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Dal Lussemburgo arriva una doccia fredda per la Commissione europea, che a febbraio aveva presentato un report complessivamente soddisfacente sull’utilizzo dei fondi del Piano ripresa e resilienza, anche dal punto di vista della realizzazione di opere utili nella battaglia contro i cambiamenti climatici. Secondo una dettagliata analisi ora diffusa dalla Corte dei conti europea, però, la realtà sarebbe ben diversa. Se per la Commissione Ue i fondi destinati alle misure a sostegno della transizione sono arrivati a circa il 43% del totale, una percentuale dunque superiore al 37% precedentemente stabilito, all’organismo comunitario responsabile di monitorare le entrate e le uscite dell’Unione e dei suoi vari organi al fine di accertarne la sana gestione finanziaria risulta altro, e cioè che questi contributi green «potrebbero essere sovrastimati di almeno 34,5 miliardi di euro, oltre a presentare ulteriori problematiche»

Nell’audit diffuso da Lussemburgo, sede della Corte dei conti Ue, si ricorda che uno dei principali obiettivi del Recovery and resilience plan, traghettato nel Pnrr italiano, è quello di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Europa e alla transizione verde negli Stati membri dell’Ue. Diversamente da altre precedenti forme di spesa comunitarie, i fondi stanziati nell’ambito del piano approvato nel 2021 per rilanciare l’economia dopo la pandemia sono erogati sulla base dell’avvenuto raggiungimento di traguardi e obiettivi, invece che in risposta alle spese effettivamente sostenute. Oltre ad altre debolezze, la Corte ha constatato che questo modello di finanziamento e il relativamente breve calendario di attuazione del Pnrr hanno fatto sorgere dubbi sul fatto che tutte le somme pianificate per l’azione per il clima vi contribuiscano effettivamente. «Il Recovery costituisce un grande investimento in tutta l’Ue e, se appropriatamente attuato, dovrebbe grandemente accelerare il conseguimento degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Ue», ha affermato Joëlle Elvinger, membro della Corte responsabile della relazione. «Tuttavia, soffre attualmente di un elevato livello di approssimazione nei relativi piani, nonché di discrepanze tra la pianificazione e la pratica, ed in ultima analisi fornisce poche indicazioni circa la misura in cui il denaro sia impiegato direttamente per la transizione verde».

In pratica la Corte, che tra l’altro pochi giorni fa aveva lanciato un allarme sull’andamento delle misure adottate in Italia per raggiungere gli obiettivi del Pnrr, sottolinea in questa nuova relazione che il contributo all’azione per il clima dei fondi Recovery non è sempre individuato con precisione. Per calcolare la percentuale delle somme stanziate per l’«azione per il clima», la Commissione europea utilizza la formula del «coefficiente climatico». Alle azioni che sono giudicate apportare un contributo sostanziale all’azione contro i cambiamenti climatici viene attribuito un coefficiente climatico del 100%; alle azioni che apporterebbero un contributo positivo, non marginale, viene attribuito un coefficiente del 40%, e ai fondi apportanti un contributo nullo o insignificante un coefficiente dello 0%. Tuttavia, per molte misure non si aveva una netta distinzione e gli auditor della Corte hanno constatato che, in alcuni casi, i rispettivi contributi agli obiettivi climatici sono stati sovrastimati. Per di più, è emerso che alcuni progetti etichettati come verdi mancavano, a ben guardare, di un nesso diretto alla transizione verde. Ad esempio, ad una misura volta a migliorare la gestione delle risorse idriche è stato assegnato un coefficiente climatico del 40 %. In realtà, i fondi sono stati spesi per soluzioni informatiche pubbliche per digitalizzare il sistema di approvvigionamento idrico; in altre parole, un coefficiente dello 0 % sarebbe stato più appropriato. Per evitare tali casi, la Corte raccomanda, nel futuro, di valutare più dettagliatamente e precisamente i progetti pertinenti per il clima. 

Alle critiche e alle raccomandazioni pervenute dalla Corte dei conti Ue, ha risposto a stretto giro la stessa Commissione europea, con parole anche piuttosto piccate. Da Bruxelles è stato diramato un comunicato in cui si sottolinea che l’organo di governo comunitario «prende atto» delle raccomandazioni arrivate da Lussemburgo. Nel testo si spiega di accogliere «con favore» il riconoscimento «del fatto che il Pnrr contribuisce alla transizione verde dell’Ue» spingendo gli Stati a includere misure sostanziali per il clima nei piani di ripresa. «Tali misure – nota però la Commissione europea – ammontano al 43% dei fondi totali impegnati nei piani nazionali, seguendo la metodologia prescritta dal regolamento Pnrr. Ciò è ben al di sopra dell’obiettivo del 37% stabilito dal regolamento e sono le norme del regolamento Pnrr che la Commissione è tenuta a rispettare, non le metodologie alternative che la Corte dei Conti potrebbe preferire vedere nella legislazione futura». E ancora: «Alcune critiche espresse dalla Corte dei conti europea riguardano aspetti che vanno oltre il regolamento del Pnrr o non sono regolamentati da esso. Ad esempio, il calcolo della Corte dei Conti europea del contributo climatico del Pnrr si basa su coefficienti diversi da quelli forniti dal Regolamento del Pnrr». Gli auditor europei chiedono alla Commissione «di pubblicare i dati sulla spesa effettiva, mentre il Regolamento Pnrr non richiede alla Commissione di farlo. Invece, la Commissione controlla il raggiungimento di traguardi e obiettivi prima di erogare qualsiasi richiesta di pagamento».

 

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