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La TARI, acronimo di “Tassa Rifiuti”, è un tributo che i Comuni destinano al finanziamento dei costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti; tale tributo è dovuto da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre tali rifiuti.

Il presente contributo analizza le peculiarità di tale imposta in relazione agli immobili concessi in locazione breve ed a quelli utilizzati per finalità turistiche, per i quali si pongono alcuni dubbi in merito al corretto inquadramento tariffario TARI applicabile.

Non di rado, infatti, i regolamenti comunali operano alcune importanti differenziazioni in merito agli importi dovuti a titolo di TARI, a seconda che l’immobile sia utilizzato o meno per finalità turistiche; in caso di utilizzo per finalità turistiche, infatti, è possibile che il Comune, ai fini TARI, classifichi l’immobile come un’utenza non domestica e applichi, pertanto, una tariffa più onerosa (talora non operando neanche alcun distinguo in funzione dell’eventuale esercizio in forma imprenditoriale della locazione, con impatti negativi non trascurabili sulla redditività netta attesa dall’investimento immobiliare).

Ma prima di riportare le previsioni normative di diversi Comuni, nonché alcune pronunce giurisprudenziali della Cassazione, intervenute su tale tema, verranno di seguito individuati i riferimenti normativi della TARI, nonché il soggetto obbligato al versamento (soggetto passivo) e quello legittimato a pretendere la prestazione (soggetto attivo).

La TARI è un’imposta istituita con l’articolo 1, commi 641 – 668 e 686, L. 147/2013, che – a partire dal 2014 – ha sostituito la precedente TARES (Tributo Comunale sui Rifiuti e sui Servizi) che, a sua volta, aveva sostituito la TIA (tariffa di igiene ambientale) e la TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).

Relativamente al soggetto passivo, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 643, L. 147/2013, in caso di detenzione temporanea dell’immobile di durata non superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare, la TARI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie.

A titolo esemplificativo, quindi, nel caso di un contratto di “locazione breve” di cui all’articolo 4, D.L. 50/2017, la TARI resta dovuta esclusivamente dal proprietario dell’immobile. Si tratta, infatti, di locazioni di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a trenta giorni, ivi incluse quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulate da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.

Alle stesse conclusioni deve giungersi nel caso di un contratto di locazione turistica di durata non superiore a 6 mesi nel corso dell’anno solare, in relazione al quale la TARI resterà dovuta esclusivamente dal proprietario.

Naturalmente, nulla vieterà al proprietario di recuperare, nei confronti del locatario, il costo sostenuto per tale tributo, includendolo nella quantificazione del canone di locazione dovuto per la locazione breve o turistica.

Relativamente al soggetto attivo, ovvero il creditore dell’imposta, cioè l’ente che ha il diritto a pretendere la prestazione impositiva, nella disciplina di cui alla L. 147/2013, manca del tutto la definizione di “soggetto attivo”, che quindi è individuabile solo indirettamente, leggendo le norme sul soggetto che approva il regolamento, determina le tariffe, stabilisce le scadenze, ecc.

Dal contesto normativa emerge che si tratta del Comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo.

Diventa, quindi, fondamentale individuare il regolamento comunale TARI applicabile e le relative tariffe di volta in volta approvate dal Comune. Tale imposta, infatti, è corrisposta in base ad una tariffa commisurata ad anno solare, coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria, e il Comune commisura tale tariffa in base ad una serie di parametri, tenendo anche conto dei criteri fissati dal D.P.R. 158/1999.

Arrivati ora ai casi di specie sopra menzionati, il Comune di Bologna ha stabilito che rientrano tra le utenze non domestiche TARI gli appartamenti ammobiliati per uso turistico, gestiti in forma non imprenditoriale, affittati a turisti senza servizi aggiuntivi. In particolare, in tali casi, è stata prevista l’applicazione della tariffa relativa agli “alberghi senza ristorante, affittacamere e ogni altra attività ricettiva tenuta ad applicare l’imposta di soggiorno”.

E ancora, il Comune di Verona considera, ai fini TARI, le unità abitative ammobiliate ad uso turistico quali immobili da censire tra le “utenze non domestiche”.

Invece, il Comune di Venezia ha chiarito, con una propria nota interpretativa, che le c.d. “unità abitative ammobiliate non classificate (UANC)”, definite quali alloggi dati in locazione esclusivamente per finalità turistiche, senza prestazione di servizi, debbono classificarsi – ai fini TARI – quali “utenze domestiche”, a differenza delle strutture ricettive complementari che debbono essere classificate quali “utenze non domestiche”.

Sul piano giurisprudenziale va segnalato che la Corte di cassazione, con sentenza n. 16972/2015, ha ritenuto legittima la delibera comunale che, nel regolamentare la tassa sui rifiuti, aveva creato una sottocategoria “con valori e coefficienti di quantità e qualità intermedi tra le sottocategorie di civile abitazione e alberghi”, al fine di tener conto “della promiscuità tra l’uso normale abitativo e la destinazione ricettiva a terzi” che connatura i bed and breakfast.

Più di recente, sempre la Cassazione, con la sentenza n. 14404/2024, ha affermato che è legittimo il regolamento comunale TARI che applichi al parcheggio scoperto la tariffa prevista per i garage. Ciò in quanto l’applicazione di una determinata tariffa da parte del Comune potrebbe essere legittimamente collegata all’attività che venga concretamente svolta al suo interno, indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile. Non sarebbe, quindi, viziato da illegittimità il regolamento comunale, poiché si tratta di scelta discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva attribuita a quest’ultimo dall’ordinamento, non vietata da alcuna norma statale.

In conclusione (e sintesi), per i soggetti che siano interessati a svolgere l’attività di locazione breve o turistica e/o attività di ricettività extralberghiera non in forma d’impresa è sempre consigliabile leggere con attenzione le previsioni del regolamento TARI applicabile, vista la concreta possibilità che il Comune stabilisca per tali casistiche delle tariffe più onerose.

 

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