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Se sei una lavoratrice precaria o con contratti discontinui e diventi madre quest’anno, potresti avere diritto comunque al sostegno economico offerto dallo Stato italiano. Parliamo dell’assegno di maternità, una misura dedicata alle donne che non possono accedere all’indennità di maternità prevista per le lavoratrici dipendenti o autonome. Tale prestazione è destinata principalmente a coloro che hanno avuto impieghi saltuari e hanno perso il lavoro prima o dopo la nascita del figlio. Oppure si trovano in situazioni di vulnerabilità lavorativa.

L’assegno di maternità non è riservato esclusivamente alle madri biologiche. Ma è applicabile anche in caso di adozione o affidamento di un minore. Inoltre, in determinate circostanze particolari, il diritto all’assegno può essere riconosciuto anche ai padri. Questo può accadere, ad esempio, in caso di affidamento esclusivo, abbandono o morte della madre. Ciò per garantire che il sostegno venga assicurato al genitore rimasto con il minore.

Requisiti per accedere all’assegno di maternità

Per avere diritto all’assegno di maternità, è necessario rispettare una serie di requisiti legati a cittadinanza, residenza e contribuzione. Di seguito vengono illustrati i dettagli di tali condizioni.

Cittadinanza

Possono richiedere l’assegno di maternità le donne cittadine italiane o di uno Stato membro dell’Unione Europea. Anche i familiari di cittadine comunitarie, se in possesso di una carta di soggiorno valida, hanno diritto alla prestazione. Inoltre, le cittadine extracomunitarie che dispongono di un permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico per lavoro che autorizza un impiego di durata superiore a sei mesi, possono accedere al contributo. Stesso diritto vale per chi è in possesso di un permesso per motivi di ricerca, a condizione che tale permesso abbia una validità superiore ai sei mesi.

Residenza

Un altro requisito fondamentale riguarda la residenza. Per poter accedere al sostegno, è necessario che la madre risieda stabilmente in Italia al momento della nascita del bambino o, nel caso di adozione o affidamento, al momento dell’ingresso del minore in famiglia.

Questo vincolo assicura che il beneficio sia riservato a chi vive e contribuisce nel territorio italiano.

Contributi

Il terzo requisito riguarda i contributi versati. La madre, o l’ex lavoratrice che ha perso il lavoro, deve aver versato almeno tre mesi di contributi nel periodo compreso tra i 18 ei 9 mesi precedenti la nascita del figlio. Questo requisito si applica anche alle madri che, pur avendo interrotto il lavoro, hanno beneficiato di prestazioni economiche da parte dell’INPS, come la malattia o l’indennità di disoccupazione. Tuttavia, è importante che il periodo tra la nascita del bambino e la fine del diritto alla prestazione non superi la durata della prestazione stessa, con un limite massimo di nove mesi.

Non cumulabilità

Un aspetto cruciale da considerare è che l’assegno di maternità non è cumulabile con altre prestazioni di sostegno alla maternità percepite sotto altre forme. Tuttavia, nel caso in cui l’importo dell’assegno di maternità dello Stato sia superiore a quello di eventuali prestazioni già percepite, è possibile richiedere la differenza.

In questo modo, si garantisce che le madri ricevano il massimo supporto economico possibile, anche in presenza di altre forme di sostegno minori.

Non è da confondersi con l’assegno di maternità erogato dai comuni.

La domanda per l’assegno di maternità

La domanda per l’assegno di maternità deve essere presentata entro sei mesi dalla nascita del bambino o dall’ingresso effettivo del minore nella famiglia, nel caso di adozione o affidamento. È possibile inoltrare la richiesta direttamente all’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, oppure attraverso il supporto di un patronato, che offre assistenza nelle pratiche burocratiche e nell’invio della documentazione.

Quando si procede alla richiesta dell’assegno di maternità, è fondamentale assicurarsi che tutta la documentazione richiesta sia completa e corretta.

Il mancato rispetto delle tempistiche o la presentazione di documenti incompleti potrebbe comportare un ritardo nell’erogazione del sostegno o addirittura il rifiuto della domanda.

L’assegno rappresenta un importante aiuto per molte famiglie, soprattutto in un contesto lavorativo precario, dove le entrate economiche possono essere instabili e insufficienti a coprire le spese legate alla nascita o all’accoglienza di un bambino. Le lavoratrici precarie, o quelle che hanno perso il lavoro, possono così contare su un supporto economico che aiuta a fronteggiare i primi mesi dopo la nascita, riducendo lo stress finanziario.

Contributi minimi per assegno maternità: chi ne ha diritto

Una delle questioni centrali legate all’assegno di maternità riguarda il requisito dei contributi minimi necessari per ottenere il beneficio. Come già accennato, la madre deve aver versato almeno tre mesi di contributi nel periodo compreso tra i 18 ei 9 mesi prima della nascita del bambino. Questo requisito di contribuzione è fondamentale per garantire l’accesso all’assegno. E dimostrare di aver svolto un’attività lavorativa sufficiente prima della nascita o dell’ingresso del minore.

In caso di perdita del lavoro, la madre che ha lavorato per almeno tre mesi e ha avuto accesso a una prestazione INPS (come disoccupazione o malattia), può ancora richiedere l’assegno. Purché il periodo che intercorre tra la nascita del bambino e la fine della prestazione INPS non superi la durata della prestazione stessa.

Riassumendo…

  • L’assegno di maternità sostiene le madri senza accesso all’indennità di maternità ordinaria.
  • Il beneficio è disponibile anche per adozione, affidamento e in alcuni casi per i padri.
  • Requisiti: cittadinanza italiana/comunitaria o permesso di soggiorno valido per extracomunitari.
  • La madre deve aver versato almeno 3 mesi di contributi entro 18-9 mesi prima.
  • Non è cumulabile con altre prestazioni, ma si può richiedere la differenza.
  • La domanda va presentata all’INPS entro sei mesi dalla nascita o adozione.

 

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