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  • Il Decreto Riscossione introduce piani di dilazione dei debiti fiscali fino a un massimo di 120 rate, rendendo più agevole per i contribuenti in difficoltà economica la gestione delle pendenze.
  • I crediti non riscossi entro cinque anni dall’affidamento all’Agenzia delle Entrate-Riscossione saranno automaticamente discaricati, con alcune eccezioni per procedure esecutive o concorsuali.
  • Ampliata la possibilità di impugnare direttamente le cartelle esattoriali in caso di pregiudizio per il debitore, garantendo maggiore protezione in situazioni di crisi d’impresa o per l’accesso al credito

Il D. lgs. n. 110 del 2024, noto come Decreto Riscossione, concerne il riordino del sistema di riscossione nazionale. Tale riforma prevede la procedura di discarico, l’ampliamento della casistica di impugnazione del ruolo e nuovi piani di rateizzazione per i contribuenti. Dall’analisi delle norme emerge la volontà del legislatore di coadiuvare l’ente di riscossione nella gestione dei crediti.

Il sistema di riscossione ha affrontato varie difficoltà per la gestione e l’esecuzione forzata dei crediti di enti pubblici. Tali difficoltà gestionali ed esecutive derivano dal fatto che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione si è fatta carico, per conto di numerosi enti pubblici, di una grande quantità di posizioni creditorie, molte delle quali erano già difficilmente esigibili ab intio

Sebbene la normativa sia già entrata in vigore, alcune modifiche saranno efficaci dal 1° gennaio 2025. Procediamo ora ad un esame dei punti salienti del decreto. 

Decreto Riscossione: principi e linee guida

Il decreto Riscossione costituisce attuazione della legge delega n. 111 del 2023. In particolare, l’art. 18 della delega stabilisce i principi e i criteri direttivi per rivedere il sistema di riscossione.

In via esemplificativa, la legge delega prevede:

  • la pianificazione annuale delle attività di recupero, da concordare con il Ministero dell’Economia e delle Finanze;
  • la revisione delle norme sul discarico dei crediti, previste negli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999;
  • la tutela del diritto di credito degli enti pubblici, tramite la notifica della cartella esattoriale entro 9 mesi dall’affidamento del carico e l’adozione di atti interruttivi della prescrizione;
  • una riforma della responsabilità dell’Agente della riscossione, attribuendo al MEF il controllo sulla conformità delle attività di recupero rispetto alla pianificazione;
  • una progressiva modifica delle condizioni per accedere ai piani di rateazione;
  • il potenziamento della riscossione forzata, riducendo gradualmente l’uso del ruolo come strumento principale;
  • la regolamentazione della riscossione nei confronti di coobbligati solidali.

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Obblighi dell’Agente della riscossione

L’art. 2 del Decreto, in linea con quanto stabilito dall’art. 18 della legge delega, delinea l’attività che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADeR) dovrà svolgere a partire dal 1° gennaio 2025. In particolare, l’ente è tenuto a tutelare i crediti degli enti pubblici attraverso la notifica tempestiva della cartella di pagamento, entro 9 mesi dall’affidamento del carico, e dovrà compiere tutti gli atti necessari per interrompere i termini di prescrizione. 

Sul piano pratico, l’Agenzia dovrà gestire le attività di riscossione forzata in conformità alla pianificazione annuale concordata con il MEF e l’Agenzia delle Entrate. Infine, per garantire il coordinamento con gli enti pubblici, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è obbligata a inviare loro mensilmente, tramite modalità telematiche da stabilire con decreto del MEF, i flussi informativi relativi allo stato delle procedure sulle singole partite di credito e alle riscossioni effettuate nel mese precedente.

Tuttavia, la responsabilità dell’Agente della riscossione è stata notevolmente limitata: egli risponde solo in caso di dolo o colpa grave. Ciò significa che l’AdER non sarà responsabile di eventuali errori minori o difficoltà operative che potrebbero sorgere nella gestione quotidiana dei crediti, a meno che non si dimostri una negligenza grave o un’intenzione fraudolenta. 

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Decreto Riscossione: procedura di discarico dei crediti 

Il Decreto Riscossione, modificando gli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999, prevede la revisione della procedura di discarico dei crediti. Una delle innovazioni di maggior rilievo è l’introduzione dello stralcio automatico dei carichi affidati all’AdER. A partire dal 2025, i debiti non riscossi entro cinque anni dall’affidamento verranno automaticamente discaricati ed eliminati dal bilancio attivo dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Ma procediamo per gradi. 

