Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado nei confronti di un medico per il reato di violenza sessuale, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 30 settembre 2024, n. 36342 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui nessun consenso “informato” sull’esecuzione della manovra incriminata, consistente nell’introdurre le dita nella vagina della donna, era necessario – ha ribadito il principio secondo cui certamente il medico, nell’esercizio della sua attività, può compiere atti invasivi della libertà sessuale del paziente che siano necessari a fini diagnostici o di cura, ma a una condizione ben precisa, ossia – laddove non si versi in una situazione di stato di necessità – l’aver preventivamente acquisito il consenso, esplicito e informato, da parte del paziente stesso.
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