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Non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima”. Lo affermava la premier Giorgia Meloni, lo scorso marzo, presentando i punti principali della sua riforma fiscale, citando la celebre frase del compianto Tommaso Padoa Schioppa. Eppure, almeno a giudicare dalle indiscrezioni che filtrano dai palazzi di governo, per il centrodestra le tasse non sono poi così male. Almeno a parole. Archiviata, almeno per il momento, l’imposta su banche e assicurazioni – ribattezzata “contributo di solidarietà”, già introdotta e poi smontata l’estate scorsa – Palazzo Chigi è pronto a varare, se non nel Consiglio dei ministri di domani in uno dei prossimi in autunno, l’aumento e l’estensione su tutto il territorio nazionale della tassa di soggiorno. Il ministero del Turismo, dopo la bocciatura delle organizzazioni di categoria, non ha nemmeno fatto in tempo a rinviare il provvedimento, che già filtrano indiscrezioni di un nuovo balzello che sarebbe allo studio del Tesoro: l’introduzione delle accise anche per le auto elettriche. Del resto, la lunga lista di tasse previste sul prezzo al litro della benzina – dalle spese per il conflitto in Abissinia del 1935 a quelle dovute alla crisi di Suez del 1956 – non è applicabile per chi non monta un motore a scoppio sul proprio veicolo. Ecco perché il governo vorrebbe rimediare, tassando anche chi si affida alle batterie.

Lo stereotipo è talmente radicato che in pochi hanno dimenticato le parole pronunciate nel lontano 2007 dall’allora ministro dell’Economia del governo Prodi, di centrosinistra, Tommaso Padoa-Schioppa: “Le tasse? Dovremmo avere il coraggio di dire che sono una cosa bellissima – diceva a In mezz’ora su Rai3 – un modo civilissimo di contribuire a servizi indispensabili come la salute e la scuola”. Fu anche grazie a quelle parole che si instaurò, nel dibattito pubblico, quell’identificazione della “sinistra” con la parola “tasse”. Una delle promesse cardine di Silvio Berlusconi, del resto, suonava così: “Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani”. Sono passati diciassette anni, Padoa-Schioppa e Berlusconi non ci sono più, e a quanto pare le cose sono cambiate. Anche il governo Meloni, centrodestra, da quando si è insediato nell’ottobre 2022, ha messo “le mani nelle tasche degli italiani”.

Nonostante l’attuale premier puntasse la sua campagna elettorale girando spot alla pompa di benzina e denunciando le accise, queste ultime sono ancora tutte lì da quando i Fratelli d’Italia si sono insediati a Palazzo Chigi. Anzi, lo ‘sconto’ di 25 centesimi di accise inaugurato dal governo Draghi a seguito della guerra in Ucraina, l’anno dopo non è stato rinnovato proprio da Meloni e compagnia. Oggi, un anno e mezzo dopo, come riporta da ultimo Il Giornale questa mattina, per recuperare risorse per la prossima manovra di bilancio, è lo stesso governo a riflettere sull’estensione delle accise anche alle auto elettriche. Un’idea partorita sulla base di una stima elaborata da Via XX Settembre, per cui con l’invasione dell’elettrico, la perdita in termini di accise non riscosse per i minori consumi di benzina e diesel si aggirerebbe attorno ai 3,8 miliardi di euro l’anno a partire dal 2030. Un’altra misura allo studio per fare cassa, ammette lo stesso governo, sarebbe l’aumento della tassa sul turismo, oggi limitata solo alle grandi città e con un gettito poco rilevante: dal prossimo anno, secondo i piani di Chigi, verrebbe riscossa in tutta Italia, anche nei paesini più sperduti e meno gettonati per il turismo di massa, per un importo progressivo pronto ad arrivare fino a 25 euro a notte per gli alberghi più costosi.

Durante i quasi due anni di governo Meloni, le tasse sono aumentate anche per gli agricoltori, gli stessi che, nei mesi scorsi, se la sono presa con l’Unione Europea, nonostante sia stata la Legge di Bilancio scritta e approvata a fine 2023 a Roma a non rinnovare la sospensione dell’Irpef per 248 milioni di euro l’anno sui redditi dominicali e agrari. Un’esenzione – cioè una riduzione delle tasse – che, per la cronaca, fu varata da un governo di centrosinistra, quello guidato da Matteo Renzi. Con l’ultima manovra, Meloni ha anche aumentato l’Iva, l’imposta sui consumi, dal 5 al 10 per cento su tutti i prodotti per la prima infanzia (latte in polvere, seggiolini, pannolini e via dicendo), nonché sui prodotti igienici femminili, come assorbenti, tamponi e coppette mestruali. La premier si è difesa, ricordando che l’anno prima era stata lei stessa ad abbassare quella percentuale. Per poi però aumentarla dodici mesi dopo.

Il governo ha poi innalzato le imposte per chi decide di vendere una seconda casa ristrutturata con il Superbonus 110%, contraddicendo ad una presunta ‘sacralità’ della casa di proprietà degli italiani per il centrodestra. L’esecutivo ha aumentato la cedolare secca sugli affitti brevi, nonché la tassazione agevolata per il rientro dei cervelli. Mentre ha tentato, prima del successivo passo indietro, di far pagare alle banche una tassa sui cosiddetti ‘extraprofitti’ macinati con l’aumento dei tassi di interesse. Un’idea, quella di prevedere un “contributo di solidarietà” per istituti bancari e assicurativi che però sembra essere stata archiviata, almeno per il momento. Da ultimo, si legge nella bozza del decreto Ferragosto pronto a sbarcare in Cdm domani, raddoppia l’imposta sostitutiva per chi trasferisce la residenza in Italia, passando da 100.000 a 200.000 euro, per i redditi prodotti all’estero. E tutto questo nonostante sia stata la stessa premier a dire: “Sono bellissime le libere donazioni, non i prelievi imposti per legge”.

 

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