RIETI – Tredici anni dopo l’inchiesta che lo fece finire per 25 giorni agli arresti domiciliari, con l’accusa di tentata concussione nei confronti della (ex) comandante della polizia municipale (l’ipotesi della procura riguardava presunte pressioni esercitate sulla dirigente per ottenere il rilascio di licenze in favore degli amici), seguita da due condanne in primo e secondo grado, ma conclusa in Cassazione con sentenza annullata e assoluzione per infondatezza del reato contestato, l’ex sindaco di Cittaducale, Giovanni Falcone, si è visto però respingere dalla stessa Corte la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 9 settembre al 4 ottobre 2011, decisione che ha confermato quanto già aveva stabilito l’ordinanza della Corte di Appello nel dicembre 2023.
Le motivazioni. E in riferimento a quest’ultima decisione, secondo i giudici di legittimità (sentenza 33132 della quarta sezione penale), chiamati a esaminare il ricorso presentato dalla difesa di Giovanni Falcone, «in verità la motivazione dell’annullamento senza rinvio della Suprema Corte (sentenza di assoluzione del 1 dicembre 2020, ndr.) è certamente netta, ma non già severa come afferma il ricorrente», e così gli attribuisce una «colpa concausativa» nell’emissione della misura cautelare disposta dal giudice delle indagini preliminari nel 2011. Provvedimento limitativo della libertà personale sempre contestato con durezza in ogni passaggio della lunga vicenda giudiziaria dall’ex sindaco, la cui difesa ha parlato di «osservazione abnorme, perché la misura cautelare non poteva, e non doveva, essere emessa, a prescindere da qualsiasi contributo causale di Falcone proprio perché, anche qualora egli avesse operato al fine di consolidare la ricostruzione dei fatti così come contestati, si sarebbe sempre trattato di un contributo che non configurava un reato, e se il Pm e i vari giudici hanno disegnato un’ipotesi di reato non lo si deve a Falcone, ma solo all’errore di sussunzione commesso dai togati». Domanda conseguente: ma, allora, se Falcone è stato assolto «perché il fatto non sussiste» non essendo emerso da parte sua «alcun comportamento costrittivo nei confronti della dirigente, che sia risultato immediatamente funzionale al conseguimento di una prestazione di denaro o altra utilità», in quali condotte colpose sarebbe incorso l’ex sindaco, al punto da spingere il gip a disporne gli arresti domiciliari richiesti dalla procura? La risposta della Cassazione si è fondata su alcuni elementi contenuti nell’ordinanza di rigetto della domanda risarcitoria da parte della Corte di Appello, contro il cui accoglimento si era costituita l’Avvocatura dello Stato, che fanno risalire a Giovanni Falcone, «percepibili manifestazioni di astio e insofferenza verso la comandante dei vigili urbani e il clima di tensione esistente in Comune verso i funzionari che non erano compiacenti, e su tali comportamenti si incentra, con motivazione non illogica e non incongrua, la colpa concausativa».
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