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L’Italia deve tagliare la burocrazia sulle energie rinnovabili #finsubito prestito immediato














L’Italia energetica del 2023 appare meno dipendente dall’estero e sempre più orientata verso le fonti rinnovabili. La Relazione Annuale sulla Situazione Energetica Nazionale, presentata dal MASE (il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), rende palesi gli oggettivi passi avanti compiuti dall’Italia sul terreno della diversificazione e certezza degli approvvigionamenti. Il dato che colpisce maggiormente è il calo delle importazioni di gas naturale, combustibili solidi e petrolio, accompagnato da un incremento della produzione energetica nazionale, trainata in buona parte dall’espansione delle rinnovabili.


Siamo, dunque, sulla strada giusta? A una prima lettura dei numeri, si potrebbe pensare di sì. Il 2023 ha visto la produzione da fonti rinnovabili crescere del 4,2% e il consumo energetico delle famiglie ridursi del 4,3%. Una notizia, questa, che si affianca alla diminuzione dei prezzi dell’energia elettrica (-25%) e del gas naturale (-18%) rispetto al 2022. Un quadro che sembra confermare l’efficacia delle politiche energetiche in atto e il percorso verso una maggiore autosufficienza.


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Quanto crescono le rinnovabili in Italia


Come sempre, però, i dati vanno letti in tutta la loro interezza. A tal proposito, c’è un punto su cui occorre fermarsi a riflettere con attenzione: la lentezza e complessità burocratica che frena lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per la transizione energetica. Parlare di sostenibilità e di energie pulite è giusto e doveroso; ma alle parole non seguono sempre i fatti. E se la politica non riesce a sciogliere i nodi della semplificazione, rischiamo che le ambizioni si infrangano contro la macchina lenta dello Stato.


Non è accettabile, nel 2024, che in Italia si debba attendere più di un anno per ottenere un preventivo di costi per la realizzazione di un impianto fotovoltaico o che servano ulteriori mesi per completare gli allacciamenti alla rete. Non possiamo ignorare il grido di allarme di quegli imprenditori che si trovano in bilico fra investimenti già avviati e l’incertezza su quando — o se — verranno realizzati i loro progetti. In molti casi, il rischio di esposizione finanziaria è altissimo, soprattutto in un contesto globale in cui la volatilità dei prezzi e le tensioni geopolitiche rendono cruciale ogni decisione.


La vera ombra sul fotovoltaico


Gli esempi nel fotovoltaico sono emblematici. Nonostante le intenzioni dichiarate da questo governo e dai precedenti, le pratiche burocratiche si trascinano per mesi, spesso anni, bloccando l’avvio di progetti già finanziati e pianificati. Se non si interviene sulla semplificazione delle procedure autorizzative e sugli iter amministrativi, in modo drastico, parlare di transizione energetica rischia di diventare solo un esercizio di retorica. Un rischio che l’Italia deve evitare per rimanere agganciata al treno della modernizzazione e del futuro.


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Il nostro Paese, come mostrano i dati del MASE, sta riducendo la propria dipendenza dall’estero, un traguardo non da poco, soprattutto alla luce delle tensioni internazionali che hanno portato a picchi inflazionistici senza precedenti nel settore energetico. Il nostro mix energetico, nel 2023, ha visto un aumento della quota di rinnovabili al 19,8% del totale. Questo è certamente un progresso.


Gli incentivi di cui abbiamo bisogno


Giova però ricordare che l’obiettivo fissato nel PNIEC (il Piano Energia e Clima) è di arrivare al 30% entro il 2030. La rotta imboccata è quella giusta, ma occorre essere consapevoli che il cammino è ancora lungo e, soprattutto, disseminato di ostacoli burocratici che – in assenza di correttivi – andranno a scoraggiare gli investimenti. Gli incentivi maggiori di cui hanno bisogno le energie rinnovabili non sono tanto di natura economica quanto di poter contare su contesto regolatorio snello, trasparente e prevedibile. Non si può continuare a parlare di transizione ecologica se i tempi di attesa per l’approvazione dei progetti rimangono irragionevolmente lunghi. Il paradosso è che, mentre a livello normativo ed europeo vengono spinti fortemente gli investimenti nelle energie pulite, a livello locale e nazionale, la burocrazia continua a erigere barriere che rendono complicato, se non impossibile, il realizzarsi di questi investimenti.


Semplificare le procedure burocratiche, ridurre i passaggi per le autorizzazioni e garantire tempi certi di risposta (anche negativa) è doveroso se si vuole che la transizione energetica diventi una realtà concreta. Non per fare un favore agli operatori del settore, ma per aiutare l’Italia a guadagnarsi un futuro sostenibile.






















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