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Il commento/Troppi lacci, così l’Ue imbriglia gli europei #finsubito prestito immediato


Strana sorte quella dell’Unione Europea. Da una parte, in essa sono racchiuse tutte le nostre aspettative per il futuro e, dall’altra, è diventata l’oggetto del generale scontento. In buona parte, le lamentele riguardano il fatto che l’azione dell’Unione, invece di fornire una risposta reattiva ai problemi contingenti, sembra prevalentemente indirizzata ad accrescere il numero di quelli che Guido Carli chiamava “lacci e lacciuoli”, che ostacolano l’attività e provocano costi crescenti a cittadini e imprese.

L’onda di scontento va crescendo. Non a caso, Mario Draghi ha lanciato, nel suo recente rapporto, un allarme sull’eccessiva regolamentazione comunitaria, che, attraverso una produzione elefantiaca di norme, soffoca le imprese, imponendo loro una serie di adempimenti, anche cartacei, e rende sempre più problematica l’attività delle banche di erogazione del credito.

Da quest’anno, la direttiva CSRD (Corporate Sustainibility Reporting Directive) impone a tutte le imprese quotate e a quelle con un giro di affari superiore ai 150 milioni, non solo di svolgere la loro attività nel rispetto degli obiettivi degli standard europei di sostenibilità ambientale, tenendo anche conto dei rischi finanziari derivanti dal climate change, ma anche di documentarlo in uno specifico rapporto. Una montagna di pagine, che è stato calcolato potrà arrivare a costare anche un milione di euro e di cui si dovranno far carico anche aziende di modeste dimensioni. Senza trascurare il fatto che il mancato rispetto di questo obbligo cartaceo potrà creare problemi anche con la giustizia e con le autorità di vigilanza sui mercati. Rischio che non corrono le imprese che operano nel resto del mondo.

Quanto al sistema bancario, l’entrata in vigore del nuovo accordo di Basilea IV, detto anche Basilea 3+, trova il sostegno della BCE perché mira a rendere sempre più solido l’assetto delle banche europee. L’intento è di per sé lodevole, e, d’altronde, è stato quello che ha permesso la sopravvivenza del sistema bancario dopo la crisi del 2007-2008. Tuttavia, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione parzialmente diversa, che, se pure impone di non allentare le misure finalizzate ad accrescere ulteriormente la solidità delle banche, non può non tener conto della necessità di incentivarne la capacità di sostenere l’economia. Non a caso, il percorso di riduzione del livello del tasso di riferimento intrapreso dalle banche centrali riflette proprio la necessità di fornire maggiore credito al sistema delle imprese.

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Basilea IV invece va controcorrente e costringe ad accrescere le riserve obbligatorie, cioè quella parte di depositi che non può essere utilizzata per nuovi prestiti, ma va conservata per farvi ricorso in caso di momenti di difficoltà. Il che significa un considerevole incremento dei costi operativi per le 157 banche più importanti a livello europeo, unito ad una probabile restrizione del credito, proprio in una fase nella quale la diminuzione dei tassi vuole incrementarlo. Si tratta di un approccio contraddittorio, che non è presente nel resto del mondo e che non potrà non avere effetti negativi sui mercati finanziari del vecchio continente.

Che dire infine del proposito, pervicacemente perseguito dai legislatori dell’Unione, di scrivere la parola fine all’industria automobilistica europea, imponendo, da ultimo, una nuova direttiva in tema di un ulteriore contenimento delle emissioni dei motori a combustione interna a partire dal 2030? I lavoratori, i produttori, i concessionari e le imprese dell’indotto, che vivono un mercato in via di estinzione, si domandano, e noi con loro, che senso possa avere obbligare le imprese ad investire somme cospicue per migliorare motori, che comunque andranno fuorilegge cinque anni dopo, e quale sarà la loro fine.
Si è esaurito il tempo dell’inchiostro, è il momento di una risposta politica.

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