diFederico Berni
La relazione tecnica intermedia di fatto dice «no» alla restituzione della struttura posta sotto sequestro. Non erano stati fatti i controlli annuali e l’autorizzazione non era valida
Documentazione «carente», autorizzazioni «irregolari», e l’ultimo collaudo registrato di cui si è trovato traccia risalente al 2011: ossia solo nell’anno di apertura del Fly Emotion, l’attrazione del «volo d’angelo» agganciato alla fune sopra la Valtellina, dove lo scorso maggio ha trovato la morte Ghizlane Moutahir, 41enne marocchina precipitata nel vuoto a pochi metri dall’arrivo sotto gli occhi dei familiari. Tragedia causata — è l’ipotesi su cui sta lavorando la procura di Sondrio diretta da Piero Basilone — da un errore umano nella fase della vestizione della donna con gli imbraghi e i gambali, da parte degli addetti.
In attesa di conoscere l’esito completo della perizia disposta a giugno dagli inquirenti, che mira a ricostruire nel dettaglio quanto accaduto quella domenica e le possibili mancanze nei dispositivi che dovrebbero garantire il volo del passeggero in assetto orizzontale, a pancia in giù e gambe immobilizzate, suonano lapidarie le conclusioni della relazione tecnica intermedia, che di fatto dice «no» alla restituzione della cosiddetta Zip line posta sotto sequestro.
I tecnici nominati dal procuratore hanno effettuato tre sopralluoghi, nei mesi di giugno, luglio e settembre. Oggetto delle valutazioni erano le condizioni dell’impianto, le integrità delle strutture, l’ispezione di tutte le imbracature utilizzate dai partecipanti, nonché la «documentazione disponibile, relativa ai collaudi e alle autorizzazioni». In base alle carte prodotte, dunque, «non risultano evidenze di collaudi annuali obbligatori (previsti da un decreto ministeriale del 2007)». Questa circostanza, secondo i tecnici, «implica che l’impianto potrebbe non essere stato verificato periodicamente, come richiesto per garantire la sicurezza pubblica o privata». Se confermate, si tratta di lacune amministrative molto gravi, almeno stando agli atti prodotti e messi fino a ora nella disponibilità dei pm. L’unico collaudo funzionale risulta datato 2011, all’epoca, cioè, dell’apertura dell’attrazione che, ogni anno, portava nella valle migliaia di turisti, e per la quale i sindaci dei Comuni interessati (Bema e Alberedo) auspicavano la riapertura a giugno.
Sul fronte dei permessi, inoltre, l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, firmata 13 anni fa dal Comune di Albaredo San Marco, sarebbe stata concessa «senza la preventiva verifica del parere della Commissione provinciale di vigilanza del pubblico spettacolo», richiesta dalla legge. E anche in questo caso la «documentazione esaminata» non proverebbe l’esistenza di un’autorizzazione valida, e questo perché il criterio di «ridotta capienza dell’attrazione» presentato in sede di richiesta dell’autorizzazione stessa, «non è previsto da alcuna normativa applicabile». Il Comune di Albaredo San Marco, concludono gli esperti, non avrebbe dovuto concedere il nulla osta all’esercizio del Fly emotion.
La relazione si sofferma anche sulle ultime forniture da parte della ditta produttrice degli imbraghi risalenti al 2019 e al 2021. Anche in questo ambito mancherebbero «evidenze documentali», mentre, sotto il profilo tecnico, viene evidenziato che «una progettazione più attenta avrebbe potuto limitare significativamente i rischi derivanti da un uso scorretto, soprattutto considerando che gli utenti finali non sono adeguatamente formati ne hanno esperienza nell’utilizzo di queste attrezzature». Gli indagati per la morte di Ghizlane Moutahir sono cinque: l’amministratore delegato della società Fly Emotion, Matteo Sanguineti, il direttore dello stabilimento e tre dipendenti: due addetti all’imbracatura, e il terzo che ha dato il via libera alla partenza dopo l’ultimo vaglio di sicurezza.
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