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La demolizione delle passerelle alla Vela Celeste – ANSA

A un mese dalla tragedia del 22 luglio scorso, la Vela celeste di Scampia è del tutto inaccessibile: tutte le vie d’accesso all’edificio sono state abbattute, ponendo fine al viavai degli oltre 800 sfollati durato quasi un mese. Non rientreranno più nelle loro case, se non per prendere le ultime cose quando la Vela sarà messa in sicurezza dai tecnici del Comune di Napoli: gli unici a poter entrarci ora.

È quanto ha stabilito un’ordinanza emanata nei giorni scorsi dal sindaco, Gaetano Manfredi, nella quale è specificato che i vigili del fuoco hanno decretato in via precauzionale l’inagibilità dell’intero complesso della Vela celeste, interessata da uno «stato di diffuso degrado».

Alle stesse conclusioni erano arrivati nel 2016 i tecnici del Comune di Napoli, e a fine 2015 l’allora sindaco, Luigi de Magistris, aveva addirittura disposto – ma non fatto attuare − lo sgombero coatto dell’edificio nel quale una passerella è collassata il mese scorso, uccidendo tre persone e ferendone tredici. Solo questo ha portato, a quasi dieci anni dal primo allarme, a far sgomberare la Vela.

Gli sfollati: ecco il vero nodo della questione ora. Lasciato ormai il polo universitario del quartiere, nel quale buona parte di essi sono rimasti accampate durante le prime settimane, ogni famiglia è chiamata oggi a trovare una sistemazione in attesa che siano costruiti i 433 nuovi alloggi popolari già previsti nel progetto di riqualificazione urbana denominato dal Comune Restart Scampia. I soldi non mancano: gli sfollati riceveranno fino a dicembre 2025 un contributo mensile che va da 400 a 900 euro per nucleo familiare (che può arrivare anche a 1.100 euro, qualora fossero presenti persone anziane o disabili), grazie al recente stanziamento di tre milioni di euro da parte del governo e a un milione di euro messo a disposizione dal Comune di Napoli nei giorni successivi alla tragedia del 22 luglio scorso. I soldi ci sono, dunque. Ma sono proprio le case da affittare a mancare, stando alle testimonianze di molti sfollati. I paletti posti dalle agenzie immobiliari sono troppi per gli abitanti di un contesto sociale come quello delle Vele di Scampia: su tutti, la presenza di pochi bambini (quando molte famiglie sfollate hanno almeno tre figli al proprio interno) e la presentazione di una busta paga, in un quartiere con percentuali di disoccupazione altissime. Così, pur avendo incassato le prime tre mensilità del contributo erogato dal Comune, molte famiglie non sanno dove andare.

In molti, fin dai giorni immediatamente successivi alla tragedia, quando il rientro nella Vela sembrava una prospettiva non molto lontana, hanno affidato i propri figli a familiari (alcuni sono al Nord da fratelli e sorelle). L’inizio della scuola, in un contesto nel quale la presenza di bambini è molto alta, complica non di poco le cose per l’immediato futuro. In questa fase, decisivo è stato anche il ruolo della Chiesa e del Terzo settore, molto diffuso a Scampia. In particolare, 19 persone, tra cui malati di cancro e bambini disabili, hanno trovato fin dall’indomani della tragedia del 22 luglio scorso ospitalità dai padri gesuiti della Rettoria di Santa Maria della Sapienza. Ma nei prossimi giorni dovranno lasciare la struttura, e anche per loro si pongono gli stessi interrogativi che si pongono per tutti gli sfollati.

A loro si sono aggiunti nei giorni scorsi altri, sgomberati dalla Vela rossa, dove i vigili del fuoco hanno trovato situazioni di degrado simili a quelle che hanno portato al crollo della passerella avvenuto nella Vela celeste. L’obiettivo più a lungo termine resta l’approdo nei nuovi alloggi popolari-modello simili a quelli già presenti nel quartiere, nei quali vivono gli ex abitanti delle quattro Vele già abbattute. Manfredi è stato chiarissimo: non sarà fatto alcuno sconto ai non pochi abusivi delle tre Vele rimaste ancora in piedi. Ironia della sorte, l’unica che non sarà abbattuta sarà proprio quella celeste, che ospiterà uffici pubblici e privati.



 

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