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Introduzione

A due anni dalla sua entrata in vigore, pressoché alla scadenza del termine fissato con la legge 8 marzo 2019 n. 20 – legge delega per l’adozione dei decreti correttivi – il codice della crisi subisce un importante maquillage, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 136/2024.

Il terzo correttivo nasce, oltre che per tener conto dei sopravvenuti impegni assunti con il PNRR, con lo scopo di attuare un miglior coordinamento di sistema, anche aggiornando i riferimenti normativi, e di rispondere ai dubbi interpretativi emersi in sede di prima applicazione del codice. In realtà, si è in presenza di un intervento ben più incisivo sia per la quantità delle disposizioni attinte sia per alcune importanti modifiche apportate alle varie procedure.

Da una prima analisi, si trae il convincimento che l’intervento miri a rafforzare gli obiettivi, propri di un sistema economico sano ed efficiente, di garantire un approccio sempre più professionale ed interattivo alle procedure disciplinate dal codice della crisi; di favorire il più possibile un’emersione anticipata, prima ancora dello stato conclamato di crisi, anche del solo avvicinarsi di quest’ultima, al fine di porvi tempestivo rimedio; di considerare la liquidazione giudiziale quale extrema ratio; di raggiungere una condizione di equilibrio tra gli interessi contrapposti.

In tale ottica, merita di essere segnalato che, con disposizione di sistema, il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza, originariamente previsto per il debitore ed i creditori, è stato esteso, integrando l’art. 4, comma 1, ad “ogni altro soggetto interessato”, ribadendo nel comma 4, il dovere di tutti ad una leale collaborazione.

Di seguito si propone una lettura complessiva del correttivo seguendo un percorso trasversale che evidenzia il ruolo potenziato dei professionisti coinvolti, il rilievo dato alla prevenzione della crisi, il restyling della composizione negoziata, una migliore regolamentazione delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza in ottica anti-abuso e la rinnovata disciplina dei debiti tributari.

La professionalità dei protagonisti

Certo è che il cambio culturale, insito nell’ambizioso progetto del codice della crisi, a partire dal registro linguistico, con il definitivo abbandono di ogni riferimento al “fallimento”, non può che essere mediato dalla professionalità di quanti sono chiamati a traghettare l’impresa, o più in generale, il soggetto sovra-indebitato, fuori dalla condizione di difficoltà. In questa prospettiva varie disposizioni del correttivo intervengono sul profilo e sui compiti dei professionisti coinvolti.

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In primo luogo, si è posto l’accento sulla formazione professionale di attestatori, curatori, commissari giudiziali o liquidatori e sulla nozione di professionista indipendente.

Oltre alla modifica di cui all’art. 2, comma 1, lett. n), che sostituisce il termine “albo” – che presuppone l’esistenza di un ordine professionale – con quello più generico di “elenco” dei gestori della crisi, così coordinando la disposizione con quella di cui all’art. 356, va menzionata la modifica di cui alla successiva lett. o) che meglio delinea il requisito di indipendenza del professionista incaricato dal debitore; la disposizione novellata precisa sul punto che il divieto di rapporti personali e professionali con quest’ultimo va valutato con riferimento all’indipendenza di giudizio. La disposizione, se pure si presta ad escludere l’incompatibilità in caso di pregressi rapporti occasionali o poco significativi, finisce, assumendo rilievo sistematico, con il porre l’accento sul requisito, non più meramente formale, della terzietà.

Al contempo la modifica del successivo art. 358 chiarisce che per la nomina agli incarichi nelle procedure, l’iscrizione all’elenco è requisito indefettibile che concorre con quelli ulteriori ivi disciplinati e rafforza i requisiti di professionalità, allargando la scelta anche al di fuori del circondario al quale appartiene il singolo ufficio giudiziario, ma dando, altresì, rilievo all’attività pregressa. Detta ultima modifica avrà l’effetto di consentire agli Uffici di calibrare meglio la scelta in ragione della difficoltà delle procedure, ma anche di vincolare la discrezionalità nella selezione all’esperienza del professionista.

Nella composizione negoziata, nella stessa direzione si muove la modifica dell’art. 13, comma 5, che impone l’aggiornamento del curriculum dell’esperto presente negli elenchi delle Camere di Commercio con l’indicazione delle procedure seguite e della loro sorte. A tal proposito, tuttavia, è bene sottolineare che anche l’esito negativo potrà e dovrà essere valutato positivamente ove collegato alla corretta valutazione dell’inutilità nella prosecuzione dei negoziati.

