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CATANIA – Nel 2023 sono stati usati giusto diecimila euro. Chissà che il 2024, ancorché già quasi a metà, non sia l’anno giusto per spendere i soldi che restano. Cioè 190mila euro per aggiornare gli studi propedeutici al Pug (Piano urbanistico generale).

La definizione ufficiale non lascia spazio a molte interpretazioni: il Piano urbanistico generale “è lo strumento di governo del territorio comunale”. Serve, cioè, a stabilire il futuro dell’urbanistica e dell’edilizia delle città.

Cos’è il Pug

È, in altri termini, l’erede del Piano regolatore generale (Prg) e Catania sa bene quanto ne ha bisogno. Soprattutto considerando che il Prg attualmente in vigore nel capoluogo etneo è stato approvato nel 1969, cioè 55 anni fa. Più di mezzo secolo è un’eternità, in termini di sviluppo di un territorio.

Nei giorni scorsi, i lavori della giunta municipale hanno riguardato proprio il Pug: una semplice rimodulazione dell’impegno di spesa. Tra le pieghe di questa decisione, però, sta il destino della città, in termini di progetti per l’avvenire.

La pianificazione urbanistica

Nel 2019, la vecchia amministrazione comunale aveva compiuto il primo passo verso un nuovo piano regolatore. Erano state approvate, tra gli applausi dell’aula consiliare, le direttive del futuro prg. Le linee guida a cui Palazzo degli elefanti avrebbe dovuto attenersi.

Un anno dopo, ad agosto 2020, la Regione Siciliana aveva cambiato le carte in tavola. Approvando la nuova legge regionale contenente le “norme per il governo del territorio”. E, di conseguenza, rendendo obsoleto il concetto di Prg.

Dopo tanto lavoro, era di nuovo tutto da rifare. O, quantomeno, da aggiornare. Nel 2021 da Palermo avevano cominciato ad arrivare i decreti attuativi della norma, le circolari destinate agli uffici tecnici, i requisiti per ottenere i contributi regionali per la redazione dei Pug.

Seguendo questo percorso, a settembre 2021 il Comune di Catania dà mandato alla direzione Urbanistica di cominciare a lavorare agli studi disciplinari. E di affidare gli incarichi di progettazione per l’aggiornamento dei documenti già esistenti.

Gli studi da aggiornare

C’è da pensare all’assetto idrogeologico e geomorfologico del territorio, alle sue caratteristiche agricolo-forestali, alle condizioni demografiche, economiche e sociali. C’è insomma, da pensare alla città nel suo complesso. O da adattare alle nuove regole quello che era stato fatto.

In totale, nel 2021, il municipio stima che per fare tutto – incluso lo studio sulla Valutazione ambientale strategica (Vas) – servano circa 200mila euro. Una parte, 52.500 euro, arriveranno da un contributo regionale. Il resto, saranno fondi comunali.

Alla fine del 2022, i 200mila euro finiscono in un fondo pluriennale vincolato allo scopo: quei soldi serviranno alla redazione del Pug e a nient’altro, a partire dal 2023. Nell’anno appena trascorso, però, di spese per la pianificazione urbanistica del territorio il municipio non ne fa.

O meglio, il Comune tira fuori giusto diecimila euro per i Piani integrati. Cioè i grandi progetti, inzialmente da finanziare con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che davvero dovrebbero servire a cambiare il voto del capoluogo etneo.

I soldi inutilizzati

Di altre somme spese non c’è traccia. E lo certifica, adesso, una delibera della giunta comunale. A febbraio di questo mese, infatti, l’Urbanistica ricostituisce il fondo pluriennale vincolato, stavolta con riferimento al 2024. Mettendoci dentro “la somma rimanente di 190mila euro non utilizzata nell’anno 2023“.

Sindaco e assessori, pochi giorni fa, approvano, quindi, la rimodulazione di somme che erano già state previste nel 2021. E che sono, tranne diecimila euro, ancora lì. Intatte, tre anni dopo.

Il cronoprogramma realizzato dalla Regione Siciliana per definire i tempi del Pug parla chiaro: dopo la trasmissione al dipartimento regionale dell’Urbanistica del “documento preliminare” e l’ottenimento del “parere di procedibilità” da parte degli uffici palermitani, ci vogliono almeno due anni per l’approvazione del piano urbanistico generale.

Ma a Catania l’iter è ben lungi dal cominciare. Bisogna, intanto, riuscire a spendere i soldi già messi da parte tre anni fa.

 

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