L’AQUILA – L’Abruzzo è la regione delle occasioni perdute nella spumantizzazione. Si è aperta con questo leit motiv, ieri al relais Magione Papale, Abruzzo in Bolla alla Cieca, la degustazione di sette spumanti metodo classico, tappa di avvicinamento alla seconda edizione di Abruzzo in Bolla, la manifestazione organizzata da Virtù Quotidiane con il patrocinio del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo, che si svolgerà all’Aquila il prossimo 13 settembre, ancora una volta per dare un palcoscenico al mondo delle bollicine abruzzesi.
Quella affermazione ripetuta in principio quasi con amarezza dai relatori, Leonardo Seghetti, Antonio Paolini e Andrea De Palma, che ieri hanno guidato la degustazione a bottiglie coperte, servita dai sommelier Ais L’Aquila, è stata di fatto scardinata dai calici avvinati da prodotti di qualità, frutto di un lavoro attento, consapevole di produttori che al contrario con le bollicine non si stanno lasciando sfuggire una opportunità di attirare un mercato sempre più voglioso di effervescenza.
La storia delle bolle in Abruzzo è tutt’altro che recente e “ha radici profonde”. A dirlo è stato il professor Leonardo Seghetti, uno degli esperti che ha condotto la masterclass. Come sempre supportato da carte e documenti, il professore ha evidenziato come le prime testimonianze risalgono al 1857, “quando un avvocato aquilano parlava della valorizzazione dei vini attraverso le bollicine”. A suffragare ulteriormente la tesi anche dei diplomi conquistati in concorsi da spumanti prodotti tra Tortoreto e Alba Adriatica. È vero che poi bisogna attendere più di un secolo per ritrovare il primo vero spumante, con Faraone, nel 1983. Ma da lì la storia è stata un crescendo.
La degustazione alla cieca, di fronte a una platea di giornalisti, produttori, enologi e appassionati, si è sviluppata tra sette vini. Tutti metodo classico. Cinque sono abruzzesi: il primo, Martina Biagi, di Biagi Vini, lo spumante più giovane di tutti, un blend di pecorino al 45%, passerina al 40 e chardonnay al 15. Il secondo è stato il Metodo Classico Brut 2020 di Eredi Legonziano, a base di montonico, passerina e pecorino. È stato uno degli spumanti abruzzesi del panel che con la sua persistenza spiccata ha convinto di più il parterre. Il quarto è stato il Fenaroli di Citra, extra Brut, con la sua bolla ampia. Il sesto, Anna di Centorame, la bolla dosaggio zero che ha conquistato la platea. Cento per cento pecorino, sui lieviti 50 mesi. Infine Faraone, passerina al 100 per cento.
Nella lista fuori sacco due extra regione. Il terzo era il Berlucchi 61, un Franciacorta extra brut, chardonnay all’85 per cento e pinot nero al 15. E il quinto un Trento doc: Maso Martis Blanc de Blancs Brut, cento per cento Chardonnay.
“Al fianco delle cinque bolle abruzzesi c’erano due intrusi di valore”, ha detto il giornalista enogastronomico Antonio Paolini, “dalla Franciacorta e dal Trentino, scelti per analogia e qualche assonanza, ma anche per distanza e diversità nella collocazione sui mercati nazionali e internazionali. La partita è stata giocata dagli abruzzesi con un risultato che non ha messo in crisi la squadra di casa, che al contrario ha fatto una fantastica figura”.
“Abruzzo in Bolla ha smosso le acque per le possibilità della regione nella spumantistica”, ha analizzato il giornalista enogastronomico De Palma. “Sono emerse le potenzialità dei produttori, ma soprattutto del territorio e dei vitigni, ed è emerso un Abruzzo che non ha nulla da invidiare a nessuno”. Ed è vero che con i due fuori sacco, prodotti in due delle zone storicamente vocate in Italia per la spumantizzazione, nessuno degli abruzzesi ha sfigurato. Dall’aspetto visivo, all’olfatto, al gusto, tutti erano convincenti, di carattere, coerenti con il territorio regionali e adatti ad incontrare i diversificati gusti del mercato.
Lodevole anche l’approccio con cui i produttori, presenti in sala, si sono avvicinati alla degustazione. Senza competizione, con spirito goliardico (simpatico il presidente di Eredi Legonziano Carlo Di Campli Finore, che al suo vino ha dato 33 di punteggio con 11 per gusto, olfatto, e vista, sulla scala da zero a 10), ma anche di confronto costruttivo, sebbene siano emerse le differenze di pensiero, specie tra chi produce solo metodo classico e chi invece ha scelto anche di puntare sul metodo italiano, sposando il marchio collettivo Trabocco.
“È stato un evento di valore assoluto”, ha commentato il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, “che riprova che la spumantistica d’Abruzzo non solo è presente, ma ha tutte le caratteristiche per avere un grandissimo futuro. Un Abruzzo in Bolla che ci parla di metodo classico, ma anche italiano, per dare un’offerta più ampia della nostra enologia regionale”.
E dopo la degustazione “tra il serio e il faceto”, come ha evidenziato il direttore di Virtù Quotidiane, Marco Signori, “che è stata un’occasione di avvicinamento al mondo della spumantizzazione, l’appuntamento è per il 13 settembre con la seconda edizione di Abruzzo in Bolla, che replicherà con contenuti più ricchi, masterclass, degustazioni e talk anche per un confronto con le principali aree vocate nella spumantizzazione in Italia”.
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