Emerge pure un potenziamento della funzione dell’esperto, visto dalla riforma come protagonista essenziale per la buona riuscita della composizione.

In primo luogo, attraverso la modifica dell’art. 16, si è inteso agevolare l’attività successiva alla composizione negoziata, consentendone la partecipazione senza che ciò rientri nel divieto di intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore nel biennio seguente. Inoltre, con l’inserimento del comma 2-bis, chiarendo il contenuto dei pareri resi nel corso delle trattative, se ne è sottolineato il ruolo essenziale nell’ambito della procedura la cui buona riuscita dipende anche dalla sua attività.

Ulteriore traccia del compito potenziato si coglie anche nell’art. 17, comma 5, ai sensi della quale l’imprenditore ha il dovere di informare l’esperto delle trattative condotte senza la sua presenza. Inoltre, attraverso la modifica dell’art. 19, comma 4, si è chiarito che questi, oltre a rendere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste rispetto al buon esito delle trattative, deve rappresentare al giudice l’attività che ha programmato di svolgere nell’esercizio delle funzioni a lui attribuite dall’articolo 12, comma 2 per il risanamento.

Nel concordato minore è stato rafforzato il peso dell’OCC mediante la modifica dell’art. 76, comma 2, e la conseguente integrazione della relazione particolareggiata da questi redatta mediante l’indicazione degli atti in frode, in presenza dei quali l’art. 77 ne prevede l’inammissibilità, e di una valutazione sulla fattibilità del piano, oltre che sulla sua completezza. La percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori e i criteri adottati nella formazione delle classi, invece, vengono correttamente collocati nella domanda e non più nella relazione dell’OCC.

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Nel concordato in continuità aziendale, va segnalata la modifica dell’art. 92, comma 3, che, nell’ottica di favorire il successo della procedura, affianca al debitore ed ai creditori anche il commissario giudiziale nella negoziazione di eventuali modifiche del piano e della proposta, e la previsione, con l’introduzione dell’art. 114-bis, comma 1, della possibilità per il tribunale di nominare il liquidatore giudiziale in caso di piano di concordato in continuità che preveda la vendita di parte del patrimonio dell’impresa o dell’azienda in esercizio senza aver individuato l’offerente.

Sempre nell’ambito della disciplina del concordato, con la modifica dell’art. 118, comma 6, per reagire all’inerzia dell’imprenditore che non faccia quanto necessario per darvi esecuzione, si sono rafforzati i poteri dell’amministratore giudiziario, prevedendo che questi eserciti il diritto di voto, non più per le sole azioni o quote facenti capo al socio ed ai soci di maggioranza ma, stante la soppressione dell’inciso, per conto di tutti i soci.

Degna di nota è nella liquidazione giudiziale, la modifica dell’art. 126 che, nella prospettiva della celere gestione della procedura, responsabilizza il curatore (e, attraverso il richiamo di cui agli artt. 92 e 114, anche il commissario giudiziale e i liquidatori) ad accettare l’incarico, previa verifica della disponibilità di tempo e di risorse professionali e organizzative adeguate al tempestivo svolgimento di tutti i compiti connessi all’espletamento della funzione e dandone atto nell’accettazione. Infine, vi è e la modifica dell’art. 213 che tipizza, quale giustificato motivo di revoca del curatore, anche il mancato rispetto dei termini per l’inizio e la fine dell’attività di liquidazione, come indicati nel programma ed anche il mancato rispetto del termine di otto mesi per l’avvio delle vendite e del recupero crediti.

La prevenzione e l’emersione della crisi

Nell’ottica di fornire strumenti che aiutino a prevenire la crisi, il legislatore, con un piccolo ritocco dell’art. 3, comma 4, è intervento sulla c.d. “allerta precoce”, sicché è acclarato che i segnali tipizzati rilevano sempre e non solo in caso di crisi o insolvenza conclamata. Tanto, del resto, è coerente con la natura degli indicatori di cui al citato art. 3 che non sono sintomatici di una crisi in atto, quanto piuttosto strumenti per prevederla o prevenirla.

Sempre in tema di allerta precoce, tramite l’intervento sull’art. 25-octies, è stato inserito, accanto all’organo di controllo societario, anche il soggetto incaricato della revisione (organo di controllo esterno) tra quanti tenuti alle segnalazioni all’organo amministrativo di uno stato di crisi o di insolvenza. Tuttavia, mediante il richiamo alle lettere a) e b) dell’art. 2, si è chiarito che l’obbligo non scatta in presenza di una mera situazione di difficoltà. Tanto, dovrebbe scongiurare il rischio di interventi poco utili, eseguiti per sola finalità di autotutela, così tradendo lo scopo della disposizione. L’obbligo di segnalazione viene meglio disciplinato prevedendone i tempi e la rilevanza ai fini della responsabilità di cui all’art. 2407 c.c.

