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Perché il generoso contributo della Regione Siciliana, nell’ultima manovra di bilancio, è andato solo al Trapani Calcio? E’ una delle riflessioni che fa il Sindaco di Ragusa, Giuseppe Cassì.

Civico, vicino al centrodestra, Cassì fa una lunga riflessione partendo dalla “mancia” più scandalosa tra le tante contenute nel maxi emendamento all’ultima manovra approvata dall’Ars qualche giorno fa: i 300mila euro al Trapani Calcio, peraltro una srl, del presidente Valerio Antonini, per il quale lavoro il figlio del Presidente della Regione, Renato Schifani.

Ma le riflessioni di Cassì si allargano, giustamente, al modo in cui vengono gestiti i soldi tramite questi emendamenti che, come abbiamo raccontato ieri su Tp24, stanziano soldi a pioggia senza criterio.  

“Perché solo una società calcistica siciliana è stata considerata meritevole di un ricco contributo regionale? Visto che si tratta di fondi pubblici di tutti i siciliani, come mai le altre squadre che militano nella stessa categoria non hanno ricevuto uguale sostegno? E le migliaia di società delle altre categorie? E tutte quelle società di altre discipline che consentono ai nostri giovani di fare sport? E ancora perché un solo Comune potrà ridurre i costi per la mensa e il trasporto scolastico grazie ancora una volta a ingenti risorse della Regione siciliana? Negli altri Comuni non si va a scuola? Le altre famiglie siciliane ne hanno meno diritto? Perché solo alcuni Comuni ricevono finanziamenti regionali per l’organizzazione di eventi natalizi? Negli altri Comuni non si festeggia il Natale? Si può considerare il Natale come un extra, un una tantum solo di pochi?” sono le domande che si pone il primo cittadino di Ragusa.

E continua:  “Sono sempre di più e più evidenti le discrepanze attuate dalla politica regionale nella suddivisione delle risorse pubbliche che appartengono a tutti i siciliani. Più del merito, più della progettualità, più delle necessità dei territori vale il potere discrezionale dei politici, che sfocia fatalmente nell’arbitrio. La pratica di suddividere tesoretti milionari a ciascun deputato, che a sua volta è libero di assegnarli in maniera diretta, è ormai consolidata.

Certamente c’è chi li utilizza per rispondere alle esigenze reali del territorio, adottando criteri meritocratici e trasparenti, ma c’è anche forte il sentore che qualcuno li distribuisca guardando al tornaconto elettorale che possono garantire.

È la mortificazione del merito, dell’oggettività, dell’equidistanza.

È un’emorragia che priva la Sicilia di risorse che potrebbero essere investite per risolvere strutturalmente le tante fragilità di quest’isola.

È un sistema localistico che disperde energie e fondi, che alimenta contrapposizioni, che stimola campanilismi e rivendicazioni di politici schiavi del consenso.

È una “guerra tra poveri”, coi Sindaci privi di risorse che devono guadagnarsi le simpatie di questo o di quel politico; l’amico “potente” che elargisce il contributo aprendo il portafoglio come fossero soldi suoi.

C’è una linea di confine netta tra il dover corrispondere alle richieste che provengono dal territorio da cui si è eletti e il principio di etica amministrativa che impone di evitare disparità nella attribuzione di risorse e nella erogazione di servizi”.

Infine: “Dobbiamo dunque rassegnarci a questo stato di cose divenendo di fatto complici? O possiamo immaginare una Sicilia diversa, con una politica che guardi al perseguimento del bene comune, non quello di pochi e non certamente di chi gestisce le risorse?”



 

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