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Ignorare le fake news sull’auto elettrica è un lusso che non ci si può permettere #finsubito prestito immediato


Iniziare la recensione di un libro, dedicato all’auto elettrica, con l’elenco dei capitoli può anche sembrare un modo comodo, se non pigro, di procedere. In questo caso, però, lo facciamo perché l’elenco in questione potrebbe determinare una situazione paradossale, ma solo nell’improbabile ipotesi che lo si legga senza aver prima visto la copertina…

  1. Vogliono obbligarci a comprare auto costose
  2. Le auto elettriche non sono veramente green
  3. Le batterie sono inquinanti e tossiche
  4. Un favore alla Cina
  5. Le auto elettriche sono pericolose
  6. Ci sono i carburanti alternativi
  7. L’ansia da ricarica
  8. Impossibile un parco auto tutto elettrico

Senza avere ulteriori informazioni, si potrebbe pensare che a scrivere i titoli dei capitoli, e magari tutto il libro, sia un talebano del motore a scoppio, uno che con la sua macchina diesel EURO -2 è capace di produrre nubi tossiche che nemmeno un incidente in una fabbrica chimica… Ovviamente le cose non stanno così, e a rimettere le cose a posto c’è, appunto, il titolo sulla copertina di questo libro scritto da Alessandro Macina (edizioni Dedalo, 196 pag.): “Chi ha paura dell’auto elettrica? Otto fake news alla prova dei fatti”. Dunque, ecco svelato l’arcano: la titolazione riporta le più diffuse fake news sull’auto elettrica, tesi che vengono puntualmente smentite, o meglio ancora rottamate, nello svolgimento dei relativi capitoli.

Un passaggio epocale

L’introduzione del libro contiene, a nostro avviso, un passaggio chiave che sintetizza il complesso momento che sta attraversando l’industria mondiale dell’automobile.

Parlando della sua visita al Museo Mercedes-Benz di Stoccarda, l’autore racconta che “il motore elettrico lo si può vedere scomposto nei suoi pochissimi componenti, a confronto con un moderno motore diesel da un migliaio di pezzi. Una diversità che balza subito all’occhio perché i due motori sono messi proprio uno accanto all’altro. È una differenza ricca di conseguenze, c’è da una parte il salto tecnologico e dall’altra la preoccupazione in termini di posti di lavoro, pensando alle fabbriche e alle migliaia di operai tuttora impiegati nella filiera e nella componentistica legate al motore tradizionale”. Ferma restando, ovviamente, l’esigenza dell’essere umano di spostarsi nel modo migliore, siamo dunque di fronte ad un cambiamento gigantesco che l’amministratore delegato di Ford Italia, Fabrizio Faltoni, non esita a definire “una svolta epocale, paragonabile al passaggio dal cavallo all’automobile”.

E come la storia insegna, ogni passaggio di questa portata non avviene in modo indolore. “L’auto elettrica – si legge nel libro –, che già non godeva di buona pubblicità, è diventata terreno di scontro tra opposte fazioni. Come se essere aperti a questa tecnologia fosse prerogativa di un pensiero politico di centrosinistra, mentre opporsi fosse di destra. Di più, l’auto elettrica è diventata una battaglia simbolo nell’opinione pubblica, la summa di tutte le “follie green” e le “ideologie ambientaliste”, come se quell’oggetto racchiudesse in sé tutto il dibattito che si oppone alla transizione ecologica e al Green Deal”.

In questo contesto il progressivo diffondersi delle fake news sull’auto elettrica rappresenta un passaggio che può dirsi quasi naturale, considerando che viviamo in un’epoca nella quale la diffusione capillare di Internet e quella dei social media la fanno da padrone. “Ogni fake news, come vedremo, è portatrice a cascata di tanti altri falsi miti. Messi tutti insieme, creano un muro quasi inscalfibile di pregiudizi intorno all’auto elettrica, una tecnologia che di fatto in Italia è stata demonizzata”.

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Nessuno shock nel 2035

Relativamente alla prima di queste fake news, che pone nel mirino soprattutto il cosiddetto “bando auto” deciso dall’Unione Europea, con lo stop alla produzione e alla vendita dei motori endotermici a partire dal 2035, l’autore sottolinea come in realtà l’UE non ci sta obbligando a cambiare macchina per quella data, tantomeno ad acquistare un’auto elettrica.

Piuttosto, “aver generato confusione sul 2035, facendo passare il messaggio “non potranno più circolare auto a benzina e diesel” o l’analogo “come facciamo a cambiare tutto il parco auto in pochi anni” non soltanto è stato fuorviante, ma ha creato danni nell’opinione pubblica”.

Quel che succederà fra poco più di un decennio è molto semplice: non spariranno i motori endotermici già circolanti, né verranno messi fuorilegge. L’Unione Europea fa riferimento solo alle nuove auto vendute a far data dal 1° gennaio 2035 che non potranno, appunto, essere dotate di motore endotermico. Al riguardo, ci sono anche delle interessanti previsioni sull’andamento dei prezzi e sul quel che potrà accadere con gli incentivi.

La seconda fake news indica le auto elettriche come causa di inquinamento allo stesso modo di quelle tradizionali. Nell’intero ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime al suo smaltimento – è la tesi –, un veicolo con batteria produce la stessa quantità di CO₂ o persino di più rispetto a un’auto tradizionale. Tesi che viene puntualmente rispedita al mittente, non senza un’analisi puntigliosa della situazione – basata soprattutto sulle conclusioni dall’International Council of Clean Transportation (ICCT) – che culmina con questa considerazione: “Lauto elettrica risulta molto meno inquinante (–37%) anche nel peggior scenario ipotizzato dallo studio, quello con batteria prodotta in Cina da industria alimentata da combustibili fossili e ricarica effettuata in un Paese in larga parte dipendente da fonti fossili”.