Anche l’ambito di applicazione degli obblighi di comunicazione gravanti su banche ed intermediari finanziari, attraverso il ritocco dell’art. 25-decies, è stato meglio ritagliato sulla funzione di un’emersione precoce. L’obbligo di segnalazione all’organo di controllo riguarderà, infatti, le sole variazioni in senso peggiorativo degli affidamenti in essere e le sospensioni o revoche degli affidamenti, mentre è stato eliminato il riferimento – rilevatosi troppo generico – alle “revisioni”.

Le principali novità in tema di composizione negoziata

È noto che nel nuovo codice il legislatore ha optato per l’utilizzo di istituti caratterizzati da un minor livello di coazione del debitore. In quest’ottica, un ruolo centrale è riservato alla composizione negoziata dalla crisi.

Il correttivo, con l’art. 5, incide sulle relative disposizioni in materia massiccia, al fine di favorirne l’accesso ed il successo. Rinviando ad un successivo intervento un esame più puntuale, con uno sguardo di sintesi si evidenziano alcune modifiche e precisazioni.

In primo luogo, meritano di essere segnalate, più per la loro rilevanza sistematica che per la concreta portata, le modifiche dell’art. 21D.Lgs. n. 136/2024, comma 1, e dell’art. 23D.Lgs. n. 136/2024, comma 2. Con la prima si è previsto che, ove nel corso delle trattative emerga l’insolvenza, l’imprenditore deve avere riguardo al prevalente interesse dei creditori, non solo nella gestione dell’impresa, ma anche nello scegliere la soluzione di risanamento da coltivare nel corso delle trattative. Con la seconda, tramite l’eliminazione del riferimento alla mancata individuazione, all’esito delle trattative, di una soluzione, si lascia intravedere che l’istituto può avere una sua rilevanza anche in caso di esito negativo, laddove produca effetti positivi in caso di sviluppo giurisdizionale in termini di una ristrutturazione più efficiente.

Quanto all’accesso, operando sull’art. 12, comma 1, si è spiegato, chiarendo i dubbi sorti sul punto, che l’imprenditore può disporsi alla composizione negoziata quando si trovi “anche soltanto” in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza e risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. Tale modifica ha l’effetto di consentire l’accesso alla procedura, non più soltanto in situazione di pre-crisi, ma anche in ipotesi di crisi o insolvenza conclamata.

Attraverso l’introduzione della lett. a-bis) nell’art. 17, comma 3, si è favorito il ricorso alla procedura anche in presenza di bilanci non regolarmente approvati, consentendo il solo deposito di progetti di bilancio o di una situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata.

La modifica della lett. d), invece, fa luce sulla possibilità di accesso alla composizione negoziata pure in pendenza di domanda di liquidazione giudiziale. È stabilito, infatti, che l’imprenditore deve attestare di non aver depositato domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, mentre deve limitarsi a dichiarare se pendono ricorsi per la liquidazione giudiziale. Nella stessa direzione si muove, la modifica dell’art. 25-qinquies.

Di conseguenza, la soluzione stragiudiziale resta esclusa solo nel caso in cui si sia già imboccata la via di una ristrutturazione giudiziale mediante domanda di concordato preventivo, accordo di ristrutturazione o piano di ristrutturazione omologato.

Il legislatore del correttivo si è adoperato incisivamente, mediante la modifica degli artt. 16 e 18, nel regolare il delicato rapporto tra l’impresa che intenda accedere alla composizione negoziata e le banche che abbiano concesso linee di credito, bilanciando le contrapposte esigenze.

In primo luogo, si è illustrato nell’art. 16, comma 5, che l’accesso alla procedura, oltre a non essere causa di sospensione o revoca delle linee di credito concesse, non porta, di per sé, ad una diversa classificazione del credito e che la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale deve essere specificamente motivata e comunicata agli organi di amministrazione e controllo. Sul versante opposto si è affermato che la prosecuzione dei rapporti non è motivo di responsabilità degli istituti bancari.

