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Una politica della Giustizia che lancia segnali finalmente liberali, dopo due anni di cambiali pagate al diffuso elettorato giustizialista e populista della maggioranza di Governo, tra reati di rave-party, ostatività a go-go e atti di resistenza passiva in carcere equiparati alla rivolta, è di per sé una buona notizia. E di segnali il DDL Nordio ne ha mandati senza dubbio: rafforzamento della inviolabilità delle conversazioni tra difensore e cliente, attenzione ai terzi coinvolti nelle intercettazioni, tipizzazione del traffico di influenze, sullo sfondo – finalmente – di un rilancio, almeno apparente anche se certamente assai tardivo, della separazione delle carriere, sono passi avanti importanti. Però una disamina onesta del contenuto effettivo delle misure varate deve pur farsi, se non vogliamo svilire la politica dei segnali (che, lo ripeto, è comunque una cosa seria) in pura e semplice propaganda. E qui, quando andiamo a sfogliare il testo, cominciano i dolori.

PQM se ne era già occupato nel corso dell’iter parlamentare, ma dopo l’approvazione occorre ritornarci su. Qualche esempio? Ci dicono sia stato introdotto l’interrogatorio preventivo rispetto alla emissione della ordinanza cautelare. Beh, sostanzialmente non è vero. Sono tali e tante le deroghe, le eccezioni e le limitazioni, per di più interamente rimesse alla discrezionalità di PM e GIP, e soprattutto non sanzionabili in caso di arbitrio motivazionale, che le buone intenzioni saranno prevedibilmente spazzate via. Intanto, l’ipotesi si riferisce solo ai reati di assai contenuta gravità. Poi, esso è escluso se ricorrono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell’inquinamento delle prove, il quale ultimo, come sa anche un praticante avvocato alle primissime armi, non si nega davvero a nessuno. Non basta: l’interrogatorio preventivo non potrà avere luogo ove PM e GIP ritengano che l’atto debba essere “a sorpresa”, e qui siamo quasi alle comiche. Più o meno analoghe limitazioni vanno riferite al tanto decantato giudizio collegiale dei gip nella emissione della ordinanza cautelare in carcere; norma che peraltro entrerà in vigore almeno tra due anni, quando avremo messo in ruolo la bellezza di 250 GIP (campa cavallo). Grandi ed entusiastici proclami anche per l’abolizione dell’appello del PM, ma la novità riguarda solo i reati bagatellari, fino a quattro anni di pena massima, cioè riguarda sentenze che abitualmente, già ora, i PM non impugnano praticamente mai (parliamo di numeri risibili).

Vedete che non ho parlato della novità più discussa, cioè l’abolizione del reato di abuso. A noi penalisti questo è un tema che non ha mai scaldato il cuore; e la ragione la leggerete illustrata magistralmente nell’articolo del prof. Giunta (l’abuso dell’azione penale con il pretesto dell’abuso in atti di ufficio, è divenuto intollerabile, ma ha senso rispondere a questa patologia abrogando il reato?). Peraltro, con la mano sinistra, in un diverso provvedimento viene reintrodotto (aumm aumm, diremmo noi campani) il reato di peculato per distrazione, che era stato abrogato molti anni fa proprio perché ritenuto assorbito dal reato di abuso. Ed infine, a proposito di segnali, come non dire che la risposta alla tragedia delle carceri sovraffollate e dei suicidi continua ad essere cocciutamente minimalista e gravemente inadeguata, in nome di una intollerabile idea forcaiola e carceraria della certezza della pena, che fa rivoltare nella tomba Cesare Beccaria?

Perciò, leggete con attenzione questo numero, che è un contributo importante di verità e di competenza tecnica. Evviva i “segnali liberali”, e lo diciamo davvero; ma quando è che la Politica riuscirà a legiferare senza il “contributo”, e dunque le interferenze tecniche e politiche, della magistratura massicciamente dislocata in via Arenula? Eccola, piuttosto, la riforma liberale della quale davvero questo Paese ha una necessità vitale. Buona lettura.

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