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Per trovare i fondi necessari alla legge di bilancio 2025, il governo Meloni potrebbe mettere mano agli sconti fiscali, o tax expenditures, già esistenti. Trovare quali cancellare senza toccare settori importanti, però, è complicato. Una possibile soluzione sarebbe un taglio ‘lineare’ delle detrazioni, per tutti i contribuenti, in base al reddito.

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Nella prossima legge di bilancio del governo Meloni ci sono alcuni punti fissi. Riconfermare il taglio del cuneo fiscale e tornare a ritoccare l’Irpef a tre aliquote, ad esempio. Ma c’è anche un’altra certezza: i soldi non basteranno per fare tutto, e quindi potrebbe essere necessario tagliare alcuni bonus. Ne ha già parlato negli scorsi giorni Marco Osnato, presidente della commissione Finanze alla Camera, dicendo che c’è “una selva importante di incentivi, bonus, deduzioni“, di cui alcuni hanno valore (“come le deduzioni delle spese mediche”) mentre altri “appaiono come spese clientelari che non hanno più ragione di esistere”.

Così, quella “selva” potrebbe essere sfrondata, per così dire, per ritagliare dei fondi in più da dedicare alla legge di bilancio. Il condizionale è d’obbligo, perché già lo scorso anno in questo periodo si parlava di tagliare le detrazioni fiscali inutili, ma la cosa non è poi stata messa in pratica finora.

Il punto è sempre lo stesso: gli sconti fiscali toccano gli ambiti più diversi e sono moltissimi. Le stime più diffuse parlano di 625 agevolazioni, che l’anno scorso sono costati allo Stato 105 miliardi di euro, ma l’elenco può allungarsi a seconda di come si considerano (un dossier del Senato, lo scorso anno, parlava di 740 sconti).

Molte di queste sono ritenute troppo importanti per essere cancellate: si tratta delle detrazioni per le spese sanitarie, oppure di quelle per i figli, ad esempio. Alcune, però, riguardano categorie ristrette di persone. Molte sono dedicate a meno di 30mila persone in tutto, anche perché tutti i governi negli anni hanno inserito nuove agevolazioni per gruppi specifici, anche per averne vantaggi elettorali.

Ci sono sconti fiscali che costano meno di dieci milioni di euro all’anno, quindi cancellarli avrebbe un impatto ridotto sulla cittadinanza, ma per arrivare a un risparmio importante bisognerebbe eliminarne molti. La stima è che ci siano 145 in tutto, dal valore complessivo di appena 400 milioni di euro.

Per arrivare a somme significative, quindi, bisognerebbe mettere in discussione alcune delle detrazioni più grandi. La riforma fiscale del governo Meloni, però, mentre si impegnava a rivedere le tax expenditures ha anche stabilito di non toccare quelle su lavoro, pensione, impresa, famiglia, salute, disabilità, arte, cultura, ambiente, ricerca, istruzione e innovazione. Insomma, quasi tutte.

Visto che entro il 20 settembre il governo dovrà inviare alla Commissione europea il suo Piano strutturale di bilancio (che definirà il programma dei prossimi cinque anni, a livello fiscale), i lavori su questo aspetto stanno accelerando. Una delle possibilità sarebbe di ‘tagliare’ le detrazioni direttamente quando vengono scalate dall’Irpef. In pratica, si tratterebbe di una riduzione ‘lineare’ degli sconti fiscali, e quindi un aumento dell’imposta da versare. Lo stesso sistema già utilizzato quest’anno per i redditi sopra i 50mila euro, con una riduzione da 240 euro per ‘compensare’ il calo dell’Irpef. Che ora potrebbe essere esteso a tutti, anche se in misura ridotta.



 

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