Batterie e economia circolare

Altro argomento molto popolare fra i “negazionisti” è quello che descrive le batterie come delle autentiche bombe ecologiche destinate a renderci la vita impossibile con il proliferare della mobilità green. Discorso che però non regge ragionando nell’ottica dell’economia circolare.

“È chiaro che mandare le batterie in discarica non fa bene all’ambiente – si legge nel terzo capitolo –, e infatti non è questo il destino che le attende. Anzi l’Europa si è data per legge l’obiettivo di poter riciclare almeno il 50% dei materiali presenti in ogni batteria entro il 2030. Non una novità, in quanto il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici era previsto già dalla direttiva 2006/66. Dopo l’impiego a bordo di auto, furgoni o altri mezzi, gli accumulatori sono chiamati a una seconda vita (second life) per applicazioni stazionarie pubbliche o private, a supporto di reti elettriche e fonti rinnovabili, per poi venire avviati al riciclo recuperando i preziosi materiali che li compongono”.

Un classico della disinformazione al tempo del Web è quello del “nemico alle porte”. Che ovviamente, parlando di transizione energetica, non può essere che la Cina. “L’accusa principale contro i veicoli elettrici è proprio questa: la transizione nella mobilità non farà altro che avvantaggiare la superpotenza cinese. A danno nostro, italiano ed europeo”.

E qui l’autore osserva che l’Unione Europea deve stare attenta a non passare da una dipendenza, quella dai combustibili fossili, ad un’altra, quella dalle forniture tecnologiche cinesi. Ma questo non è un problema che riguarda lo specifico delle auto elettriche ma tutta l’economia del nostro continente. Che cosa fare? Nel libro si riporta l’opinione del segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma, per il quale serve un investimento che vada verso un consorzio europeo di costruttori capace di reperire risorse straordinarie per il settore, perché la competizione non è più tra Stati ma tra multinazionali residenti in vari Paesi. Ma servirebbe anche un consorzio di produzione e di progettazione su diversi temi: batterie, motore, digitalizzazione, gestione dei dati.

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Ingigantire il pericolo

Nel quinto capitolo si torna a parlare di fake news sulle batterie, questa volta non come bombe ecologiche ma come bombe vere e proprie… Anche in questo caso l’autore approfondisce l’argomento in modo scrupoloso, esponendo le attuale criticità costruttive delle batterie che però già adesso danno luogo ad un numero bassissimo di problemi seri sulle auto. Per il resto, “prendere uno dei tanti video online in cui si incendia un mezzo come un monopattino – di cui non sappiamo nulla, né della sua batteria, né del sistema con cui è stato ricaricato – per mettere in dubbio la sicurezza di tutto ciò che è elettrico non è buona informazione, è clickbaiting, sono contenuti esca che hanno l’unico scopo di raccogliere quante più visualizzazioni possibili in rete. Post e articoli che alimentano paure comprensibili ma irrazionali, non supportate dai fatti e dai dati”.

Confronto Biocarburanti e Impianti Fotovoltaici

Una fake news più “subdola” sulla mobilità elettrica è quella che dipinge un cambiamento alternativo, ovvero la sostituzione di massa dei carburanti tradizionali con altri meno inquinanti, come gli eFuel e i Biofuel. Carburanti alternativi che però hanno limiti ben evidenti, come la loro limitata disponibilità, l’impiego nel motore a combustione interna che è molto più inefficiente di quello elettrico, i costi e l’impatto ambientale complessivo rispetto all’elettrico, legato anche al grande consumo di suolo per produrli. “Per queste ragioni di costi e di efficienza energetica – ha spiega il deputato UE, Jan Huitema – abbiamo detto di no sia ai carburanti sintetici che biologici”. Ciò non toglie che gli eFuel e i Biofuel potrebbero comunque aiutarci nella decarbonizzazione dei settori difficili da elettrificare. Ad esempio nel trasporto pesante a lungo raggio, come quello di aerei e grandi navi.

Autonomia e ricarica elettrica

Più semplice per Alessandro Macina confutare quella che, se vogliamo, è la più basica delle fake news, ovvero che con l’auto elettrica si fa poca strada, nel senso che la carica dura poco e comunque c’è il problema della ricarica. A rispondere in modo inequivocabile ci sono i fatti, con i progressi tecnologici delle batterie che negli anni stanno garantendo autonomia e velocità di carica sempre maggiori, piuttosto che la continua crescita dei punti di ricarica, sia pubblici che privati, ormai sotto gli occhi di tutti.

Infine, l’autore affronta l’ultimo pregiudizio, l’impatto dei veicoli elettrici sulle reti di energia: “Anche dando per buono tutto quello di cui abbiamo parlato finora, ammesso che riusciremo tutti a comprarcela, che potremo disporre di sufficienti punti di ricarica e di una rete capillare, resta aperta una questione: se andiamo in black out con i condizionatori d’estate, cosa succederà con milioni di veicoli in ricarica?”.

Un’obiezione forte? Tutt’altro. Fatto salvo l’auspicabile potenziamento e l’ottimizzazione della rete elettrica italiana ed europea, in realtà la mobilità elettrica non presenta dei picchi di richiesta energetica concentrati in brevi periodi a differenza di altri comparti. Inoltre, grazie alla tecnologia vehicle to grid, più saranno numerose le auto elettriche più potranno contribuire al bilanciamento globale della rete elettrica.



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