Omicidio di Anica, anche il Riesame dice “no” alla scarcerazione di Franco Battaggia #finsubito prestito immediato

Il Tribunale del Riesame ha respinto il ricorso presentato dal difensore, l’avvocato Fabio Crea, che puntava all’annullamento dell’autopsia su Anica Panfile e la revoca della misura cautelare dell’arresto per Franco Battaggia. Il 77enne imprenditore ittico titolare della notissima pescheria “El Tiburon” di Spresiano è in carcere da circa 10 mesi accusato dell’omicidio della 31enne di origine romena trovata morta sul greto del Piave a Spresiano il 21 maggio del 2023.

Nel ricorso Crea aveva riproposto ai giudici della Libertà di Venezia le stesse motivazioni contenute nell’istanza che l’avvocato aveva già presentato al gip Carlo Colombo la scorsa estate: l’esame autoptico sulla 31enne romena doveva tenersi con la presenza di un consulente nominato da Battaggia. «La giurisprudenza è sul punto molto chiara – era scritto nel ricorso – anche la persona su cui esistono consistenti sospetti, per quanto non ancora indagato, ha il diritto di nominare un consulente che partecipi all’esame». Prima il giudice per le indagini preliminari e poi Riesame non hanno aderito alla tesi. Ora alla difesa non resta che affidarsi sul giudizio della Corte di Cassazione.

Ovviamente prima di presentarsi davanti alla Suprema Corte il legale di Battaggia (nei suoi confronti è già stato emesso il decreto per il processo con il rito immediato che si terrà il prossimo 8 novembre) dovrà verificare le motivazioni. E’ infatti possibile che i giudici, più che sull’esame autoptico, abbiano deciso sulla base di una memoria scritta fatta pervenire dalla Procura e nella quale si chiedeva la conferma del carcere in quanto sarebbe presenti fondati indizi di colpevolezza.

Solo le risultanze medico legali che avvaloravano la tesi della morte violenta indirizzarono la Procura verso l’individuazione del possibile responsabile, tra cui anche Franco Battaggia, l’ultima persona ad aver visto viva la vittima il 18 maggio nella sua casa di Arcade. Quando venne condotto il post mortem sulla Panfile l’ipotesi di reato era quello di induzione al suicidio, peraltro nei confronti di ignoti. Il “re del pesce”, come è conosciuto il 77enne, non fu l’unico ad essere “attenzionato” dagli investigatori. Al vaglio degli inquirenti vi furono anche le posizioni di Luigino De Biase, compagno di Anica a cui infatti venne sequestrato il telefonino, di Vasile Lungu, l’ex marito che era stato querelato dalla Panfile per minacce e nei confronti del quale si sarebbe dovuta tenere una udienza pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere della donna sul greto del Piave a Lovadina e un albanese che vantava un credito nei confronti della 31enne e che nel 2019 si era recato sotto casa sua per minacciarla. E anche i due titolari di un noto albergo in provincia di Padova in cui Anica, come confermato da alcune amiche, si recava per prostituirsi.

L’autopsia, è però la tesi dell’avvocato Crea, si sarebbe dovuta tenere con la presenza di un consulente nominato dall’imprenditore veneziano. Battaggia infatti, il 24 maggio dell’anno scorso quando fu compiuto l’esame, non era in realtà ancora indagato. Ma lo sarà quel giorno stesso, subito dopo l’esito che fa cambiare il capo di imputazione da induzione al suicidio in omicidio volontario.