diAlfio Sciacca
Accertamenti bancari sul killer. L’amica: lei faceva lavoretti per arrotondare, si sentiva soffocata. In casa liti e urla
NUORO – «Da un po’ di tempo lei faceva anche dei lavoretti: ricamava, vendeva prodotti alle erbe e altro ancora. Insomma, si dava da fare per integrare lo stipendio del marito». A parlare al Corriere è una vecchia amica di Giusi Massetti, ancora sotto choc. «Quel giorno, quando ho saputo che avevano sparato in via Ichnusa le ho mandato un messaggio per chiederle cosa fosse successo. Non potevo immaginare che fosse capitato proprio a lei».
La donna non riesce ancora a spiegarsi il perché di «quel gesto folle» di Roberto Gleboni e non ha voglia di aggiungere altro. Ma da quel poco che dice arriva la conferma che nella famiglia in cui si è consumata la strage la situazione non era idilliaca. Anche dal punto di vista economico. Tempo fa avevano venduto la casa ereditata dai nonni di Giusi. Il motivo: avevano bisogno di una stanza in più per i figli. E così erano andati in affitto in via Ichnusa, magari in attesa di comprare una casa più grande. Ma che fine avevano fatto i soldi della vendita? E questo potrebbe aver aumentato la conflittualità all’interno della coppia? Interrogativi che si pongono anche gli inquirenti, che hanno già avviato degli accertamenti bancari e patrimoniali su Gleboni, per capire che fine aveva fatto il denaro della vendita e se aveva dei debiti.
L’aspetto economico potrebbe aver ulteriormente accentuato le tensioni all’interno della coppia. Diversi testimoni hanno confermato l’ossessione per il controllo da parte di Gleboni. Dall’altra parte Giusi Massetti pare si sentisse sempre più soffocata dal fatto di non avere, nonostante quel che racimolava con i lavoretti, un’autonomia economica per le esigenze sue e della famiglia e dovesse dipendere dal marito. La tensione tra le mura domestiche era sfociata in altre liti, precedenti a quella avvenuta il giorno della strage. Tre settimane prima qualcuno li aveva sentiti urlare, tanto che alcuni vicini stavano per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. C’è chi azzarda che lei gli abbia chiaramente detto che «non sopportava più quel tipo di relazione».
Liti che possono esserci in qualunque famiglia ma che, alla luce di quello che poi è successo, erano dei chiari campanelli di allarme ai quali, però, nessuno poteva obiettivamente prestare attenzione. Giusi, infatti, non aveva mai presentato alcuna denuncia, non si era rivolta ad un centro antiviolenza e non ne aveva parlato compiutamente neppure con le amiche di una vita. Come se anche lei fosse vittima di una sorta di «trappola delle apparenze» che la portava a difendere il buon nome e l’immagine della famiglia e del suo stesso marito.
Quanto sta emergendo sulla coppia fa particolarmente impressione se accostato ai primi risultati dell’autopsia, proprio sul cadavere di Giusi. Il medico legale ha riscontrato che è stata raggiunta da quattro colpi di pistola. Due alla tempia e due al torace, mentre la figlia Martina è stata uccisa con un solo colpo alla testa. A dimostrazione che Gleboni si è accanito proprio sulla moglie, che reclamava maggiori spazi di libertà e di autonomia economica.
Una strage che, comunque, lascia ancora senza parole. Come senza parole erano le circa duemila persone che ieri hanno sfilato e pregato nella fiaccolata per le vie di Nuoro.
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