diAlberto Zorzi
Lunedì l’interrogatorio «confronto-scontro» con i magistrati. L’assessore regionale: «Favori da Ching? Non sono indagato»
Il tanto atteso «confronto-scontro» tra i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini e l’ex assessore alla Mobilità di Venezia Renato Boraso sarà lunedì 19 agosto. Boraso da un mese è in una cella del carcere Due Palazzi di Padova, arrestato lo scorso 16 luglio nell’ambito della maxi-inchiesta della Guardia di Finanza con l’accusa di una decina di ipotesi di corruzione per garantire a imprenditori amici gare «su misura» e provvedimenti urbanistici favorevoli. Un sistema collaudato, secondo gli inquirenti: Boraso, con alcune sue società (in particolare la Stella Consulting) emetteva fatture per prestazioni professionali ritenute inesistenti, che dunque mascheravano delle tangenti. «Siamo pronti a rispondere punto su punto», aveva già detto nei giorni scorsi il suo difensore, l’avvocato Umberto Pauro.
L’interrogatorio con i pm
Di certo dipende da quale sarà il taglio dato all’interrogatorio dai pm: se sarà un primo confronto generale, se si andrà ad analizzare le accuse punto per punto, se invece le richieste verteranno su altri filoni, per esempio la vicenda del tentativo di vendita dell’area dei Pili di proprietà del sindaco Luigi Brugnaro, che per questo è indagato (ma senza alcuna richiesta di misura cautelare) con l’ipotesi di corruzione. Potrebbe anche essere un primo round, per poi proseguire in un altro appuntamento futuro. Boraso, detenuto in una cella da quattro, è molto provato soprattutto per il fatto di non aver ancora potuto vedere nessuno della sua famiglia, in particolare il figlio di 14 anni. Ma questo mese gli è servito per studiarsi bene le carte dell’accusa, al punto che l’interrogatorio di domani non dovrebbe essere «confessorio», ma difensivo: l’ex assessore è infatti pronto a spiegare ai pm per ogni singola fattura a che cosa si riferisce e che cosa è stato da lui fatto concretamente.
Il «favore» a Ching
Tra i vari episodi contestati c’è anche una consulenza da 60 mila euro (più Iva) nei confronti della Falc Immobiliare, che secondo l’accusa sarebbe stata una mazzetta per ridurre il prezzo di vendita di Palazzo Papadopoli, immobile di Ca’ Farsetti ceduto nel 2017 per 10,7 milioni al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, dopo che alcuni anni prima era stato stimato 14 milioni. Per procura e Finanza si sarebbe trattato di un «favore» a mister Ching per spingerlo a comprare i Pili, operazione che ovviamente interessava a Brugnaro. Il magnate all’epoca aveva comprato anche un altro Palazzo, il Donà delle Rose in campo Santa Maria Formosa, che alcuni mesi fa ha già venduto al fondo Blue Sgr. Palazzo Donà era stato comprato per 7,1 milioni di euro e sono stati investiti altri 6,2 milioni per trasformarlo in un hotel a 5 stelle, che era stato affidato per 15 anni alla gestione della società The Srl, di proprietà della famiglia di Francesco Calzavara, attuale assessore regionale al Bilancio.
Il cambio proprietà di Palazzo Donà
Ma con il cambio di proprietà, si è scoperto che anche Calzavara ha lasciato l’hotel, con una «buonuscita» che si vocifera essere stata di 4 milioni di euro. «Da tempo cercavamo un albergo a Venezia e a inizio 2019, quando ero consigliere ma non assessore, ci venne segnalato questo palazzo in ristrutturazione – afferma –. La proprietà chiedeva un contributo di ingresso per terminare i lavori e nel settembre abbiamo formulato la nostra proposta. A novembre 2019 firmammo il contratto, ma tra Covid e acqua granda abbiamo aperto solo a dicembre 2022. In tutto abbiamo speso 2,7 milioni, che ci sono stati riconosciuti insieme a un indennizzo per l’avviamento». Sul perché abbia lasciato, Calzavara parla di «contrasti familiari nella gestione». Il grande accusatore Claudio Vanin aveva denunciato il fatto che la The avesse preso la gestione a fronte di una proposta che era la metà rispetto ad altre sul tavolo, perché Ching voleva ingraziarsi la politica. «Il fatto che non sia indagato dimostra la mia estraneità», evidenzia l’assessore.
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