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Assemblea ABI
Roma, 9 luglio 2024

Intervento Ministro dell’economia e delle finanze
On. Giancarlo Giorgetti

Gentili signore e signori,

ringrazio il Presidente Patuelli per l’invito a partecipare a questo importante appuntamento che mi consente di formulare alcune considerazioni sull’andamento della nostra economia e sulle sfide che ci attendono nel prossimo futuro.

In un contesto globale che continua a essere instabile e incerto, l’economia italiana sta confermando un’ottima tenuta, con andamenti macroeconomici nel complesso positivi.

Negli ultimi tre anni, malgrado un’evoluzione demografica purtroppo sfavorevole, l’andamento della crescita economica è stato più sostenuto rispetto sia alla media del ventennio precedente la pandemia, sia a quello realizzato dagli altri Paesi dell’area euro.

I dati del primo trimestre di quest’anno si pongono in continuità questi andamenti La crescita del PIL si è lievemente rafforzata, registrando un incremento dello 0,3 per cento rispetto ai mesi precedenti.

È un andamento confortante poiché, anche se il ritmo di espansione del PIL fosse nullo a partire dal secondo trimestre del 2024, la crescita acquisita per l’anno in corso sarebbe già pari allo 0,6 per cento che salirebbe allo 0,9 qualora le stime sul secondo trimestre appena accennate dal governatore fossero confermate.

Anche l’esame degli indicatori più recenti evidenzia prospettive incoraggianti, sia pure in quadro di eterogeneità settoriale: all’andamento ancora favorevole delle costruzioni e ai segnali di dinamismo provenienti dai servizi, si accompagna il perdurare della fase di stagnazione della produzione industriale a cui sicuramente potrà dare un contributo l’operatività a breve delle misure Industria 5.0.

Vanno inoltre sottolineati i notevoli incrementi dell’occupazione registrati sin qui (a parte un lieve arretramento in maggio) e la consistente discesa del tasso di disoccupazione, che si attesta al 6,8 per cento e che si posiziona su un livello nettamente inferiore a quelli di grandi Paesi europei quali la Francia e la Spagna.

Positivo anche l’andamento del tasso di inflazione, che attualmente è il secondo più basso dell’area dell’euro ed è molto inferiore a quello dei maggiori Stati membri. Attraverso il taglio del cuneo fiscale sul lavoro siamo riusciti a compensare l’incremento del costo della vita negli scorsi due anni senza alimentare una spirale salari-prezzi.

Sebbene l’andamento dell’economia risenta ancora di fattori di ordine sovranazionale, in particolare le decisioni delle banche centrali, con tutta le cautele del caso siamo fiduciosi che l’obiettivo di crescita dell’1% fissato nell’ultimo DEF sia ampiamente alla nostra portata. È la conferma: non si tratta di un obiettivo “politicamente accomodante” ma era ed è basato su criteri di ragionevolezza e responsabilità.

In una fase assai sensibile come quella odierna, è auspicabile che la dinamica di riduzione dei tassi d’interesse registri presto un’accelerazione. Graduale sì, ma decisa. Un ulteriore restringimento della domanda, infatti, potrebbe risultare insostenibile, comunque difficilmente sopportabile per economie, come quella italiana, che al contrario hanno bisogno di “respirare”.

Il Piano strutturale di bilancio che approveremo entro l’estate punterà all’osservanza delle nuove regole fiscali concordate a livello europeo e a conseguire, su un orizzonte quinquennale, un livello del saldo primario strutturale coerente con una significativa riduzione del rapporto debito/PIL negli anni seguenti. La nostra missione è portare il bilancio in pareggio al netto del servizio del debito pregresso. Lo sento non come un obiettivo politico ma come un dovere morale verso le future generazioni.

Se saremo capaci di conseguire questo risultato, gli ottimi fondamentali della nostra economia – riconosciuti anche di recente dalla Commissione europea ma soprattutto dalla fiducia che i risparmiatori esteri e italiani hanno riconosciuto al nostro debito, con il grande successo ottenuto dai BTP Valore – dovrebbero consentirci di uscire gradualmente dalla condizione di Paese ad alto debito, perennemente sotto esame e penalizzato da tassi di interesse più elevati rispetto ai nostri partner europei.