Nel dettaglio, l’Agenzia potrà focalizzarsi sui crediti con più elevate probabilità di recupero. Secondo il nuovo meccanismo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione restituirà all’ente creditore i crediti:

  • automaticamente, per quelli affidati dal 1° gennaio 2025 e non riscossi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo;
  • anticipatamente, se rileva la conclusione del fallimento o della liquidazione giudiziale del debitore, l’assenza di beni aggredibili (verificata attraverso l’accesso all’Anagrafe tributaria) o l’inesistenza di nuovi beni rispetto a quelli già esaminati negli ultimi due anni, con esito infruttuoso.

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Condizioni e limiti del discarico

Non tutti i carichi possono beneficiare del discarico automatico. Vi sono alcune eccezioni importanti, soprattutto per i crediti oggetto di procedure esecutive o di accordi di ristrutturazione del debito. In questi casi, il discarico non si applica e il credito rimane attivo fino alla conclusione delle procedure esecutive o concorsuali. Inoltre, lo stralcio non si applica ai crediti iscritti a ruolo per debiti di natura erariale derivanti da imposte come l’IVA o l’IRPEF, che continuano a essere soggetti a misure esecutive ordinarie.

decreto riscossione cosa cambiadecreto riscossione cosa cambia

Cosa può fare l’ente creditore dopo il discarico? 

Dopo il discarico, fino al termine prescrizionale del credito, l’ente creditore originario potrà:

  • gestire direttamente il recupero del carico;
  • affidare l’esecuzione coattiva a soggetti iscritti all’albo speciale del MEF, previsto dal D.Lgs. n. 446/1997, o selezionare un soggetto tramite gara pubblica;
  • riaffidare per due anni il carico all’AdER, a condizione che emergano nuovi elementi reddituali o patrimoniali che giustifichino il riavvio delle attività di recupero, o in caso di nuovi carichi legati allo stesso debitore.

Il riaffidamento consente di recuperare crediti che, sebbene inizialmente fossero ritenuti non esigibili, possono diventare recuperabili nel tempo.

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Limitazione di responsabilità dell’Agente di riscossione

L’art. 6 del decreto modifica la responsabilità dell’Agente della riscossione nei confronti degli enti creditori nel caso in cui l’attività di recupero sia stata carente o errata, provocando la prescrizione del credito. 

L’Agente di riscossione risponde solo in caso di dolo o colpa grave. Questo significa che, in caso di inadempimento o decadenza del diritto alla riscossione per cause legate a errori non intenzionali o non frutto di grave negligenza, l’Agente non sarà ritenuto responsabile. Questa limitazione della responsabilità mira a proteggere l’Agente da sanzioni ingiustificate derivanti da errori amministrativi di lieve entità o da problematiche dovute alla complessità del sistema di riscossione.

Nello specifico, la responsabilità per colpa grave può essere invocata in circostanze in cui si dimostra che l’Agente ha agito con negligenza, ignorando regole di base o procedure fondamentali previste per la riscossione. 

decreto riscossione gazzetta ufficialedecreto riscossione gazzetta ufficiale

Decreto Riscossione: procedimento a carico dell’AdER 

La verifica inizierà con una comunicazione di avvio del procedimento inviata dall’ente pubblico all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che dovrà fornire, entro 120 giorni, la documentazione relativa dei crediti da sottoporre a controllo. Se l’Agenzia non adempie, l’ente le concederà un ulteriore termine di almeno 12 mesi per trasmettere i dati mancanti.

Se la prescrizione o la decadenza del credito è attribuibile all’Agente della riscossione, l’ente potrà notificare un atto di contestazione entro 180 giorni dall’avvio del procedimento o dalla ricezione della documentazione, con le motivazioni per cui la responsabilità viene imputata all’Agenzia. Quest’ultima avrà 90 giorni per presentare osservazioni, mentre l’ente creditore, entro 60 giorni, dovrà notificare una decisione definitiva, accogliendo o respingendo tali osservazioni.

