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Dall’inizio dell’anno il governo ha messo in campo diversi bonus a sostegno delle famiglie e dei singoli italiani. Si tratta in molti casi di conferme di vecchi aiuti, ma anche di nuovi sussidi. Ora, però, con la prossima legge di Bilancio, si potrebbe assistere a una grande rimodulazione dei sostegni.

Al momento i contributi validi fino a fine 2024 (la maggior parte attendono ancora eventuali rinnovi) sono: la social card per spesa e benzina ai redditi più bassi; il bonus psicologo (con solo 6mila voucher annui); la decontribuzione dei fringe benefit a mille o duemila euro a seconda che sia abbiano o meno dei figli; un bonus fino all’1,5% dello stipendio per i dipendenti della Pa; il reddito alimentare per i meno abbienti; l’Assegno di inclusione per le famiglie povere che non possono lavorare; il bonus rafforzato per le assunzioni delle mamme e mamma della Pa; i bonus bollette; il bonus internet; il Superbonus al 70%; il bonus mobili; il bonus animali domestici; il bonus chirurgia estetica; il bonus colonnine elettriche.

E ancora: il bonus adozioni e asilo nido potenziato; il bonus casalinghe; il bonus università; la carta della cultura e del merito; la carta acquisti; il bonus patente; il bonus idrico; la carta docente. Infine: i contributi per i libri scolastici; il bonus conto corrente; l’aiuto per gli studenti fuori sede; le esenzioni dal canone rai e dai ticket sanitari; il bonus Iscro; il bonus estate, il bonus 100 euro in busta paga; gli aiuti per i disabili; il bonus caregiver; il bonus auto. Ma vediamo cosa potrebbe cambiare nel 2025.

 

La sforbiciata dei bonus nel 2025

Nella strategia del governo per arrivare a una legge di Bilancio da 23-25 miliardi di euro (la forchetta stimata ora) si punta su due direttive in particolare: l’applicazione di un quoziente familiare per le detrazioni, e la concentrazione delle risorse sui bonus per fragili e famiglie, depotenziando invece quelli dietro cui sono stati individuati meccanismi elusivi. Questo vista la scelta di non aumentare le tasse, nemmeno ai redditi più alti o ai grandi patrimoni.

Il 2025 rischia quindi di essere un anno di tagli drastici ai bonus, «e l’intenzione del governo sembra essere quella di ridurre sensibilmente gli incentivi con la prossima legge di bilancio». Lo afferma Assoutenti, segnalando come il settore edilizio e della casa sarà quello più interessato dai tagli, con numerosi bonus che – senza interventi in manovra – spariranno o saranno fortemente ridimensionati.

Si va da bonus mobili e bonus decoder (che rischiano di non essere riproposti) al bonus ristrutturazione (che potrebbe scendere dal 50% al 36%), ma ci sono anche il bonus psicologo (per il cui rinnovo il mondo parlamentare sì è però già speso) e le carte Cultura o Dedicata a te.

 

I numeri

In base agli ultimi dati disponibili, l’insieme dei crediti legati ai bonus edilizi in vigore da fine 2020 al 2024 avrebbe raggiunto un costo totale di circa 220 miliardi di euro, con un peso virtuale, spalmato sulla collettività, pari a 8.527 euro a famiglia residente, 3.679 euro a singolo cittadino, neonati compresi, analizza Assoutenti. Gli stanziamenti per i bonus non edilizi, invece, si attestano attorno ai 2 miliardi di euro solo nel 2024, dato che evidenzia una enorme sproporzione sul fronte delle risorse destinate alle famiglie italiane. «La situazione, tuttavia, sta per cambiare radicalmente: il prossimo 31 dicembre, infatti, scadranno alcune misure che potrebbero non essere rinnovate nel 2025».

 

Ecobonus e bonus mobili

«Tra queste figurano l’ecobonus, l’agevolazione fiscale attraverso detrazione Irpef o Ires al 75% riconosciuta per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici unifamiliari o nei condomini; il sismabonus, la detrazione fino all’85% per lavori riguardanti misure antisismiche su abitazioni e immobili usati per attività produttive; il bonus Verde, la detrazione Irpef del 36% per la sistemazione di aree verdi scoperte degli edifici privati; il bonus mobili ed elettrodomestici, il contributo fiscale per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici come lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi di classe superiore e meno impattante sull’energia elettrica».

 

Bonus tv e Superbonus

C’è poi anche il bonus decoder tv, cioè l’agevolazione fino a 50 euro per l’acquisto di televisori e decoder per la ricezione dei programmi televisivi con i nuovi standard tecnologici. Assoutenti elenca anche i bonus che per il 2025 hanno già subito un forte ridimensionamento. Innanzitutto il superbonus, che dal prossimo anno passerà dal 70% al 65% e sarà limitata ai lavori di condominio approvati entro il 17 febbraio 2023, documentando le spese entro il 29 marzo 2024. Il bonus ristrutturazione passerà dal 50% su una spesa pari a 96mila euro passerà dal 2025 al 36% su un massimo di 48mila euro. «Ma l’elenco di incentivi e sussidi attualmente attivi, e che potrebbero sparire il prossimo anno, è lungo», prosegue l’associazione citando bonus mamme disoccupate, bonus bollette (tlc, acqua, energia), bonus psicologo, bonus asilo nido, carta cultura e carta del merito, carta acquisti, carta Dedicata a te, bonus animali domestici.

 

Le possibili novità per l’Assegno unico

Si punta anche sul sostegno alla natalità. «L’obiettivo – spiega Leo – è venire incontro alla famiglia. Questo è un tema prioritario». Con una doppia possibilità allo studio: il governo, spiega Leo, vuole «favorire le detrazioni per la famiglia e la natalità. Ci sono diverse strade: o potenziare l’assegno unico o introdurre detrazioni specifiche per i figli, perché adesso la detrazione c’è dopo i 21 anni». Due opzioni allo studio, dunque, per un pacchetto che viene stimato tra i 5 e i 6 miliardi. L’assegno unico potrebbe essere rimpinguato ma è difficile ipotizzare, si spiega dalla maggioranza, l’introduzione di una soglia di reddito che andrebbe a cambiare del tutto la misura di tipo universalistico. Altro discorso, sul quale si starebbe ragionando, invece, è quello di escludere l’assegno dall’Isee per evitare un ricasco su altre possibili agevolazioni. Un’altra strada è invece quella dell’introduzione di detrazioni per scaglioni di reddito.

Il cantiere pensioni

Allo studio anche l’eliminazione della possibilità per la pubblica amministrazione di mandare in pensione il dipendente che ha maturato i requisiti per la pensione anticipata (42 anni 10 mesi di contributi) una volta raggiunti i 65 anni spostando il limite a 67 anni come accade nel lavoro privato. Prima dei 67 anni, anche avendo i requisiti per la pensione anticipata, si potrà così continuare a lavorare sia nel pubblico che nel privato senza che sia necessario il via libera da parte dell’amministrazione e dell’azienda.



 

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