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Sono momenti di sconforto e rassegnazione, con tanto di polemiche a sfondo politico che riguardano la grande occasione persa: quella del finanziamento andato in fumo di circa 45 milioni, soldi che sarebbero serviti a realizzare la nuova rete idrica ad Agrigento. Infrastruttura che per molti sembra una chimera, un desiderio irrealizzabile, qualcosa di cui si parla da anni ma che rimarrà inesorabilmente un miraggio come l’aeroporto. In un simile contesto ecco che irrompe la voce di Roberto Di Mauro, agrigentino, attuale assessore regionale all’energia e ai servizi sociali, che delinea uno scenario assai diverso e più confortante: “E’ necessario fare chiarezza – ha detto – e ne approfitto per dare alcune buone notizie che allontanano questo immotivato clima di negatività in riferimento alla rete idrica agrigentina”.

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Partiamo dal finanziamento di 45 milioni di cui si parla tanto. Perché l’operazione non è andata a buon fine?

Il progetto da 45 milioni della rete idrica agrigentina venne finanziato alla fine del 2021 quando Miccichè era già sindaco e quando il governatore della Sicilia era Nello Musumeci. Denaro disponibile e somme concesse ad Aica, l’Azienda idrica comuni agrigentini, che ha regolarmente espletato la gara d’appalto con una ditta che ne è poi risultata aggiudicataria. C’era però una scadenza troppo ravvicinata: bisognava completare i lavori entro la fine del 2023. Un tempo davvero stringato se si considerano le varie fasi di un progetto così complesso, dagli aspetti puramente burocratici al vero e proprio atto pratico. In appena 2 anni, insomma, si doveva completare un’opera sontuosa. Tant’è che, come prevedibile, non si è riusciti a rispettare la scadenza. Anzi, i lavori non sono neanche cominciati. Essendo un finanziamento ottenuto con i cosiddetti Fondi sociali europei, strettamente legati al rispetto dei termini temporali, purtroppo non è stato possibile sfruttarlo. Personalmente, e in tutta onestà, devo ammettere che già sapevo che la rete idrica non si poteva mai realizzare in tali condizioni. Impossibile terminarla entro il 31 dicembre 2023. Ma non è stato tutto inutile. Non si può non tenere conto di questo pregresso, seppur incompiuto. E infatti oggi ho avuto modo di giustificare l’interesse e a continuare a tenere vivo il progetto.

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E adesso cosa succede? Perché lei sostiene che l’idea della rete idrica rimane in piedi?

Non solo rimane in piedi, ma si realizzerà. Il progetto esiste ancora, c’è un contratto firmato che nessuno ha intenzione di cancellare o portare a contenzioso. La nuova opportunità che oggi ci troviamo davanti si chiama Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Si tratta del principale strumento del governo italiano di finanziamento e attuazione delle politiche di riduzione degli squilibri economici e sociali sul territorio nazionale. Raccoglie risorse nazionali aggiuntive, da sommarsi a quelle ordinarie e a quelle comunitarie e nazionali di cofinanziamento. Oggi questo fondo mette a disposizione 6 miliardi e 680 milioni di euro per vari interventi. Tra questi, giusto per fare un esempio emblematico, c’è anche la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. E c’è anche una voce specifica che riguarda la rete idrica ad Agrigento. Insomma i soldi per farla ci sono, il nuovo decreto sarà firmato a Palermo entro fine mese alla presenza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Per realizzare la nuova rete idrica, a quel punto, ci sarebbero ben 6 anni di tempo. Ma ne basteranno 3 (come previsto dal capitolato) per fare in modo che sia realtà. Non sto parlando di ipotesi, la notizia è ufficiale: grazie ai fondi Fsc siamo tornati in corsa per avere la nostra infrastruttura. Sono progetti che riguardano non solo la Sicilia. Sono complessivamente 16 ed il primo ad essere presentato si riferisce alla regione Liguria. Ma cammineranno di pari passo e saranno presentati, per la firma con il presidente Meloni, tutti insieme.

C’è il rischio di fallire ancora una volta?

“Io non voglio dare colpe a nessuno per quanto è accaduto in precedenza. Bisogna ammettere che le procedure per il bando e tutta la burocrazia hanno causato rallentamenti eccessivi in un lasso di tempo già strettissimo. Messo da parte il passato, ora possiamo contare su contratto, finanziamento sicuro con i fondi Fsc, ditta aggiudicataria e accordo con la Meloni che sarà firmato a giorni. Ma soprattutto un tempo di operatività più ampio e già snellito da tutta quella burocrazia propedeutica che è stata superata con le operazioni già concluse ai tempi del primo finanziamento europeo. A questo punto è vietato fallire. Possiamo già cominciare i lavori tra 2 mesi”.

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Eppure il finanziamento precedente è annoverato da vari schieramenti politici come un fallimento…

“Sono maldicenze a scopo elettorale. Il Comune di Agrigento non ha colpe. L’Aica ha fatto la sua parte e io come assessore ho un’intesa con il presidente Schifani per dare ad Agrigento la sua rete idrica. Appena vista la voce legata al progetto agrigentino Schifani è stato chiarissimo: bisogna assolutamente considerarla una priorità”.

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E per fronteggiare l’emergenza attuale?

La Regione, ricordiamolo, ha costituto una cabina di regia per affrontare la siccità sia per quanto riguarda il consumo umano che per le attività di irrigazione. Si tratta di un’emergenza riconosciuta dallo Stato per rigenerare i pozzi e per effettuare riparazioni. Questa iniziativa è stata accompagnata anche dall’indicazione di ben 90 milioni di euro inseriti sempre nel Fondo per lo sviluppo e la coesione. In Sicilia è prevista l’installazione di moduli di dissalazione a Porto Empedocle, Gela e Trapani. Si faranno in questi luoghi perché esistono già dei dissalatori, seppur non funzionanti e danneggiati dai vandali. Si tratta di utilizzare il metodo della canalizzazione sfruttando la rete idrica già esistente che conduce a questi impianti. Basta quindi installare dei moduli aggiuntivi per utilizzare l’acqua del mare ed incrementare così la portata generale. Un soluzione tampone che darà certamente i suoi benefici.

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E il comparto agricolo?

Io mio occupo anche della gestione delle dighe ed in provincia di Agrigento disponiamo della diga Castello per uso promiscuo, del lago Gorgo e del lago Arancio per uso esclusivamente irriguo. Sono riuscito a fare approvare 3 progetti inserendo altrettante voci sempre nel Fondo per lo sviluppo e la coesione: 20 milioni per la diga Castello, 18 milioni per il lago Gorgo e 3 milioni e 800 mila euro per il lago Arancio. Insomma abbiamo messo a sistema un processo che riguarda esclusivamente l’irriguo. Non è immediato, ma sicuramente ha dalle grandi potenzialità ed è stato condiviso dall’ufficio dighe di Roma. Quindi possiamo già andare in gara e tutto ciò rappresenta un’ulteriore prospettiva in termini di miglioramento”.

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