In caso di rigetto, l’Agente della riscossione potrà:

  • chiudere la controversia pagando un importo pari a un ottavo del carico affidato, con l’aggiunta degli interessi legali;
  • presentare ricorso alla Corte dei conti.

Se non viene definita la controversia o non si presenta ricorso, l’importo dovuto sarà pari a un terzo del carico affidato, più gli interessi legali.

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Ampliamento delle ipotesi per l’impugnazione diretta del ruolo

Il D. lgs. n. 110/2024 ha introdotto un’importante riforma in materia di impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento, ampliando le ipotesi in cui il contribuente può ricorrere direttamente contro l’iscrizione a ruolo

Prima dell’introduzione del nuovo decreto, il ruolo, cioè l’atto amministrativo con cui l’ente iscrive il debito del contribuente, non era sempre direttamente impugnabile. Il contribuente poteva eccepire la legittimità della cartella di pagamento solo in alcuni casi, legati a vizi di procedura o errori di notifica. Ciò limitava il diritto di difesa del contribuente, che spesso si trovava costretto a attendere l’avvio di un procedimento esecutivo per poter sollevare eccezioni.

La riforma consente ora al contribuente di impugnare direttamente il ruolo e la cartella di pagamento in 3 principali casi :

  1. invalidità della notifica della cartella: la cartella di pagamento, o l’estratto di ruolo che la riassume, può essere impugnata direttamente nel caso in cui la sua notifica sia ritenuta invalida o non sia stata eseguita correttamente;
  2. pregiudizio derivante dall’iscrizione a ruolo: il contribuente può agire in giudizio dimostrando che l’iscrizione a ruolo comporta un pregiudizio immediato, come il rischio di esclusione da gare pubbliche, blocco di rimborsi fiscali o revoca di finanziamenti; 
  3. pregiudizi specifici: il decreto ha ampliato ulteriormente i margini per l’impugnazione, prevedendo ipotesi specifiche in cui il contribuente può dimostrare che l’iscrizione a ruolo gli arreca danno, ovvero in relazione alle procedure disciplinate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in caso di operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati, durante la cessione d’azienda.

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Nuovi piani di dilazione dei crediti

Uno degli aspetti più rilevanti del decreto riguarda l’estensione delle possibilità di dilazione. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può concedere un piano “ordinario” fino a 72 rate o, in situazioni più gravi, un piano “straordinario” di 120 rate.

Per debiti inferiori a 120.000 euro, il contribuente potrà accedere alla dilazione fino a 72 rate semplicemente dichiarando una situazione di temporanea difficoltà. Per debiti superiori a 120.000 euro, è necessario fornire documentazione che dimostri la difficoltà, come l’ISEE per le persone fisiche o l’indice di liquidità per le società.

Il nuovo piano di dilazione verrà introdotto gradualmente a partire dal 2025, con modifiche che si estenderanno fino al 2029. Il numero di rate varierà in funzione dell’importo e della documentazione presentata:

  • dal 2025 al 2026, i piani prevederanno fino a 84 rate mensili per debiti fino a 120.000 euro non documentati, e fino a 120 rate per debiti documentati;
  • dal 2027 al 2028, il numero massimo di rate aumenterà a 96 mensili per i debiti non documentati e fino a 120 per quelli documentati;
  • dal 2029, la dilazione potrà raggiungere 108 rate mensili per i debiti non documentati e 120 rate per quelli documentati, a prescindere dall’importo. 

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Proroga piano di dilazione

Il decreto ha mantenuto la possibilità di richiedere una proroga del piano di dilazione nel caso in cui il contribuente non sia in grado di rispettare le scadenze a causa di un peggioramento della situazione economica. Anche in questo caso, il contribuente dovrà presentare una richiesta formale all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, accompagnata dalla documentazione che attesti la nuova situazione di difficoltà economica. La proroga può essere concessa per un massimo di 72 rate aggiuntive.

Novità decadenza piani di rateizzazione

Un altro cambiamento introdotto dal D. lgs. n. 110/2024 riguarda la decadenza dai piani di rateizzazione. In passato, il mancato pagamento di una o più rate poteva portare alla decadenza immediata del piano di dilazione, con la conseguente perdita del beneficio della rateizzazione e l’avvio di procedure esecutive. Con il nuovo regime, è stato previsto un periodo di tolleranza che permette al contribuente di evitare la decadenza del piano di pagamento anche in caso di mancato pagamento di alcune rate, purché l’insolvenza venga sanata entro un termine specifico.