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Sempre nei rapporti tra banca e impresa si è intervenuti, poi, sulle misure protettive – che la modifica dell’art. 18 ha esteso a tutti i creditori, salvo misure selettive – includendo espressamente nel comma 5, il quale detta la disciplina dei rapporti pendenti, anche i contratti bancari, ferma, tuttavia, la disciplina di vigilanza prudenziale; si è precisato, inoltre, che la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario. Il comma 5-bis, infine, raccorda la disciplina con quella di cui all’art. 16 prevedendo, in particolare, che, dal momento della conferma delle misure protettive, i creditori bancari possono mantenere la sospensione delle linee di credito accordate, decisa ai sensi dell’articolo 16, solo se ed in quanto dimostrino il collegamento tra la sospensione stessa e la disciplina di vigilanza prudenziale. Viene, altresì, ribadito che la prosecuzione del rapporto non può rappresentare causa di responsabilità dell’istituto di credito.

Ancora, sempre nella prospettiva di favorire i finanziamenti dell’impresa che acceda alla composizione negoziata, con la modifica dell’art. 22, lett. a), si è pure chiarito, stante i dubbi sorti sul punto, che l’autorizzazione del tribunale a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma rileva ai soli fini della prededuzione.

Il correttivo ha inserito, inoltre, agendo sull’art. 23, una specifica disciplina per il trattamento dei crediti fiscali e previdenziali, alla quale si accennerà oltre.

L’accesso (non abusivo) agli strumenti di regolazione della crisi

Il correttivo, come detto, si pone l’obiettivo, per un verso, di incentivare l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e, per altro verso, di evitarne l’utilizzo abusivo.

Determinante, con lo scopo di rendere più facile il ricorso leale a procedure alternative alla liquidazione giudiziale, è la modifica dell’art. 44 in merito alla c.d. disciplina prenotativa. Il comma 1 lett. a), infatti, consente la proroga del termine per l’ostensione della proposta unitamente all’intero corredo informativo e documentale (anche ove penda istanza di liquidazione giudiziale essendo stato eliminato il pregresso divieto) a condizione, con l’evidente fine di ostacolare i possibili abusi, del contestuale deposito di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza che, pertanto, dovrà essere redatto in modo conforme allo strumento prescelto. Il deposito del detto progetto, in virtù di quanto scritto nel comma 1-quater di nuova introduzione, è anche la condizione per potersi avvalere dello specifico regime applicabile allo strumento prescelto.

Con l’introduzione nel medesimo art. 44 del comma 1-bis, oltre a richiamarsi espressamente l’art. 46, che detta il regime degli atti di straordinaria amministrazione, si è prevista anche per la domanda prenotativa la sospensione degli obblighi dettati a tutela dell’integrità del capitale sociale. Infine, in un’ottica anti-elusiva, il comma 1-ter sanziona con l’inefficacia gli atti urgenti di straordinaria amministrazione compiuti senza autorizzazione.

Ugualmente, con specifico riferimento al concordato preventivo, con la modifica dell’art. 96, si è precisato che le disposizioni protettive di cui agli artt. 145, 153 e 163non si applicano nella finestra destinata alla riserva. Analoga disposizione è ora contenuta nell’art. 64-bis, comma 9, per il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.

Contribuirà a scongiurare usi strumentali l’ampliamento del contenuto del piano di concordato mediante il ritocco dell’art. 87, comma 1, In particolare, mediante la modifica della lett. f) si è inserito un piano dei costi e dei ricavi derivanti dall’attività di impresa, non solo nel caso di concordato in continuità diretta, ma anche in tutti i casi in cui le risorse per i creditori sono realizzate attraverso la prosecuzione dell’attività da parte del terzo; concorre al medesimo obiettivo anche la nuova lett. p-bis con la quale si è aggiunta la predisposizione di fondi rischi in generale e, in particolare, per il caso di finanziamento garantito da fondi pubblici.

Il correttivo opera in questa direzione anche sul concordato minore, chiarendone i presupposti sostanziali, eliminando nell’art. 74, comma 3, il riferimento al contenuto libero della proposta che, invece, in armonia con le altre procedure, dovrà prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi con indicazione dei criteri adottati, e indicare in modo specifico modalità e tempi di adempimento.

Sempre in tema di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, la modifica dell’art. 33 ha esteso alla liquidazione controllata la regola che consente l’apertura della procedura entro un anno dalla cessazione dell’attività ed ha introdotto una deroga al limite annuale per l’imprenditore individuale, al fine di agevolarne l’esdebitazione.

Debiti tributari e contributivi

Uno dei maggiori scogli incontrato dalle imprese impegnate a scongiurare la liquidazione giudiziale è, da sempre, il trattamento dei crediti fiscali e previdenziali, sia perché molto spesso la gran parte dell’indebitamento è di tale natura sia per le difficoltà nella trattativa con gli enti di competenza.

