diVenanzio Postiglione
Dal 1° ottobre guiderà l’ateneo di via Festa del Perdono. «Diritto allo studio e residenze per trattenere i giovani. È difficile, caro e complesso vivere qui, ma è ancora la città che offre le opportunità maggiori»
Cortile della Statale. Una meraviglia. Tra i luoghi più belli della città. Marina Brambilla è la nuova rettrice, sarà in carica dal primo ottobre. L’incontro nella serie «Milano come stai?». E si può già dire che stia meglio, con 4 donne leader al vertice di 4 atenei, un altro record della città.
Come sta Milano?
«Milano sta bene, è vitale e guarda all’innovazione e alla creatività. Continua a essere laboratorio d’avanguardia in Italia e in Europa e ha una vocazione all’accoglienza, come dimostra la sua natura di città universitaria. Credo che la Statale sia un ottimo punto di vista per quel che “accade in città”. Siamo il luogo dove molte cose accadono. Milano è il traino economico del Paese e la sua operosità è la garanzia del successo. Certo, vive le sue fatiche ma, ogni giorno, lavora con lo spirito di sempre. Oggi deve mettere al centro i bisogni e gli obiettivi delle giovani generazioni».
Prima rettrice della storia della Statale: cosa vuol dire?
«La mia elezione ha offerto all’ateneo la possibilità di avere alla sua guida una donna, per la prima volta dopo 100 anni. Con Donatella Sciuto al Politecnico, Giovanna Iannantuoni alla Bicocca ed Elena Beccalli in Cattolica è stato raggiunto un traguardo importante per quattro università di grande prestigio. Un segno di un cambiamento concreto, altre città seguiranno. Ringrazio le colleghe docenti, ricercatrici, del personale tecnico e amministrativo e le studentesse che, prima di me, hanno condotto una battaglia quotidiana e silenziosa per rendere il risultato possibile».
Appunto. Rettrici in Statale, Bicocca, Politecnico e Cattolica: siamo a buon punto o c’è ancora da fare?
«È il risultato della competenza prima che di una battaglia di genere. Milano è sempre stata una città dove le donne hanno avuto l’opportunità di segnare la storia, grazie all’investimento formativo e professionale che consente. C’è però ancora tanto da fare: quando tutte le sfide saranno vinte, questa domanda non avrà più ragione di essere».
Milano è ancora la città delle opportunità per chi arriva? Non sta diventando più cara, quasi esclusiva?
«Non bisogna negare l’evidenza: è difficile, caro e complesso vivere qui. Ma è ancora la città che offre le opportunità maggiori. I giovani di altri Paesi riconoscono nei nostri atenei vere e proprie eccellenze. Una sfida cruciale sarà non solo favorire l’arrivo di ragazzi da tutta Italia e dal mondo, ma capire come farli restare, come evitare di disperdere quel patrimonio di menti brillanti che formiamo e poi, spesso, perdiamo. Come prorettrice, ho lavorato per ampliare la no tax area e ho collaborato con le istituzioni per portare al centro del dibattito pubblico il caro-affitti e la residenzialità. La strada maestra è una solida alleanza tra pubblico e privato».
Ma cosa può fare l’università per attrarre ancora le ragazze e i ragazzi, visti i costi?
«Le opportunità per sbloccare l’ascensore sociale si possono trovare più a Milano che altrove. Il tema è allargare il numero di coloro che possono permettersi di investire nelle proprie passioni, inclinazioni e competenze. Come futura rettrice continuerò ad adoperarmi per la rivisitazione del modello contributivo, per mitigare l’impatto della tassazione sugli studenti. Lavoreremo per le borse di studio, le convenzioni con mense e ristoranti, lo slancio decisivo su alloggi e residenze accessibili. Il mio primo impegno è verso gli studenti: confermare la vocazione pubblica, aperta a tutti, dell’ateneo, richiamare i più nobili valori legati a inclusione, diritto allo studio, partecipazione, scolpiti sulla “roccia” che è la nostra Costituzione».
Milano è ancora una città per i giovani?
«Sì. E la nuova Statale dovrà essere riconosciuta da ragazze e ragazzi di tutto il mondo come un’università giovane, fatta a loro misura».
Qual è il progetto che le sta più a cuore?
«Le risponderei d’istinto che è la Statale nel suo complesso a starmi a cuore, ma nei prossimi anni la mia attenzione sarà dedicata al trasferimento di buona parte dell’ateneo nella cornice di Mind, ex area Expo, dove ci ritroveremo in un ecosistema votato all’innovazione e alla ricerca. La pandemia ha evidenziato la centralità della ricerca. Il Campus a Mind sarà, anche grazie alle connessioni con la nostra Facoltà di Medicina e Chirurgia, un luogo privilegiato per la scienza. Entro il 2027 affronteremo lo spostamento di quasi 20.000 studenti: aule e laboratori didattici innovativi, spazi di aggregazione, residenze e servizi».
Le proteste degli studenti?
«Dialogare, oltre a essere doveroso, è sempre possibile: le università devono essere inclusive e portatrici di valori positivi, fondati su confronto e tolleranza. Allo stesso tempo, la violenza non è mai ammissibile. Bisogna impedire che la passione ideale si trasformi in incapacità di ascolto, ma è giusto che, proprio in un’università pluralista, le nostre studentesse e i nostri studenti abbiano la possibilità di esprimere le loro idee».
I punti di forza della città?
«Milano ospita le più importanti rassegne internazionali ed è anche una città creativa, che sperimenta trend e tendenze. Con l’eccellenza delle sue otto università e delle sue imprese è il traino dell’economia italiana. Mi piacerebbe rafforzasse la sua riconoscibilità nella ricerca e nell’innovazione. Milano è una città “aperta” al dialogo e al cambiamento, un melting pot sociale e culturale che è una delle ragioni per cui studenti e ricercatori la scelgono».
E quali i punti fragili?
«La crescita rapida ha accentuato il rischio di dispersione sociale, dovuta a una distanza, sempre più critica, fra centro e periferie. Nella comunità studentesca questa distanza impatta, specie tra i pendolari, che fruiscono in modo differente della vita universitaria, sacrificando tempi e spazi, e spesso tralasciando la parte sociale del percorso accademico. Perciò dobbiamo lavorare su diritto allo studio e residenzialità».
La vocazione di Milano?
«La coesione di stampo ambrosiano. La somma di protagonismi positivi per il bene comune: la storica alleanza pubblico-privato che ha reso grande la comunità milanese ed è all’origine di questa stessa università».
Il suo sogno per la città?
«Sogno una Milano più accessibile, capace di aprirsi di più alla contaminazione sociale, di tornare a far crescere il ceto medio in sofferenza. L’Università Statale è nata cento anni fa grazie a Mangiagalli, sindaco lungimirante, che sognava un ateneo che formasse i milanesi e la classe dirigente del Paese, consapevole di quanto un territorio potesse svilupparsi solo attraverso la conoscenza. Da ottobre potrò dare un contributo affinché quanti più studenti possano perseguire la propria ispirazione. E, magari, un giorno tornare a restituire quei sogni alla nostra città».
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