È un obiettivo raggiungibile, che dobbiamo perseguire con determinazione e che, a dispetto di quanto si legge di frequente, non richiede una manovra “lacrime e sangue” ma semplicemente una seria politica di controllo della dinamica della spesa pubblica e di miglioramento dell’efficienza del prelievo fiscale, senza un inasprimento delle aliquote d’imposta (che abbiamo semmai già ridotto con la legge di bilancio per il 2024).

La politica economica si concentrerà sullo sviluppo della competitività della nostra economia. In alcuni campi continueremo ad effettuare anche interventi ‘verticali’, ovvero di politica industriale volta a sostenere o riordinare determinate filiere o infrastrutture. Tuttavia, non possiamo adottare una politica di incentivi a pioggia, come fanno e hanno fatto grandi Paesi emergenti o anche avanzati che hanno molte risorse più di noi.

La nostra politica economica punterà a migliorare la competitività di sistema, a ridurre la burocrazia, a migliorare il capitale umano e ad accrescere le competenze dei lavoratori italiani, nonché a far sì che i flussi di lavoratori e lavoratrici ad elevata professionalità non siano a senso unico – ovvero che coloro che hanno accumulato proficue esperienze all’estero trovino attraenti opportunità di rientro nel loro Paese. Ciò consentirà di gettare le basi per una fase di crescita più sostenuta dell’economia pur in presenza di andamenti demografici certamente non favorevoli.

Tendenza demografica che va invertita. Il governo continuerà e intensificherà le politiche a favore delle famiglie con figli a carico. Anche le banche facciano una riflessione su come contribuire a questa sfida.

La sfida di rinvigorire la crescita dell’economia italiana richiede anche un sistema bancario dinamico e moderno e un maggiore sviluppo del mercato dei capitali. Pertanto, ci impegneremo affinché il nuovo ciclo politico a livello europeo registri un deciso avanzamento in termini di Unione bancaria e del mercato dei capitali.

In questo quadro, il sistema bancario, finanziario e assicurativo può e deve contribuire al raggiungimento dei diversi obiettivi che attendono il nostro paese, anche affiancando l’operatore pubblico nel fornire supporto a famiglie e imprese.

D’altra parte, le condizioni del sistema bancario italiano si mantengono buone, grazie al forte recupero di redditività registrato soprattutto nel corso dell’ultimo anno, alla robusta ed equilibrata posizione di liquidità, alla solida patrimonializzazione e, più in generale, al significativo rafforzamento conseguito nel tempo.

Questo è stato possibile anche grazie alla migliorata qualità degli attivi, che hanno beneficiato non solo degli interventi delle autorità, ma anche delle consistenti azioni di dismissione dei crediti deteriorati condotte dagli intermediari che, nel complesso, hanno reso il sistema più resiliente e meglio capace di perseguire la sua mission di sostegno all’economia reale.

Il livello di liquidità delle banche italiane risulta soddisfacente ed equilibrato, attestandosi in genere sopra la media europea e ampiamente sopra i livelli minimi regolamentari.

In particolare, la liquidità in eccesso ha consentito di fronteggiare senza particolari problemi i rimborsi relativi alle TLTRO3 (Targeted Longer-Term Refinancing Operations)

Anche la qualità del credito è rimasta complessivamente stabile e soddisfacente, con tassi di deterioramento su livelli sostanzialmente invariati.

La situazione descritta, seppur favorevole, non deve però essere considerata come un punto di arrivo. Diverse sono infatti le sfide che attendono il settore.

L’innovazione tecnologica e l’ingresso di nuovi player non bancari, che in alcuni casi, hanno riempito i “vuoti” che si sono creati a seguito della stretta regolamentare, accrescono il livello di competizione all’interno del mercato.

Sono molti, inoltre, i rischi nuovi e tradizionali che si profilano all’orizzonte. Mentre i primi, tra i quali emergono quelli legati al cambiamento climatico e alla transizione verde, richiedono un presidio proattivo da parte delle banche, per quelli più tradizionali è opportuno che siano mantenute prassi robuste e prudenti, ad esempio in tema di governance, controlli interni e applicazione scrupolosa dei principi contabili.

Al rafforzamento del settore potrà contribuire anche la recente iniziativa della Banca d’Italia che richiede di costituire, entro la metà del 2025, una riserva di capitale macroprudenziale pari all’1 per cento delle esposizioni domestiche. Un intervento finalizzato a preservare – nel medio-lungo periodo – la solidità e la capacità di sostegno all’economia da parte delle banche che si pone, peraltro, in continuità rispetto alla scelta, compiuta dal Governo, di consentire l’allocazione a riserva non distribuibile di parte degli extra-profitti conseguiti per effetto dell’aumento dei tassi ufficiali.

