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Reticenze, utilizzo dei soldi della Regione per la sanità privata e i “favori” ai vertici: i dettagli dell’inchiesta che vede tra gli indagati anche l’assessore Giovanna Volo.

Come è potuto accadere che per quasi un decennio una clinica privata abbia trovato posto all’interno di una struttura ospedaliera pubblica, pur non avendo i requisiti minimi per esercitare in ambito sanitario? È la domanda che sta sullo sfondo dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato alla notifica di alcune misure cautelari – il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione – nei confronti di alcuni dei protagonisti dell’esperienza NemoSud a Messina, il centro specializzato nelle attività di riabilitazione neurologica, che dal 2012 al 2021 ha trovato posto all’interno del Policlinico.

Una realtà che nel corso del tempo ha portato nella città dello Stretto molti pazienti affetti da gravi malattie, come la Sla, e che tre anni fa ha chiuso i battenti suscitando polemiche e malumori di quanti riconoscevano l’importanza delle terapie offerte in una struttura che per raggiungerla, una volta tanto, non si doveva oltrepassare lo Stretto.

Inchiesta NemoSud, interessi privati nella sanità

Dietro a quella realtà, però, si sarebbe palesato l’ennesimo sfruttamento della cosa pubblica a favore degli interessi economici privati. Al centro dell’inchiesta della Procura messinese ci sono i rapporti tra le figure che negli anni si sono alternate ai vertici dell’azienda sanitaria e la Fondazione Aurora, costituita nel 2011 su iniziativa di Telethon, Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofoica, Università di Messina e Policlinico, e che ha avuto nel pavese Mario Giovanni Melazzini e nel milanese Alberto Fontana i presidenti.

Rapporti verso i quali la Regione Siciliana avrebbe avuto un atteggiamento duplice: da una parte non avrebbe mai dato il “la” agli iter necessari per rendere legittima l’attività di NemoSud, dall’altro avrebbe continuato a finanziare la stessa anno dopo anno.

Mancato accreditamento

Il principale nodo della vicenda, in cui è coinvolta anche l’attuale assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, per qualche tempo direttrice sanitario del Policlinico di Messina, riguarda l’assenza dei requisiti che il centro NemoSud avrebbe dovuto possedere per pensare di operare all’interno del sistema sanitario regionale. “La normativa fondamentale è dettata dal d.lgs. 502/1992 – si legge nell’ordinanza della gip Claudia Misale – L’esercizio dell’attività sanitaria da parte di soggetti privati presuppone un percorso autorizzativo che prende il nome di sistema delle tre A”. Ovvero: autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali.

Nel caso di NemoSud, le attività all’interno del Policlinico sarebbero avvenuti con accordi tra le parti nonostante nessuno dei tre passaggi fondamentali fosse stato percorso. E nonostante, ai tempi in cui ai vertici del dipartimento Pianificazione strategia dell’assessorato regionale alla Salute c’era la futura assessora Lucia Borsellino, dalla Regione avessero messo in guardia dai profili di illegittimità.

“Non poteva ritenersi estensibile l’accreditamento provvisorio di cui gode il Policlinico di Messina al centro Nemosud, trattandosi di una struttura gestita da un ente privato, benché questo operasse in regime di convenzione con l’ente pubblico (stipulata, tra l’altro, senza coinvolgimento della Regione Sicilia) e in sinergia con una struttura pubblica – si legge nell’ordinanza – Neppure il rapporto tra Policlinico di Messina e centro NemoSud poteva essere qualificato come sperimentazione gestionale, in quanto non era stato rispettato il procedimento per l’autorizzazione e l’adozione del programma”.

A denunciare per primo i fatti alle autorità inquirenti è stato un professore di Medicina fisica e riabilitativa dell’Università di Messina. Nella denuncia venivano segnalate una lunga serie di irregolarità nella gestione del centro Nemosud al centro dell’inchiesta, che dal Policlinico aveva ricevuto la concessione a titolo gratuito per trent’anni del padiglione B. Tra i rilievi c’era anche quello di avere affidato gli spazi alla realtà privata, nonostante nel 2011 fosse stato previsto che all’interno del Policlinico venissero attivati 32 posti letto per neuroriabilitazione e unità riabilitative intensive, che però mai realmente avevano visto la luce.

“Si sarebbe realizzata una sostanziale sottrazione di risorse pubbliche, ovvero spazi, posti letto destinati alla riabilitazione e relativi introiti, a vantaggio di un ente di natura privatistica”, viene riassunto nelle carte dell’inchiesta.

Inchiesta NemoSud, soldi dalla Regione e favori

La parte più eloquente delle indagini riguarda Giuseppe Vita, all’epoca dell’avvio dell’esperienza NemoSud dirigente dell’unità operativa complessa di Neurologia. Vita, infatti, è accusato di essere stato il reale fautore delle forzature necessarie a dare avvio alle attività del centro della Fondazione Aurora. Un contributo che non sarebbe stato a titolo gratuito: per la Procura di Messina, infatti, il medico, oltre ad avere avuto compensi diretti dal centro NemoSud, avrebbe ottenuto anche l’assunzione del figlio come medico e della nuora come responsabile del settore di ricerca finanziamenti. Contratti di lavoro che nei nove anni di attività avrebbero fruttato alla coppia stipendi per oltre 650mila euro.

A metterci i soldi, anno dopo anno, sarebbe stata tuttavia la Regione: l’Assessorato, infatti, nel corso delle tre convenzioni stipulati da Policlinico e centro NemoSud, avrebbe sborsato annualmente i fondi necessari a garantire le attività sanitarie. Un fatto questo che pone sotto la lente d’ingrandimento il meccanismo a monte delle assunzioni: effettuate come se si trattasse di un soggetto privato, e dunque senza concorso, ma di fatto garantite dalle risorse pubbliche.

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La commissione ispettiva

Nel corso degli anni in cui a governare la Sicilia era la giunta guidata da Nello Musumeci, la Regione – per decisione dell’allora assessore Ruggero Razza – nominò una commissione di verificare degli atti propedeutici all’avvio delle attività del centro NemoSud. I componenti di quell’organismo sono stati ascoltati dagli investigatori, portando gli inquirenti a tracciare un giudizio non lusinghiero del contributo dato alle indagini: “Le dichiarazioni rese, probabilmente in parte reticenti per il timore di responsabilità in capo agli organi della Regione (quantomeno di natura contabile, per la dazione continuativa di un rilevante flusso di denaro pubblico che confluiva a una struttura privata) presentano diversi profili di contraddittorietà”, si legge nell’ordinanza.



 

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