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Silvia Veronese, matematica ed esperta di IA “Scoprire una tecnologia utile agli altri è la cosa più bella che possa capitare nella vita” #finsubito prestito immediato


Sta sviluppando un sensore che applicato sulla pelle ti fa le analisi del sangue in tempo reale e in modo continuo. Il potenziale di questa tecnologia è enorme. Applica l’intelligenza artificiale agli human data, trasformando i dati biologici sotto l’epidermide in informazioni utili sulla salute.

Lei è Silvia Veronese, scienziata, matematica, manager, imprenditrice. È tra le 50 donne più influenti del mondo tech. La sua carriera è straordinaria. Ha creato una startup dopo l’altra. Da oltre 20 anni a Palo Alto, in California, ha lavorato con premi Nobel, inventori, professori di Stanford, pionieri. Tra questi Philippe Kahn, l’uomo che ha trasformato gli smartphone in macchine fotografiche e Mike Lynch, l’imprenditore morto nella tragedia del veliero.

E un’intervista con lei è piena di ispirazioni. La sua è una storia piena di passione per le materie scientifiche. «Ho avuto la fortuna di avere un insegnante che credeva in me e me lo dimostrava continuamente davanti a tutti». E di voglia di usare il cervello per aiutare gli altri. La sua ultima avventura è una biotech. Si chiama X10e. «Sono tre simboli matematici a me cari (“e” è considerata la costante matematica più importante, con il p greco, il suo valore è circa 2,71). Punteremo a scoprire il cancro e altre terribili malattie semplicemente con un sensore sulla pelle».

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«Il nostro corpo rilascia circa 30 gigabyte di dati al giorno, ma nessuno li misura completamente. Questi dati si chiamano human data. Sono la nostra descrizione personale in forma di dati. Un millimetro sotto la superficie della pelle ci sono potenzialmente le stesse informazioni che potremmo ottenere da un’analisi del sangue. Stiamo sviluppando una tecnologia che combina l’IA con una metodologia semplice per estrarre questi dati. Siamo all’intersezione tra lo sviluppo di un chip, la biotecnologia che analizza i dati e l’IA. Stiamo creando un modello di LLM che unisce i numeri con i testi. I dati con le loro interpretazioni» .

Al fianco di Silvia Veronese c’è RonJon Nag, professore di medicina a Stanford e luminare nel campo della longevity. I due stanno raccogliendo capitali, hanno avviato una collaborazione con l’università della California e assunto 15 persone. «Il sensore si chiama E-Skin Patch, che sta per Electronic Skin Patch e sarà destinato ai medici. Vogliamo offrire loro una metodologia più semplice per l’analisi dei dati metabolici. Siamo solo all’inizio, ma le premesse sono buone».

Esperta di intelligenza artificiale, Silvia Veronese viene chiamata da tutto il mondo, Italia compresa, a tenere seminari e creare centri di eccellenza. È stata chiamata a far parte di una delle più importanti società di intelligenza artificiale generativa, con la missione di scovare problemi complessi che il modello linguistico (LLM) non è in grado di risolvere, spingendo così i limiti dell’IA verso nuove frontiere. E tra i suoi sogni c ‘è quello di aprire un ufficio satellite di X10e in Italia.

Riavvolgiamo il nastro. Di Verona, Veronese si laurea in matematica a Pavia, poi fa un PhD. Nel 1996 parte per New York con solo due valigie. La chiamata arriva dall’IBM e da Enrico Clementi («un genio nel campo della chimica, un uomo che era candidato al premio Nobel»). “Vieni qui: ti diamo tutto quello che vuoi”. Era l’inizio della rivoluzione informatica.

Insieme, i due costruiscono il primo calcolatore in parallelo. «All’IBM di New York c’erano macchine incredibili. Le abbiamo messe in parallelo per creare i primi modelli di chimica quantistica ad alte prestazioni». Rimane lì due anni. Intanto insegna come professoressa di matematica all’Università dello Utah e continua a fare ricerca. «In quegli anni ho iniziato a sviluppare modelli matematici per gli studi sul cuore e su gravi problemi cardiovascolari. Il biotech è sempre stata la mia passione».

