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Anche il Mef pubblica i dati sugli importi dell’8×1000 erogati nell’anno 2024 e riferiti all’anno di imposta 2020. Era ora, visto che erano stati anticipati dalla Cei a maggio. È stato così confermato il tonfo, da 1,1 miliardi di euro di due anni fa all’attuale erogazione di 911 milioni per la Chiesa cattolica. Una perdita netta dovuta essenzialmente a tre fattori: il calo delle preferenze da parte dei contribuenti (da 31,83% del riparto 2022 al 28,67% del 2024), il rallentamento economico che nel 2020 a causa della pandemia ha ridotto il gettito Irpef, ma soprattutto la manica larga che lo stato Stato mostra nel concedere acconti.

È un privilegio che ha soltanto la Chiesa cattolica, che tre anni fa aveva ricevuto quasi 80 milioni di euro in più e che ora, a conguaglio, li deve restituire. C’è da chiedersi se pagherà gli interessi. Il Mef ha inoltre reso disponibili i dati provvisori delle scelte relative agli anni di imposta 2021 e 2022. Emerge un calo di oltre un punto e mezzo percentuale di preferenze per la Chiesa cattolica da parte dei contribuenti.

Continua a crescere invece lo Stato, che nei dati provvisori per il riparto 2026 arriverà al 10,75% contro il 9,78% di quest’anno. Nelle scelte per la tipologia di intervento, i contribuenti che hanno scelto “Stato” mostrano di avere maggiormente a cuore “Edilizia scolastica” (39,55%) e “Calamità naturali” (30,22%). Nel riparto 2026 ci saranno quindi molti più fondi a disposizione dei Comuni per opere di risanamento del territorio e per limitare i danni a persone e cose in caso di calamità.

«Resta sconcertante – dichiara il segretario dell’Uaar Roberto Grendene – il silenzio del Governo, che sceglie di non fare adeguata e doverosa promozione della scelta “Stato”. Sarebbe il minimo sindacale per chi quello Stato è tenuto a rappresentarlo, figuriamoci per i sedicenti patrioti».

Nel frattempo il nervosismo da parte di alcuni esponenti della Chiesa cattolica inizia a essere evidente. Il vescovo di Genova Marco Tasca ha espresso preoccupazione: «C’è purtroppo ancora poca conoscenza e molta diffidenza – ha commentato il prelato in una nota pubblicata sul settimanale diocesano “Il Cittadino” –, resta fondamentale perseverare con l’informazione e la sensibilizzazione affinché non venga meno un così indispensabile contributo».

Sul fatto che ci sia poca conoscenza il monsignore ha certamente ragione, ma è proprio quel poco che si viene a sapere che determina diffidenza, se non rigetto per un meccanismo fiscale e un “contributo” tutt’altro che indispensabile, proprio perché crea ingiustizie e privilegi.

Comunicato stampa

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