diRebecca Luisetto
Due anni e 9 mesi al militante del Cln. L’avvocato difensore: doveva essere assolto
La giustizia italiana non ha dato ragione al venetista Franco Finozzi: il giudice di Vicenza ha deciso di accogliere la condanna proposta dal pubblico ministero Paolo Fietta. Anzi, l’ha aumentata di un mese. Per il militante del «Comitato liberazione nazionale veneto» (Clnv) è stata decisa una condanna di 2 anni e 9 mesi, oltre ad una multa pari a 5.900 euro e il pagamento di tutte le spese processuali (2 anni e 8 mesi di pena e 6.000 euro di multa era stata la proposta del pm nella scorsa udienza).
In attesa delle motivazioni
Finozzi è quindi stato riconosciuto responsabile di sei capi di imputazione su otto totali per i reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, riciclaggio e indebita percezione di erogazioni pubbliche. L’avvocato della difesa Stefano Marchesini, del foro di Verona, aveva invece richiesto per il suo cliente l’assoluzione da ogni accusa. «Ora aspetteremo le motivazioni del giudice in merito a questa sentenza – ha dichiarato Marchesini – che verranno depositate in 90 giorni. Poi decideremo il modo in cui procedere. Se ci saranno degli elementi che riterremo validi per l’appello allora procederemo».
I rami d’azienda
Il caso di Finozzi è nato da un’indagine condotta dalla guardia di finanza di Schio, sotto il coordinamento della procura di Vicenza. I militari avevano approfondito la posizione dell’imprenditore di Malo, a capo dell’azienda «Modelleria Meccanica Veneta», che era riuscito ad evadere le tasse per una cifra che superava i 620.000 euro attraverso un complesso meccanismo. L’attività criminale, secondo i militari, era avvenuta in concorso con i familiari (i figli e la compagna), alcuni prestanome e il coinvolgimento di tre professionisti, nello specifico un avvocato e due consulenti fiscali. Proprio uno di questi due consulenti era stato il creatore del «metodo anguilla», un modus operandi pensato appositamente per evitare il pagamento delle imposte. In particolar modo, secondo quello che era stato appurato dalle indagini delle fiamme gialle, era stato architettato un meccanismo di spostamenti di rami d’azienda e di denaro dalla società originaria, che aveva a suo carico diversi debiti, e altre due società neo-costituite che invece non avevano alcuna questione aperta con il fisco.
Il denaro dell’imprenditore
Durante le verifiche, inoltre, i militari si erano resi conto che molto denaro del conto corrente dell’imprenditore era stato spostato su conti esteri per essere poi reintrodotto nei conti italiani, evitando così il pagamento delle tasse. Non da ultimo era stato scoperto che 35.000 euro circa nelle disponibilità di Finozzi erano stati da lui percepiti come contributi «a fondo perduto», pur non avendone alcun diritto. Nel dicembre del 2022 l’imprenditore maladense, insieme al suo consulente finanziario, era stato sottoposto agli arresti domiciliari, altri 8 indagati avevano ricevuto il divieto di esercitare determinate attività e nel frattempo era stato eseguito un sequestro preventivo da 1,4 milioni di euro.
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