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Concentrazione della riscossione nell’accertamento

La concentrazione della riscossione nell’accertamento è un principio che prevede che l’atto di accertamento del tributo, emesso dall’Agenzia delle Entrate, diventi immediatamente esecutivo, senza la necessità di un successivo passaggio per l’iscrizione a ruolo. Questo meccanismo era già previsto dalla legislazione precedente, ma il Decreto Riscossione ne amplia l’applicazione e ne rafforza gli effetti.

In pratica, l’avviso di accertamento non solo determina l’importo del tributo dovuto, ma vale anche come titolo esecutivo per la riscossione. Ciò significa che, trascorso un certo periodo di tempo dalla notifica dell’avviso (normalmente 60 giorni), l’amministrazione fiscale può attivare le procedure di riscossione coattiva senza dover emettere una cartella di pagamento separata.

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Finora, questa disciplina si applicava principalmente agli avvisi relativi a imposte sui redditi, IRAP e alle entrate comunali, ma ora il suo ambito è stato esteso a nuove tipologie di atti. L’estensione include:

  • atti per il recupero di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati in compensazione;
  • avvisi per il recupero di tributi non versati e per cessioni di crediti d’imposta;
  • atti di irrogazione di sanzioni per violazioni tributarie;
  • avvisi di rettifica e liquidazione sul valore di immobili e aziende, imposte di successione e donazione;
  • atti relativi a imposte su assicurazioni private e contratti vitalizi;
  • avvisi di liquidazione per imposte non versate o dichiarazioni tardive, e per decadenza da agevolazioni fiscali su imposte di registro, ipotecarie, catastali, di successione e donazione, imposta sostitutiva sui finanziamenti e imposta di bollo;
  • atti di accertamento e sanzioni su tasse automobilistiche, incluso il “super-bollo”.  

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Come cambia la riscossione nei confronti dei coobbligati

Tali riforme mirano a tutelare il diritto di difesa dei coobbligati, bilanciando allo stesso tempo le garanzie del credito per l’Erario. Le modifiche sono due:

  1. la prima riguarda tutti i tipi di coobbligazione solidale, sia paritetica (dove il creditore può rivolgersi indifferentemente a qualsiasi coobbligato), sia sussidiaria (dove il creditore deve prima rivolgersi al debitore principale e solo successivamente agli altri coobbligati);
  2. la seconda si applica solo ai casi di coobbligazione sussidiaria.

Nella prima modifica, viene introdotto l’obbligo di notificare al coobbligato, sia paritetico sia sussidiario, la cartella di pagamento prima di avviare la riscossione coattiva. Questo obbligo garantisce un maggiore diritto di difesa per il coobbligato, dato che non sarà più sufficiente notificare solo l’avviso di intimazione basato sulla cartella inviata al debitore principale. La cartella di pagamento, con una motivazione più completa, dà al coobbligato più tempo per intervenire (60 giorni rispetto ai 5 giorni previsti per l’intimazione).

La seconda modifica riguarda la responsabilità sussidiaria. Quando il debitore principale ottiene un piano di rateazione per le somme iscritte a ruolo, la prescrizione del credito è sospesa anche nei confronti dei coobbligati sussidiari, a partire dal versamento della prima rata e per tutta la durata del piano. L’Agente della riscossione è tenuto a informare i coobbligati sussidiari dell’avvenuta rateazione, specificando il numero di rate e la durata del piano.

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Razionalizzazione compensazione volontaria

La compensazione volontaria è un istituto che consente ai contribuenti di utilizzare i crediti che vantano verso lo Stato (per esempio, rimborsi fiscali o crediti d’imposta) per estinguere i debiti iscritti a ruolo, come cartelle esattoriali o altre somme dovute. Il Decreto Riscossione razionalizza e semplifica l’istituto della compensazione volontaria, ampliando le ipotesi in cui i contribuenti possono avvalersene. È prevista l’estensione degli importi compensabili.

Inoltre, è ampliata  la possibilità di compensare con crediti derivanti non solo da imposte dirette (come l’IRPEF o l’IRES), ma anche da altre fonti, come crediti IVA e rimborsi di accise. Altresì, è prevista la compensazione automatica per crediti inferiori a 500 euro

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