Il correttivo, sebbene in virtù di separata delega il legislatore dovrà porre mano ad una più ampia riforma fiscale, interviene consistentemente in materia mediante una serie di disposizioni relative alla c.d. transazione fiscale ed all’omologazione forzosa. Restano fuori dalla riforma, tuttavia, i crediti degli enti territoriali.

Nella composizione negoziata, l’accordo con il debitore pubblico è divenuto possibile anche tramite l’introduzione del comma 2-bis nell’art. 23 mediante una proposta transattiva che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori. L’istituto è esteso espressamente ai debiti erariali, ma restano esclusi, sebbene non siano del tutto chiare le ragioni, i debiti previdenziali ed assicurativi.

Va rammentato, però, che l’accordo raggiunto nell’ambito di questa procedura si caratterizza per la natura privatistica e consensuale. Il medesimo produce effetti con il deposito in Tribunale e si risolve di diritto in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure in caso di inadempimento tipizzato nella mancata esecuzione “integralmente” dei pagamenti dovuti entro sessanta giorni dalle scadenze.

Resta escluso, pertanto, in linea con detta natura, un contributo del Tribunale, chiamato solo a verificarne la regolarità formale, tanto meno con il ricorso al. c.d. cram down che non è contemplato in questo istituto.

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Negli accordi di ristrutturazione sono da mettere in luce le modifiche alla disciplina dei crediti tributari e contributivi di cui all’art. 63, oggetto di integrale riscrittura, nell’ambito delle trattative che precedono la stipula degli accordi stessi. In particolare, è stata prevista l’omologazione forzosa mediante cram down, per il quale si aggiunge che la mancata adesione comprende anche il voto contrario, in presenza, tuttavia, di una serie di condizioni dettagliatamente indicate, volte, in sostanza, ad ostacolare il comportamento delle imprese che si autofinanziano attraverso l’omesso pagamento dei tributi. In primo luogo, l’accordo non deve avere carattere liquidatorio; inoltre, oltre alle regole per la quale il soddisfacimento del debito pubblico non può essere deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria e l’adesione del creditore pubblico deve essere determinante per il raggiungimento dell’accordo, vengono stabiliti precisi limiti relativi sia al rapporto tra l’indebitamento pubblico rispetto a quello totale sia alla percentuale di soddisfazione da assicurare. Infine, il ricorso all’omologazione forzosa è precluso in presenza di alcuni comportamenti pregressi, tipizzati dal comma 6.

Anche nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è stata introdotta, tramite l‘art. 1-bis, dell’art. 64-bis, specifica disciplina per il trattamento dei debiti erariali e degli enti previdenziali, e senza possibilità di ricorrere al cram down.

Il correttivo ha riscritto integramente anche l’art. 88, relativo al trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo, allineandolo alle modifiche apportate all’art. 63. Si è precisato, inoltre, che la decurtazione del credito pubblico deve tener conto di quanto ricavabile in sede di liquidazione giudiziale, eliminando il riferimento originario al valore di mercato. Anche in questo caso, si è ribadito che la mancata adesione del creditore pubblico ricorre sia in caso di silenzio che di voto contrario.

Il nuovo testo fuga i dubbi precedenti sull’ammissibilità dell’istituto nel concordato in continuità. Si è stabilito, tuttavia, che ai fini della condizione di cui all’articolo 112, comma 2, lettera d), seconda parte, cioè nel caso di approvazione con il consenso di un numero di classi inferiore alla maggioranza e al limite di una sola classe, l’adesione dei creditori pubblici deve essere espressa. Si è scongiurato, pertanto, il pericolo paventato di un’omologazione in mancanza, di fatto, di classi favorevoli.

Con l’intervento sull’art. 245, è stata introdotta una forma di cram down fiscale anche nel concordato nella liquidazione giudiziale.

Infine, con l’introduzione dell’art. 284-bis la disciplina relativa al trattamento dei crediti tributari e contributivi è stata espressamente estesa anche al concordato di gruppo prevedendosi una proposta unitaria, ferma restando, tuttavia, l’autonomia delle masse attive e passive.

Conclusioni

Rinviando, come già preannunciato, a successivi contributi l’esame puntuale di tutte le modifiche, non resta che attendere le prime applicazioni del codice della crisi, al termine del lungo iter che dovrebbe aver portato alla sua versione definitiva, in linea con la disciplina europea, per verificare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi posti dalla complessa riforma dell’intera materia.

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