È in fase di completamento l’importante e complesso progetto di riforma e rafforzamento del quadro normativo euro-unionale in materia bancaria e finanziaria avviato a seguito della grande crisi finanziaria del 2008.

Il 19 giugno sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea i testi legislativi con i quali si dà definitiva attuazione agli standard internazionali di Basilea 3. Con la loro entrata in vigore, l’UE si colloca in posizione di frontrunner rispetto ad altre importanti giurisdizioni, portando a compimento il consolidamento delle norme in materia prudenziale. Ulteriori interventi riguardano l’adeguamento delle disposizioni applicabili alla gestione delle crisi bancarie e per la tutela dei depositanti, per le quali saranno a breve avviati i triloghi tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, in fase di costituzione

Sebbene sia fondamentale che queste norme entrino in vigore quanto prima, al contempo è opportuno prestare attenzione ad alcuni aspetti.

In primo luogo, preservare la competitività della nostra industria all’interno dell’arena globale richiede che il recepimento delle norme in materia prudenziale avvenga nel rispetto del level-playing field a livello internazionale. Individuare un equilibrio tra le esigenze di prudenza e competitività è fondamentale per fare in modo che il settore bancario rimanga solido ma fedele alla propria mission di supporto all’economia reale.

La recente decisione della Commissione europea di posticipare il recepimento della revisione dell’Accordo di Basilea sui rischi di mercato risponde al condivisibile obiettivo di mantenere la parità delle regole di gioco nella competizione globale: stabilità e competitività sono due facce della stessa medaglia.

Per altro è stato recentemente osservato in sede Ecofin dall’ex governatore Noyer come l’eccesso di regolazione a livello europeo abbia costituito una determinante del gap di competitività con gli Usa. La dimensione del minore afflusso di risorse all’economia reale si misura in centinaia di miliardi di euro.

Inoltre, nell’ambito della revisione del quadro normativo per la gestione delle crisi bancarie si dovrà porre rimedio ai limiti e alle rigidità che attualmente caratterizzano il framework di risoluzione consentendo, tra le altre cose, un miglior utilizzo delle risorse raccolte presso l’industria – sia stanziate a livello nazionale, sia mutualizzate a livello UE – nonché l’introduzione di appropriate “valvole di sfogo” che, come nei recenti casi statunitensi ed elvetico, consentano di gestire eventuali situazioni di crisi eccezionali o sistemiche.

In prospettiva, l’auspicio è che questa intensa stagione legislativa volga presto al termine, di modo da assicurare stabilità al quadro regolatorio e consentire all’industria e ai singoli intermediari il tempo necessario alla metabolizzazione dello stesso.

La presenza di mercati dei capitali europei competitivi e integrati è imprescindibile per poter finanziare e gestire i cambiamenti strutturali, di diversa natura, attualmente in corso.

La realizzazione di tali riforme sarebbe infatti funzionale anche al buon esito della doppia transizione, digitale e ambientale, per la quale è indispensabile movimentare non solo risorse pubbliche, ma anche importanti volumi di risparmio privato.

Ma l’Italia non è solo chiamata ad esercitare un ruolo attivo e compartecipato nella definizione dell’Unione dei mercati dei capitali. Da questo punto di vista il ministero dell’Economia e delle Finanze è impegnato a promuovere una riforma del mercato nazionale dei capitali per sviluppare un ecosistema normativo e regolamentare più efficiente, quindi la crescita delle imprese e degli emittenti italiani.

Dopo la legge Capitali, che ha introdotto importanti innovazioni normative e semplificazioni sul fronte regolatorio, e ringrazio il sottosegretario Freni, l’impegno del MEF è focalizzato ora sulla riforma del Testo unico della Finanza, il secondo tassello di un percorso che punta ad accrescere ulteriormente l’attrattività del mercato finanziario italiano, riallineandolo, in termini di competitività, ai livelli raggiunti dagli altri Paesi europei.

L’andamento delle insolvenze relative a finanziamenti assistiti da garanzie pubbliche è contenuto e sotto controllo.

I numeri parlano da soli. Al 31 dicembre 2023, l’esposizione dello Stato si è attestata ad una cifra di circa 300 miliardi di euro, pari al 14,4 per cento del PIL, in calo rispetto al 15.9 per cento del 2022.

