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La pietra dello scandalo per i liberitisti italiani è sempre quella: le pensioni. Introiettata l’austerità previdenziale, per loro qualsiasi passo indietro è inaccettabile e – per definizione – economicamente insostenibile.

E invece in Francia la proposta del Nuovo Fronte Popolare non fa scandalo ed anzi ha grande consenso. Nel programma è prevista la cancellazione della contestatissima riforma Macron ed è stato messo nero su bianco che il Nfp intende «riaffermare l’obiettivo comune del diritto di andare in pensione a 60 anni», quattro anni in meno rispetto all’innalzamento promulgato ad aprile 2023, sebbene a regime nel 2030.

Il programma del Nfp è molto preciso e dettagliato e punta a «ripristinare i fattori di disagio» e i regimi speciali per alcune categorie di lavoratori che permettono di anticipare l’età pensionabile – rimossi da Macron – e non si limita solo a ritornare allo status quo precedente ma prevede la creazione di un «contributo aggiuntivo sugli stipendi elevati» e «un aumento dei contributi di vecchiaia di 0,25 punti all’anno per 5 anni e un adeguamento dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro».

L’argomento che i liberisti credono forte nel criticare il programma del Nfp è sempre lo stesso: «La modifica costerebbe decine di miliardi, è troppo, non ha copertura».

In realtà dimenticano che, oltre ai contributi aggiuntivi sui salari più alti e all’aumento dei contributi per le imprese, la Nfp ha proposto l’aumento delle imposte sul reddito, sulla proprietà e sulle successioni, una tassazione progressiva della ricchezza e una tassazione efficace delle imprese multinazionali. E che dunque i 150 miliardi di aumento di spesa pubblica stimata sarebbero in buona parte già coperti dagli introiti dell’aumento della tassazione sui più ricchi e multinazionali.

L’altro argomento è demografico: «L’aspettativa di vita cresce e andiamo verso una società sempre più anziana: bisogna far lavorare le persone più a lungo». Peccato che durante il Covid – quando l’aspettativa di vita è calata ovunque, avendo effetti ancora in corso – nessun governo si è sognato di far arretrare l’età pensionabile.

Ciò che invece i liberisti nascondono o non sanno è che perfino la contestatissima riforma Macron non modifica il regime retributivo del sistema francese. Solo da noi decenni di austerità, inculcata a reti e governi unificati, hanno fatto passare l’idea che l’unico sistema pensionistico sostenibile è il contributivo.

In Europa solo Italia, Svezia e Lettonia su 28 paesi adottano il contributivo puro

La verità è molto diversa: in Europa solo Italia, Svezia e Lettonia su 28 paesi adottano il contributivo puro. Per il resto solo sistemi misti nei quali l’assegno di pensione è ancora calcolato in base allo stipendio guadagnato, rendendo possibili pensioni più alte rispetto alle contributive. In Francia l’assegno è ancora calcolato rispetto ai migliori 25 anni di contributi.

A unire Francia e Italia era però stato lo stesso Macron. L’argomento principale usato dal presidente nel tentativo (fallito) di convincere i francesi che la sua riforma fosse in fondo non così dura fu un prospetto mostrato a favor di telecamera: «Età di pensionamento legale negli altri paesi». Se gli Stati Uniti sono a quota 62, Macron mostrò come i 64 della sua riforma sono comunque inferiori a grandi paesi come Giappone e Canada (65 anni) o Germania (65 e 10 mesi).

E siamo ancora a metà classifica perché in testa per ampio distacco c’è l’Italia che grazie a Elsa Fornero ha il primato mondiale di età pensionabile: 67 anni, ben 8 mesi in più dei frugali Paesi Bassi.

Senza dimenticare che l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita – in versione unica al mondo: qualunque aumento viene traslato totalmente sull’età di ritiro, come se tutta la vita fosse di lavoro – ci porterà presto a quota 70 anni.

Altro punto che unisce Francia e Italia è la mancanza della Pensione di garanzia per i precari – presente invece in Svezia – sistema che consente assegni dignitosi (circa mille euro netti con 35 anni di attività nella proposta del professor Michele Raitano) ai milioni di lavoratori con stipendi da fame o buchi contributivi a causa della precarietà.

 

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