Dopo la Conferenza dei rettori (Crui) e il Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), anche il Consiglio nazionale universitario, Cun, ha espresso parere contrario sulla bozza del decreto sul Fondo di finanziamento ordinario 2024.
UNA BOCCIATURA TOTALE delle politiche per l’università della destra che, sulla scorta ideologica di Gelmini e Tremonti e a dispetto degli annunci, si sono risolte in una decurtazione importante dell’Ffo. Un taglio lineare che non si vedeva dal 2013 ma che arriva oggi in un contesto molto più in sofferenza di allora, tra difficoltà degli atenei a chiudere i bilanci e aumento spropositato del personale precario. Il Cun ha bocciato la contrazione di 173,3 milioni di euro all’Ffo e, come gli altri organismi universitari, ha denunciato i 513 milioni di tagli complessivi rispetto all’anno precedente.
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NON ERANO quindi «cifre infondate» e «allarmi ingiustificati», come aveva detto la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, di fronte alle critiche dei rettori. Anche il Cun ha chiesto una profonda riformulazione del provvedimento e il ripristino urgente delle risorse, evidenziando il rischio di tenuta del sistema universitario nazionale, che non solo non potrà raggiungere l’obiettivo di equiparazione agli standard europei, ma neanche garantire il turn over e il livello atteso di ricerca e didattica. Mentre proseguono gli incontri tra Mur e Crui, inizialmente interrotti perché la ministra aveva trovato fuori luogo le critiche dei rettori, montano le proteste nel mondo universitario, anche per la contemporanea riforma Resta-Bernini (dal nome dell’ex presidente della Crui, Ferruccio) sul pre ruolo che, di fatto, amplia il tempo di precariato di ricercatori e dottorandi.
L’ASSOCIAZIONE DOTTORANDI italiani ha annunciato l’intenzione di creare un grande momento assembleare a settembre per far partire la mobilitazione. Lo stesso faranno i movimenti degli studenti universitari: «Questi tagli sono un durissimo colpo per il sistema universitario. Il governo disinveste dall’università, approvando il peggior taglio dal governo Monti. Ora temiamo che gli atenei aumentino le tasse ma non accetteremo questa nuova stagione di tagli senza lottare» spiega Simone Agutoli, dell’Unione degli studenti universitari, che ieri ha terminato il congresso trovando il sostegno della Cgil, dell’opposizione e di diverse associazioni giovanili.
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MA ANCHE I DOCENTI hanno cominciato a mobilitarsi. La Lettera aperta alle istituzioni competenti in materia di università e ricerca con cui Arted, Associazione dei ricercatori a tempo determinato, chiede un aumento delle risorse dedicate al sistema universitario nazionale ha raccolto in 10 giorni le adesioni di quasi 1.800 tra professori di ruolo e ricercatori: «L’Italia e le sue università per crescere non hanno bisogno di una riduzione del fondo ordinario, né di riforme che si limitino a variare le sigle dietro cui tanti giovani spendono gli anni migliori e più produttivi della propria vita lavorativa – viene spiegato nel testo dell’appello -. La durata del precariato e il conseguente innalzamento dell’età media di ingresso nei ruoli universitari non sono più sostenibili. Servono risorse per garantire continuità nel reclutamento, dignità per la figura di docente, un’istruzione di qualità».
IN CAMPO ANCHE LA FLC CGIL che parla di una «nuova emergenza universitaria». La replica di Bernini sull’arrivo dei soldi del Pnrr a compensare la decurtazione del Fondo non ha convinto il comparto universitario. Come ricorda la Cgil, le risorse del Pnrr sono indirizzate prevalentemente all’estensione di reti e centri di ricerca «popolati da una nuova bolla di precariato, senza minimamente intervenire sui limiti e le sperequazioni cresciute del precedente decennio perduto».
L’FFO 2024 per la Cgil «segna un cambio di passo grave e profondo». «Le sperequazioni di questo Ffo, con la radicalizzazione di tutte le tendenze negative nella distribuzione delle risorse, amplificheranno le divergenze tra territori e università, lasciando ulteriore spazio alla giungla degli atenei profit e telematici. Chiamiamo l’intera comunità universitaria a reagire». Anche l’Usb annuncia la disponibilità per «un’azione di protesta e di lotta congiunta e unitaria del mondo accademico contro i tagli» e propone uno sciopero nazionale unitario.
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