Tali esposizioni sono del tutto potenziali e possono dar luogo ad effettive uscite di cassa solo in caso di mancato rimborso dei prestiti. Rispetto al totale, le garanzie collegate all’emergenza pandemica da COVID-19 e alla crisi energetica pesano per circa la metà, attestandosi, in termini di stock garantito, a circa 167 miliardi.

La restante parte delle esposizioni è invece riconducibile a schemi di garanzia ordinari, non direttamente legati alle recenti crisi e che nel 2023 ammontano a circa 133 miliardi di euro, di cui oltre la metà relativi alla Coassicurazione pubblica per il supporto del credito alle esportazioni e a garanzie rilasciate, a condizioni di mercato, su progetti ricompresi nell’ambito del Green New Deal.

Negli anni di crisi, le garanzie hanno supportato l’erogazione del credito da parte delle banche in favore delle imprese e delle categorie più fragili di individui e famiglie nell’acquisto della prima casa.

I prestiti erogati durante il periodo Covid e garantiti da Garanzia Italia o dal Fondo per le piccole e medie imprese (Fondo PMI) non mostrano situazioni di criticità.

In particolare, su tali portafogli si sta osservando una graduale riduzione, quale conseguenza della scadenza del periodo di “grazia” accordato ex lege e dell’avvio della fase di ammortamento.

Per quanto riguarda Garanzia Italia, assistiamo ad una forte riduzione dai circa 40 miliardi di euro, quale stock cumulato garantito al 30 giugno 2022, data di chiusura del regime speciale temporaneo autorizzato a livello europeo, a circa 18 miliardi al 31 dicembre 2023. Mentre con riferimento al Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese, lo stock di garantito in essere al 31 dicembre 2023 si è attestato a circa 97 miliardi di euro, rispetto ai circa 200 miliardi di euro complessivamente garantiti dallo strumento.

Il consistente intervento dello Stato durante il periodo emergenziale ha richiesto un significativo impegno di risorse pubbliche a copertura delle potenziali escussioni.

Date le caratteristiche dei portafogli, è ragionevole attendersi che il trend di escussioni continui nei prossimi anni a risultare in linea con le aspettative.

Inoltre, tenuto conto degli stringenti vincoli di spesa che impone la nuova governance europea, è necessario operare un cambio di prospettiva, che, dalla fase emergenziale, ci riporti progressivamente verso un percorso ordinario, caratterizzato da una logica programmatoria e prospettica di medio e lungo termine, strumentale ad efficientare al massimo l’utilizzo delle risorse già stanziate sui diversi fondi pubblici a copertura.

Le garanzie pubbliche dovranno quindi continuare a svolgere il loro ruolo di supporto, in tutti quegli ambiti caratterizzati anche da parziali fallimenti di mercato, e a servire come strumento di leva, funzionale a recuperare anche una maggiore compartecipazione da parte del sistema bancario.

[Conclusioni]

Il Paese è chiamato a rispondere a sfide che presentano numerosi e forti elementi di criticità. Le banche non fanno eccezione. La consapevolezza comune è che il sistema Paese sia dotato oggi degli anticorpi necessari ad affrontare questi impegni in un contesto di sicurezza.

Tuttavia, è necessario fare un passo in più. Le profonde trasformazioni in atto a livello globale impongono un cambio di passo finalizzato a recuperare i ritardi accumulati in alcuni ambiti, così come a valorizzare ulteriormente i punti di forza. Per farlo occorrono equilibrio e lungimiranza, oltre a una vitalità rinnovata capace di configurarsi come occasione, investimento, in ultima istanza scommessa. In questo scenario, le banche assolvono a compiti e funzioni imprescindibili.

Concludo: In un’ottica di leale collaborazione tra Governo ed istituzioni bancarie, finanziarie e assicurative, reputiamo fondamentale che ci sia fiducia e supporto reciproco del sistema e che nel quadro di obiettivi stabiliti dalle nuove regole europee tutte le istituzioni contribuiscano in maniera equa e non discriminatoria al raggiungimento del fine comune.

Le banche italiane sono e continueranno ad essere il braccio operativo dell’economia del Paese, degli imprenditori che ogni giorno rischiano per fare impresa e rendere il nostro Paese competitivo. Sono uomini e donne in carne e ossa.

E qui vorrei dirvi che la banca non è un algoritmo. Non lo deve essere. E soprattutto non lo può essere il banchiere. Metteteci intelligenza e cuore.

Anche i risultati saranno migliori.

 

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