Sull’ex Ilva c’è già la nuova convocazione del Governo: nella Sala Verde di Palazzo Chigi il 30 ottobre alle 19. Appena l’8 ottobre c’è stata la richiesta alla premier Giorgia Meloni e ai ministri da parte dei vertici nazionali dei sindacati Fim, Fiom e Uilm, ora che con l’arrivo delle manifestazioni di interesse di fatto si è avviata la vendita di Acciaierie d’Italia, e ieri è arrivata la data dell’incontro da parte del sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano. Oltre alle sigle Fim, Fiom e Uilm, Palazzo Chigi ha convocato nella stessa riunione anche l’Usb e l’Uglm.
I sindacati hanno chiesto il nuovo confronto con l’Esecutivo per capire cosa accade ma anche cosa si delinea dietro le 15 manifestazioni di interesse arrivate da altrettanti potenziali investitori alla scadenza del bando lanciato a fine luglio dai commissari di Acciaierie. È noto che su 15 manifestazioni, 3 puntano al gruppo intero, mentre le restanti 12 sono interessate a singoli asset. E questo preoccupa i sindacati, perché vorrebbe dire che la vendita cosiddetta “spezzatino”, cioè frazionata, peraltro prevista dal bando di gara, è più di una possibilità. Anche se il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, qualche giorno fa a Genova ha sostenuto “che la vendita a un unico player o cordata riteniamo che sia la soluzione migliore”. Probabilmente nell’incontro di fine mese i sindacati vorranno sapere se ci sono eventuali novità circa l’ingresso in partita dei soggetti industriali – il riferimento è a Metinvest dell’Ucraina e ad Arvedi – sinora sono rimasti alla finestra, nel senso che non hanno presentato alcuna manifestazione. “Con loro abbiamo contatti praticamente quotidiani” ha detto Urso a proposito con Metinvest, gruppo attualmente impegnato nel rilancio di Piombino con un nuovo investimento nel forno elettrico.
Temi, questi, che avranno un prologo nel pomeriggio di martedì, quando Urso sarà a Taranto per la riaccensione dell’altoforno 1 dopo mesi di inattività. Ed è probabile che in quella sede si possa anche parlare della nave di rigassificazione che uno dei gruppi propostosi per tutta l’ex Ilva, Baku Steel Company dall’Azerbaijan (gli altri due sono Vulcan Steel-Steel Mont dall’India e Stelco dal Canada), vorrebbe portare a Taranto per alimentare il preridotto che servirà ai futuri forni elettrici del siderurgico.
L’ipotesi
Intanto potrebbe ripartire l’incentivo economico all’esodo agevolato per i dipendenti ex Ilva. La volontà di rimettere mano allo strumento che negli anni scorsi ha fatto uscire dal gruppo un migliaio di persone in tutta Italia, è stata accennata nell’incontro che Ilva in amministrazione straordinaria ha avuto con i sindacati. Ilva in as, proprietaria degli impianti dati in fitto ad Acciaierie, ha detto che circa 116 milioni di euro non sono stati usati per gli incentivi. Soldi che ora potrebbero essere rimessi in circolo. Come però Ilva in as (che ha un nuovo dg e un nuovo capo del personale) non lo ha precisato. Il vecchio incentivo partì da 100mila euro lordi, andò progressivamente a decrescere e si è chiuso a dicembre dell’anno scorso. Ma oltre al quantum, è da chiarire se l’incentivo bis sarà appannaggio solo di chi è in Ilva in amministrazione straordinaria in cassa integrazione a zero ore (1.700 dipendenti totali di cui 1.500 solo a Taranto), oppure verrà messo a disposizione anche del personale di Acciaierie, tenuto conto che entrambe le società sono in mano ai commissari. L’uso dell’incentivo per le due società consentirebbe magari di intervenire sin d’ora su uno sfoltimento meno traumatico della forza lavoro, considerato che con la decarbonizzazione e i forni elettrici il siderurgico avrà sicuramente un organico minore dell’attuale.
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