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PALERMO – Sotto inchiesta finiscono imprenditori, professionisti ed esperti di finanza. Un vorticoso giro di operazioni bancarie illecite sarebbe stato commesso attorno al villaggio turistico Torre Macauda di Sciacca in provincia di Agrigento.

Tre società e beni per 30 milioni di euro sequestrati, sei misure interdittive del divieto di esercitare attività professionale e d’impresa.

Sono i numeri del blitz dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo e della compagnia di Sciacca che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo.

La Procura della Repubblica del capoluogo siciliano diretta da Maurizio de Lucia ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Secondo l’accusa, il fallimento delle due società che hanno gestito il complesso turistico in voga negli anni ’80 e ’90 sarebbe stato pilotato e nel frattempo il patrimonio sarebbe stato distratto. Obiettivo: ricomprare Torre Macauda all’asta ad un prezzo nettamente inferiore rispetto al valore di mercato.

Il tutto, si legge in una nota dei finanzieri, “attuando un articolato schema di riciclaggio, che sarebbe stato concordato tra gli imprenditori indagati e dirigenti e consulenti di un primario istituto di credito nazionale”.

Chi sono gli indagati

L’interdittiva è stata emessa nei confronti di Luigi Vantaggiato (imprenditore di Foggia, 12 mesi), Maurizio Lupo (imprenditore palermitano, 10 mesi), Francesco Donà Delle Rose (imprenditore romano, 10 mesi), Fabrizio Morabito (avvocato trapanese, 10 mesi), Francesco Corvelli (imprenditore foggiano, 6 mesi), Anna Maria Lo Muzio (imprenditrice di Foggia, 6 mesi).

I loro nomi erano già saltati fuori nel 2021 quando la Procura accese i riflettori su possibili infiltrazioni mafiose. Arrivarono una pioggia di repliche. Tutti si dissero estranei alle accuse, certi di potere dimostrare la correttezza del proprio operato.

Nessuna ombra, insomma. Oggi una nuova tegola. Non si parla più di infiltrazioni mafiose, ma di una spregiudicata operazione finanziaria.

Le società sequestrate

Il Gip ha disposto il sequestro preventivo delle società Libertà Immmobiliare srl (compravendita di immobili con sede a Palermo), Travel on Demand (agenzia di viaggi con sede a Foggia), Crm Servizi srl (impresa edile con sede a Palermo).

Secondo l’accusa, in un primo momento le società avrebbero rilevato pagando 4 milioni dal Banco di Sicilia (poi divenuto Unicredit), un credito che ne valeva 28 ma utilizzando fondi che sarebbero stati sottratti alle società fallite.

L’asta

Dopo il fallimento, lo stesso gruppo imprenditoriale sarebbe riuscito a ricomprare all’asta il complesso turistico. Sulla base delle indagini dei finanzieri guidati dal colonnello Gianluca Angelini, però, non sarebbe stata versata per intero la cifra di aggiudicazione, circa 8 milioni di euro.

“In quest’ultimo caso sarebbe stato determinante il ruolo di importanti dirigenti bancari – si legge in una nota della finanza – che avrebbero falsamente attestato l’avvenuto pagamento nella dichiarazione di quietanza necessaria all’emissione, da parte del giudice dell’esecuzione, del ‘decreto di trasferimento’ del complesso turistico”.

“Gli stessi avrebbero altresì impartito le disposizioni di bonifico e quelle relative all’apertura ed alla successiva estinzione dei conti correnti utilizzati per far transitare le somme di denaro distratte dalle società fallite e poi impiegate per finanziare l’acquisto del credito e la ‘riacquisizione’ della struttura, omettendo peraltro ogni adempimento e comunicazione previsti dalla normativa antiriciclaggio”.

Come evidenziato dal giudice per le indagini preliminari Carmen Salustro, “nonostante le operazioni bancarie fossero connotate da sicuri indici di anomalia, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo non venivano in alcun modo segnalate come sospette, così come invece avrebbe dovuto essere fatto”.

E così “il sodalizio criminale sarebbe rientrato in possesso dell’intera struttura ricettiva, a quel punto libera da ipoteche o qualsivoglia pendenza e la banca avrebbe monetizzato un credito vantato ormai da decenni e di difficile realizzazione”.

“Gravi anomalie”

Le indagini avrebbero fatto emergere “gravi violazioni da parte dell’istituto di credito, configurandosi nei confronti dello stesso la responsabilità amministrativa, avendo omesso la predisposizione di adeguati modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati di riciclaggio contestati ai propri dirigenti e commessi a vantaggio della banca”.

Ipotesi corruzione

C’è pure un capitolo investigativo che riguarda un tentativo di truffa ai danni dello Stato. Gli indagati avrebbero tentato di accaparrarsi un finanziamento pubblico di 1,8 milioni di euro.

Infine viene ipotizzato il reato di corruzione nei confronti di un pubblico ufficiale un tempo in servizio all’assessorato regionale al Territorio e ambiente. In cambio dell’assunzione del figlio, avrebbe favorito un imprenditore nei lavori di rifacimento e messa in sicurezza di un costone roccioso franato all’interno del complesso turistico-alberghiero.

 

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