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Giorgetti getta la maschera: «Tagli e sacrifici per tutti» #finsubito prestito immediato


Sacrifici per tutti, tagli alla spesa, privatizzazioni, un «contributo» chiesto alle imprese che ha provocato un crollo della borsa. E poi, forse, un aumento delle accise sui carburanti. Da ieri, dopo tante chiacchiere, siamo finalmente entrati nella discussione sulla legge di bilancio. La terza del governo Meloni, la prima con le nuove regole del patto di bilancio europeo. È l’inizio della nuova austerità.

IL TONO DELLA GIORNATA è stato dato dal ministro dell’economia Giorgetti che ha smesso di nascondersi dietro un dito. «Taglieremo le spese – ha detto – Nel percorso esigente di rientro del deficit è evidente che ci apprestiamo ad approvare una manovra che richiederà sacrifici a tutti. Sarà uno sforzo che l’intero paese deve sostenere: individui, ma anche società piccole, medie e grandi».

IN QUESTA RETORICA austeritaria, quella già vista ai tempi di Monti, è chiaro che ci sarà il taglio della pubblica amministrazione (scuola, sanità, pensioni, enti locali, e così via) che sarà «chiamata a essere molto più performante e produttiva. Quindi, fare risultati migliori con spese migliori» ha detto Giorgetti. Tradotto: gli aumenti contrattuali promessi saranno sottodimensionati rispetto a quanto i salari hanno perso in questi anni di mega-inflazione. Obiettivo: raggranellare 12-13 miliardi di deficit ogni anno, a partire dal prossimo, per i prossimi sette. Questo è l’impegno contratto dal governo con Bruxelles. Per questo proseguiranno le privatizzazioni: «Sarà un autunno-inverno molto denso – ha detto Giorgetti – a cominciare da Poste e Mps».

IL SECONDO ELEMENTO emerso dalle parole di Giorgetti è sembrato meno chiaro: i «sacrifici» chiesti alle società che hanno realizzato profitti speculativi dal Covid alle nuove guerre: banche, farmaceutica, energia e armi. Giorgetti si è proposto di «tassare profitti e ricavi in maniera corretta». Il ministro ha precisato: «Prevalentemente taglieremo spese [sociali, quelle dei «ministeri» non basteranno, ndr.] ma un concorso alle entrate ci sarà».

TUTTO STA A CAPIRE in cosa consisterà il «concorso». Per esempio quello degli «utili della difesa che oggi va particolarmente bene» ha detto Giorgetti. In effetti gli italiani sono i terzi fornitori di armi a Israele. Lo stesso vale per le banche che hanno indicato al governo una soluzione: un contributo una tantum e non retroattivo. La non chiarezza del gergo di Giorgetti ha provocato un crollo in borsa a Milano: -1,5%. È il segnale che certi interessi non si toccano.

UN’ALTRA PROVA della nuova austerità è venuta ieri da una polemica su un aumento delle accise sul carburante. Lo avrebbe stabilito il Piano strutturale di bilancio (Psb), cioè il quadro entro il quale agirà la prossima manovra. In tre righe, in un testo di centinaia di pagine, il governo ha scritto che aumenterà le tasse sul diesel per riequilibrarle con quelle della benzina: «Utilizzare – si legge – l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica». L’«allineamento» sarebbe stato deciso per rispondere alle esigenze della «transizione energetica e ambientale». In pratica, un governo ostile al Green Deal, come tutte le destre, lo evoca per intervenire sulla tassazione dei carburanti richiesta sia dal Pnrr che dall’impegno, mai rispettato, della riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi. Fino a ieri Meloni & Co. non avevano mai mostrato una simile passione «verde» per giustificare un intervento confuso e imbarazzato sulle aborrite tasse.

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UN AUMENTO DELLE ACCISE equivarrebbe a una stangata da 3,1 miliardi di euro ha sostenuto Assoutenti. Per Federconsumatori ogni automobilista pagherebbe 112 euro annui in più. Per Unimpresa ciò porterebbe all’innesco di una nuova spirale inflazionistica. Per Assotir costerebbe 350 milioni di euro all’anno ai camionisti. Per il Codacons le famiglie pagherebbero 7,5 miliardi di costi aggiuntivi sui prezzi al dettaglio. Panico. Così il ministero dell’economia è stato costretto a smentire ciò che ha scritto nel Psb definendo «del tutto fuorvianti» le valutazioni delle associazioni. L’intervento sarà definito nella delega fiscale e consisterà «non nella scelta semplicistica dell’innalzamento delle accise, ma in una rimodulazione». Nell’interpretazione del sottosegretario Federico Freni questo significa che il totale delle tasse sui carburanti resterà immutato, ma cambieranno le parti tra il diesel e la benzina.

LA SMENTITA non ha convinto le opposizioni. Elly Schlein (Pd) ha parlato di «tassa Meloni per tre miliardi» mostrando alle telecamere l’estratto del Psb. Schlein ha ricordato un video fatto da Giorgia Meloni nel 2019 quando prometteva di abolire le accise. Cosa che non ha fatto già negli ultimi due anni e continuerà a non fare nei prossimi, con o senza «rimodulazione». «I tre miliardi che Meloni otterrebbe – ha osservato Peppe De Cristofaro (Avs) – potevano essere trovati tassando gli extraprofitti. E invece si colpiscono i cittadini». Almeno un elemento si è capito da questa polemica di giornata. La tanto annunciata, quanto velleitaria, intenzione del governo di intervenire nella manovra sulle cosiddette «Tax expenditures» (agevolazioni fiscali) è un’impresa proibitiva.

NON GLI RESTA che tagliare la spesa per rilanciare la «crescita». La ricetta catastrofica di 15 anni fa. Non è cambiato niente. Nemmeno un paese impoverito che punta sulla piccola rendita individualistica e corporativa. Si salvi chi può per non tirare le cuoia.



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