Chiede un finanziamento al fondo di garanzia per fronteggiare l’emergenza Covid per la sua azienda, ma con quei soldi compra una casa.
L’imputato, difeso dall’avvocato Edoardo Maglio, aveva patteggiato la pena davanti al giudice per l’udienza preliminare per l’accusa di avere ottenuto “un finanziamento, accedendo dal Fondo di garanzia per le PMI, finalizzato ad avere liquidità per il pagamento di fornitori e dipendenti, così come previsto dalla normativa emergenziale” per il Covid. Il finanziamento dell’importo di 30.000 euro, però, “erogato da un istituto di credito e assistito dalla predetta garanzia, non veniva impiegato quale prestito infruttifero in favore dell’amministratore che utilizzava la somma per l’acquisto di un immobile”. Nella sentenza di patteggiamento il giudice dell’udienza preliminare disponeva “la confisca del profitto del reato”, cioè i 30mila euro, somma corrispondente all’importo del finanziamento.
L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione sostenendo che “il giudice dell’udienza preliminare avrebbe erroneamente quantificato il profitto dell’illecito in una somma pari all’ammontare del finanziamento, omettendo di considerare che tale importo costituisce un debito per il beneficiario e, quindi, non può essere individuato come un indebito arricchimento”. La confisca della somma “determinerebbe una duplicazione di pagamento, posto che da un lato la società verrebbe privata dell’importo finanziato e, al contempo, permarrebbe l’obbligo di restituzione nei confronti dell’istituto mutuante”.
Per la Cassazione il ricorso è fondato in quanto “non è stata concordata dalle parti, essendo stata disposta unilateralmente dal giudice” e questo porta anche alla nullità dell’accordo di patteggiamento che avrebbe dovuto ricomprendere anche un accordo sulla somma. Ne consegue l’annullamento con rinvio per un nuovo patteggiamento.
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