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Articolo tratto dal numero di maggio 2024 di Forbes Small Giants. Abbonati!

Risparmiare energia non è una missione impossibile per il nostro sistema delle imprese, ma una necessità per restare competitivi su scala globale e ridurre i costi improduttivi, oltre a un aspetto imprescindibile dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Come dimostrano le tante realtà che hanno avviato una riconversione dei propri impianti e delle proprie attività affidandosi a Fedabo, società benefit che da 25 anni aiuta le imprese ad ottimizzare costi e consumi energetici, con particolare attenzione agli aspetti ambientali e sociali. Tanto che nel 2021 ha ottenuto la certificazione B Corp, promossa dall’ente no profit B Lab. Negli ultimi anni si è avvertita una crescente attenzione da parte delle imprese al tema energetico, che non viene più visto solo come fattore di risparmio bensì come una vera e propria mission a vantaggio anche dell’ecosistema, come ci racconta l’amministratore delegato Katia Abondio.

Come è iniziata la vostra avventura?

Siamo partiti con il sogno di rendere il mondo più sostenibile da un punto di vista ambientale ed energetico, dando una mano ai nostri clienti a ottimizzare i costi e i consumi, mirando anche a ridurre l’impatto che le aziende hanno a livello sociale. Il primo passaggio è avvenuto a livello di costi: 25 anni fa c’è stata la liberalizzazione dell’energia elettrica e ci siamo trovati di fronte a un mercato diverso, passando da quello predeterminato a uno con più offerte da analizzare sul fronte delle commodities. Dopo di che siamo passati a incentivare l’investimento del risparmio generato con l’ottimizzazione dei consumi attraverso la realizzazione di diagnosi specifiche e stimolando un investimento soprattutto a livello gestionale, finalizzato al risparmio di energia. Negli ultimi dieci anni c’è poi stata una grande accelerata sul fronte delle certificazioni riguardo all’impatto che la riduzione dei consumi genera sull’ambiente.

Quanto ha pesato la necessità di risparmiare e quanto invece l’aspetto della sostenibilità come mission?

Oggi potremmo dire entrambi allo stesso modo, anche se il secondo aspetto è cresciuto molto negli ultimi anni. Ma a volte serve uno stimolo per cambiare. Prendiamo l’esempio delle misurazioni: se io ho un riferimento sono spinto a migliorarlo. Questo è il leitmotiv dei nostri audit, che sono impostati al fine di trovare dei parametri precisi su cui lavorare per migliorarsi attraverso una serie di azioni coordinate. Negli anni delle prime diagnosi, le aziende miravano soprattutto a ottenere il bollino poiché era obbligatorio, e anche se personalmente non mi piacciono le cose obbligatorie va ammesso che questo ha fatto diffondere nelle aziende la volontà di accrescere le proprie prestazioni, portando a una consapevolezza anche sulla sostenibilità. Stesso discorso per le certificazioni.

A proposito di questa consapevolezza, l’Italia come è messa?

In ambito energetico l’Italia ha avuto sempre costi energetici più alti rispetto ad altri paesi e forse anche per questo oggi la vedo molto più avanti. Anche all’estero nel nostro lavoro non abbiamo trovato aziende più virtuose. 

Un altro aspetto con cui le imprese sono chiamate a misurarsi è la sostenibilità sociale, che non è solo la parità di genere.

È una battaglia che stiamo portando avanti da tempo. Investire sulle persone, ma anche sulla comunità e sul territorio porta risultati tangibili. Gli imprenditori non possono non rendersi conto del loro ruolo sociale. Noi chiediamo sempre di valutare quello che è il contributo che l’azienda dà al territorio e quello che il territorio dà all’azienda. È fondamentale che le persone trovino un valore all’interno dell’azienda e per questo bisogna intraprendere azioni di collaborazione con scuole, terzo settore e altre realtà. Bisogna saper diventare attrattivi, perché con il calo demografico saranno le persone a scegliere le aziende in cui lavorare. Ecco perché investire in settori che al momento non sembrano redditizi ma possono diventarlo.

Qui in Val Camonica, dove si trova la sede di Fedabo, abbiamo avuto un’alluvione che ha provocato grandi ferite, che forse non ci sarebbero state se l’ambiente fosse stato oggetto di una migliore manutenzione. Così nel 2021 abbiamo avviato il progetto Ecosistema Fedabo con l’intento di tutelare l’ambiente, promuovere attività legate alla sostenibilità e sviluppare progetti di valorizzazione ecologico-paesaggistica e gestione forestale che coinvolgessero anche i nostri clienti. Per ogni nuovo cliente o servizio, infatti, Fedabo si impegna a piantare un albero autoctono locale o riqualificare un’area verde lungo l’argine del fiume Oglio. Nel 2023 il progetto si è arricchito andando a valorizzare non solo l’ecosistema fluviale ma anche quello boschivo attraverso il supporto a una gestione attiva e sostenibile delle foreste e delle risorse naturali e intervenendo nella riqualifica dei sentieri montani.

La vostra è stata una crescita costante: cosa avete in mente per il futuro?

Vogliamo continuare a crescere, perché siamo convinti che più siamo, più possiamo riuscire a dare una mano per rendere il mondo sostenibile e dare ai giovani la possibilità di lavorare per il bene comune, sensibilizzando un numero sempre maggiore di aziende ad agire secondo nuove prospettive. Per altro la nostra attenzione ai giovani è sempre alta, come conferma l’età media delle oltre 70 persone che sono qui al lavoro con noi. La Val Camonica è sempre stata terra di emigrazione e negli ultimi decenni è stata soprattutto una fuga di ragazzi che, prima per studio e poi per lavoro, li ha portati lontano o magari li costringe a lunghi spostamenti quotidiani a discapito della qualità di vita. Ci piace pensare che Fedabo possa contenere in parte questo trend dando un contributo concreto al proprio territorio e la comunità che lo vive.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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