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VIBO VALENTIA Concorso esterno e abuso d’ufficio aggravato. Queste le accuse mosse nei confronti dell’ex sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, tra gli imputati del processo scaturito dalla maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta vibonese denominata “Rinascita Scott“. Per lui la Dda aveva invocato una pena a 18 anni di carcere, mentre il Collegio giudicante ha ritenuto di doverlo assolvere da tutte le accuse. La sua posizione e la decisione dei giudici è contenuta nelle motivazioni della sentenza, depositate nelle scorse ore.

Le accuse

Secondo l’accusa, Callipo sarebbe stato in diretto contatto con i vertici del sodalizio criminale operante a Pizzo (in particolare, la famiglia Mazzotta) e a San Gregorio d’Ippona (clan Razionale – Gasparro). E proprio in cambio di favori ai clan, gli inquirenti hanno ritenuto l’ex sindaco destinatario di sostegno nelle elezioni comunali del giugno 2017. Uno dei capi di abuso d’ufficio aggravato è stato contestato in concorso con Maurizio Fiumara amministratore unico della società “Cts Costruzioni Sud spa” della quale l’ex sindaco era socio. A settembre 2017, avrebbero acquisito illecitamente, in seguito a un accordo con Francesco Isolabella e i soci occulti Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, la struttura turistico-alberghiera denominata “il Mocambo”. Dopo l’arresto è stato sciolto il consiglio comunale della città di Pizzo.

La valutazione dei giudici

A parere del Collegio, la valutazione degli elementi presentati dall’accusa non consente di raggiungere nei confronti dell’imputato, in relazione al delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, «la soglia probatoria necessaria ai fini di una pronuncia di condanna, dovendo pervenirsi, pertanto, nei suoi confronti ad una sentenza assolutoria». Per i giudici, emerge «senza dubbio una condotta tutt’altro che trasparente da parte dell’imputato che ha mostrato di acconsentire a contatti e rapporti con esponenti della consorteria criminale (in primis con Mazzotta Salvatore Francesco), verosimilmente anche con l’intento di ottenerne il consenso in vista delle consultazioni elettorali». Tuttavia, sottolinea il Collegio nel motivare l’assoluzione, «la prova all’esito dell’istruttoria dibattimentale appare insufficiente, non avendo consentito di individuare lo specifico e consapevole contributo causale che Callipo avrebbe fornito alla consorteria». (f.b.)

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