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Poi però fa giri immensi. Nel 2000 arriva in Silicon Valley, in pieno boom dot.com. «A quel tempo la cosa fondamentale per le aziende era far collegare l’utente al proprio sito in meno di sei secondi. C’era un problema, noi abbiamo costruito una tecnologia che lo risolveva. Come? La nostra tecnologia analizzava il traffico di rete utilizzando modelli matematici non lineari per ottimizzare il traffico e garantendo a un’azienda – come Yahoo!, a cui avevamo venduto la piattaforma – tempi di risposta più brevi rispetto ai concorrenti». Vende la sua startup e ricomincia. Fonda la sua società di consulenza e si appassiona all’High Frequency Trading (negoziazioni ad alta frequenza, guidate da algoritmi matematici, che agiscono su mercati azionari). Sviluppa un algoritmo che, in nanosecondi, riesce a prendere delle decisioni su cosa comprare o vendere in un mercato azionario. Il suo successo è straordinario. Poi passa oltre. Viene assunta da Hewlett-Packard dove dirige un team che si occupa di Cybersecurity. Ci resta per 5 anni. Torna nel mondo delle startup, dove si occupa di streaming analitics, un ramo dell’high-tech che analizza i dati in tempo reale nei sistemi di Big Data. Infine entra in una nuova grande azienda: gruppo Thales, dove diventa capo dei ricercatori che si occupano di IA . «In quegli anni abbiamo fatto un grandissimo progetto in India, eravamo la parte di intelligenza artificiale del progetto Connect India».

Dopo Thales, inizia a lavorare con Philippe Kahn, matematico, l’inventore della macchina fotografica sui telefoni. «La prima foto condivisa su internet da un telefono è stata quella di sua figlia appena nata. Un uomo straordinario, visionario, ecclettico. Aveva una grande passione per la vela e faceva regate in solitaria tra San Francisco e le Hawaii, dormendo pochissimo. Durante quei viaggi gli è venuto in mente di sviluppare il primo software per l’analisi del sonno. Dieci anni fa era una vera innovazione. Lavorando con lui ho ricominciato a occuparmi di biotech».

Nel frattempo, mentre sogna di tornare in Italia, Veronese ha creato diverse associazioni che riuniscono talenti italiani e con il console generale Sergio Strozzi di San Francisco e diverse associazioni italiane ha lanciato un nuovo progetto. Si chiama San Francisco Little Italy Honor Walk, un percorso fatto di placche di bronzo che verranno installate a North Beach, nella Little Italy di San Francisco e dedicate a vari personaggi che hanno dato un contributo significativo alla città in diversi settori. Tra i nomi, da Francis Ford Coppola e Federico Faggin, ai meno famosi. Dalla prima donna, Mariana Bertola, una delle prime italiane laureate in medicina, che nel 1800 ha fatto aprire i reparti di maternità negli ospedali, a Joe di Maggio, Lawrence Ferlinghetti, al fondatore della banca of Italy, ora bank of America, Amadeo P. Giannini. Recentemente, con Nancy Pelosi, ex Speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ha inaugurato la prima placca, dedicata a George Moscone, ex sindaco di San Francisco e promotore dei diritti civili, tragicamente assassinato nel 1978. «Tutti possono suggerire nomi di persone che hanno contributo alla comunità».

Donna straordinaria, role model, scrittrice del libro La Valle Del Silicio, Italian minds in the land of innovation (Mondadori), Silvia Veronese è anche mamma di tre splendide ragazze. «Due di loro sono gemelle e ballerine di danza classica, professioniste: una lavora a Dallas e sta entrando alla facoltà di medicina, l’altra vuole diventare veterinaria. La più grande, invece, ha una laurea in astrofisica a Berkeley, lavora con un astronauta e mappa gli asteroidi».

Cosa ha fatto la differenza per te?

«Quando ero giovane, una compagna di università mi diceva sempre: ogni lasciata è persa. Lei si riferiva alle feste, io l’ho applicato alla vita. Ho una passione che non si spegne mai. Vedo un numero enorme di opportunità. Vedo nell’intelligenza artificiale un sacco di potenziale. Mi piace cercare l’opportunità, connettere, scoprire, e poi aiutare. Scoprire una nuova tecnologia che possa essere utile agli altri è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita. Ai giovani che incontro dico: dedicatevi alla scienza, ma non dimenticate le arti e l’umanesimo. Le difficoltà possono essere tante, ma mi piace pensare che in questo mondo globale non contino l’accento, da dove vieni, essere donna o uomo. Conta solo il coraggio di rischiare e la voglia di imparare. Alla fine il successo appartiene a quelli abbastanza testardi da perseguirlo».



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