale quota di copertura dei fabbisogni da Fer è del 34% in ambito trasporti, del 36% su riscaldamento/raffreddamento, del 63% sul totale previsto di consumi finali del settore elettrico, del 54% rispetto al totale dell’idrogeno usato nell’industria. Si tratta di «un’opportunità di sviluppo senza preclusioni» per il ministro Pichetto. Una strategia in cui «serve il nucleare in Paesi come l’Italia dove non c’è molto spazio» per la realizzazione di grandi impianti eolici e fotovoltaici», dice Marco Alverà, fondatore e ad di Zhero e Tes.

L’EFFICIENZA

Quello dell’efficienza energetica degli edifici sembra assumere un ruolo maggiore nel documento definitivo inviato all’Ue. Ma non ci sono indicazioni precise sulle modalità per raggiungere certi target ambiziosi tra incentivi e detrazioni. È scritto però chiaramente quanto sia importante «una maggiore cooperazione istituzionale tra le diverse amministrazioni nazionali e locali competenti sul tema dell’interazione tra misure per la povertà energetica, politiche abitative ed efficientamento nell’edilizia pubblica e privata diventa ancora più evidente». Non a caso il confronto avviato in seno all’Osservatorio nazionale per la povertà energetica va anche in questa direzione. E vanno superate, dice il Mase, «le criticità nella raccolta dei dati e nella mappatura delle situazioni locali derivanti dall’incompletezza ed elevata eterogeneità delle banche dati operative, regionali e locali».

I BIOCARBURANTI

L’Italia spinge poi su carburanti rinnovabili di origine non biologica (anche quando usati come intermedi per la produzione di carburanti tradizionali) e sui carburanti da carbonio riciclato. In questo caso obbligo cresce dalla quota del 10% del 2023 al 16% del 2030. Non solo. L’utilizzo sarà obbligato per la Pubblica amministrazione.
 

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