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Potenziare l’assegno unico, come dice il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo. O aumentare le detrazioni per i figli, come ha proposto Giancarlo Giorgetti. La natalità sarà al centro della manovra. Ma qualunque decisione dovrà passare per una revisione degli sconti d’imposta. È la vera e più complessa scommessa della prossima manovra. Quelle che i tecnici chiamano con un inglesismo le “tax expenditures”. I contribuenti le conoscono bene, o meglio ne conoscono bene almeno una parte. Quella più nota ed utilizzata. Ci sono i crediti di imposta sulle ristrutturazioni, il superbonus del 110%, l’esenzione Imu per la prima casa, le detrazioni delle spese sanitarie e quelle dei mutui, la cedolare secca sugli affitti, gli sconti d’imposta per le spese scolastiche e gli asili nido. Una ventina di voci che valgono più di un miliardo l’una di minori entrate per le casse dello Stato e che in tutto assommano un’ottantina di miliardi.

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Poi c’è la parte sommersa di questo iceberg composto in tutto da ben 625 detrazioni, deduzioni, crediti di imposta e altre esenzioni, che in tutto valgono 105 miliardi di euro di minori entrate. Ed è in questa “giungla”, come l’ha definita la stessa Commissione governativa incaricata di monitorarle ed esaminarle, che il ministero del Tesoro vuole calare la scure per trovare le risorse necessarie a un taglio delle aliquote Irpef per la classe media dal 35 al 33%, che vale tra 2,5 e 4 miliardi a seconda se la soglia sarà a 50 mila o a 60 mila euro di reddito.

Dove colpiranno le forbici? Nel mirino ci sono innanzitutto quelli che sono stati ribattezzati i “mini bonus”. Si tratta di ben 145 sconti di imposta che valgono ognuno meno di 10 milioni per le casse dello Stato. Dentro c’è un po’ di tutto. C’è, per esempio, l’esenzione dalle tasse per le “buste” dei matrimoni, i regali di modico valore fatti agli sposi nel giorno delle nozze. Secondo i conti della Commissione per le tax expenditures, lo Stato ci perde un milione l’anno. Oppure c’è la “flat tax”, l’imposta fissa del 15 per cento sui soldi versati dagli studenti per le ripetizioni scolastiche ai professori (che in verità pochi denunciano), e che secondo i conteggi erode un centinaio di migliaia di euro l’anno alle casse dello Stato. E c’è anche l’esenzione Iva per le attività di bar esercitate dai circoli privati di promozione sociale. E qui lo Stato nemmeno lo sa quanto ci perde, è una delle decine di sconti di imposta per i quali non è possibile fare una quantificazione credibile. Ai fini della manovra, però, il problema dei mini bonus è che sono, appunto, mini. Pur cancellandoli tutti si riuscirebbero a recuperare solo 400 milioni di euro. E il governo non ha intenzione di cancellarli tutti. Quelli che hanno un’utilità sociale, come per esempio la detrazione di 1.000 euro per le spese dei cani guida, saranno salvati. Per ottenere più risorse bisognerà, insomma, mettere mano anche alle detrazioni e deduzioni più rilevanti. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha già fatto sapere di essere favorevole ad una rimodulazione che premi le famiglie con figli. Più sconti fiscali, insomma, per scuola, asili nido, sport, e tutte le altre spese legate all’educazione.

In realtà il progetto, al quale sta lavorando il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, è più articolato. Un suggerimento lo aveva dato la stessa Commissione governativa sulle tax expenditures: fissare un limite percentuale rispetto al reddito disponibile. Un approccio definito «realista». Un limite massimo del 2-4 per cento del reddito alle detrazioni. Per chi dichiara 50 mila euro, si tratterebbe da mille a duemila euro l’anno di detrazioni massime dal reddito.

IL PASSAGGIO

Questo tetto, per tenere conto della “variabile Giorgetti”, dovrebbe essere adeguato con un quoziente familiare. Più si hanno figli, cioè, più il tetto dovrebbe essere alto. Al puzzle mancano però diversi tasselli. Il principale è quali sconti d’imposta potrebbero rientrare in questo tetto. Il governo ha sempre detto di voler escludere da qualsiasi revisione, le spese sanitarie e quelle per la casa, come gli interessi sui mutui. Due voci con un peso importante sugli oneri detraibili. Ma senza interventi incisivi potrebbe essere difficile recuperare quei 5-6 miliardi di euro ritenuti necessari a rafforzare le misure a favore delle famiglie con figli. Intanto, secondo i calcoli fatti dalla Cgil e diffusi con un report, riapplicare lo stesso criterio per la rivalutazione delle pensioni dello scorso anno (recupero pieno solo per quelle inferiori a 4 volte la minima), il risparmio per le casse dello Stato sarebbe di un miliardo di euro.

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